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«Priorità alla riforma contratti»

dal nostro inviato Paolo Bricco

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27 MAGGIO 2008

La riforma dei contratti, prima di tutto. Emma Marcegaglia, ieri, lo ha ribadito con convinzione di fronte agli imprenditori di Varese e di Brescia, gli uomini che fanno funzionare due delle principali "officine" dell'Italia manifatturiera.

È un momento favorevole per cambiare il Paese:«C'è un governo sostenuto da una maggioranza coesa e in Parlamento non ci sono partiti anti impresa»,ha detto al mattino agli imprenditori di Varese, radunati al centro espositivo Malpensafiere per l'assemblea dell'Unione degli industriali. In questo contesto, anche le relazioni industriali vanno modernizzate. «Dobbiamo mutare gli assetti contrattuali – ha scandito – . Abbiamo un mondo del lavoro che è agli ultimi posti per flessibilità e produttività. La nostra produttività è calata, a fronte dei rialzi di Spagna e Germania. Ma non è certo perché i nostri lavoratori siano meno bravi di quelli degli altri». E qui, in un tessuto produttivo formato da una piccola e da una media impresa in cui il rapporto fra l'imprenditore e i lavoratori è strettissimo, il richiamo al valore di questi ultimi è accolto da gesti di assenso da chi è in sala.

«Occorre coniugare salari e produttività ha detto Marcegaglia. E per farlo proponiamo di allegge-rire il contratto nazionale, limitandolo alle regole di base e a parte della retribuzione. Non di eliminarlo, ma di alleggerirlo sì, incrementando la componente aziendale. Anche perché il Paese è fatto di molte realtà diverse. E i settori sono differenti ». La riforma dei contratti, dunque, è l'obiettivo primario. «Da domani aggiunge la presidente siamo disposti a sederci a un tavolo con i sindacati. Su questa linea, c'è la nostra disponibilità a chiudere in tempi rapidi. In pochi mesi. Entro settembre». Anche se la presidente, su un punto, è netta: «Non possiamo accettare condizioni che ricordino la scala mobile e che ci portino fuori dall'Europa». Un riferimento alla proposta, formulata sabato scorso in una intervista al Corriere della Sera dal segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, di una indicizzazione dei salari. Dunque, tempi rapidi sì, ma non a ogni costo. Ieri pomeriggio la presidente, all'assemblea dell'Associazione industriale bresciana, ha poi specificato che la trattativa con i sindacati sarà «seria, rigida, forte e dura »e verrà chiusa«solo se ci saranno le condizioni» per andare verso un aumento dei salari legato a una crescita della produttività. «Non accetteremo veti e posizioni ideologiche da parte di sindacati che non rappresentano i lavoratori veri », ha continuato Marcegaglia, aggiungendo di essere ottimista pur riconoscendo «la grande difficoltà della trattativa».

Marcegaglia ha quindi ricordato che «il recente decreto del governo sulla detassazione degli straordinari è molto importante per i lavoratori e per le aziende». Un governo appena insediatosi di cui Marcegaglia ha apprezzato l'azione nell'emergenza dei rifiuti in Campania: «Servono dialogo e fermezza. Lo Stato ha fatto bene a riprendere in mano la situazione». Più in generale, riferendosi al problema del nostro Stato, la presidente, dopo essersi detta favorevole a un federalismo efficiente e non moltiplicatore dei costi, ha annunciato, a giorni, una serie di proposte per sburocratizzare la macchina amministrativa.

Tornando alle relazioni industriali, ieri la presidente ha preso posizione sulla condivisione dei diritti di proprietà con i lavoratori. Una questione sollevata l'altro giorno dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. La proposta di trasformare i lavoratori in azionisti «non è una priorità» e soprattutto «è un tema delicato da affrontare con volontarietà e accordo tra le parti, senza ingerenze della politica ». Lo stesso vale per la partecipazione alla governance delle imprese. «Facciamo attenzione alla partecipazione dei sindacati nei cda e nei collegi sindacali. Non sempre abbiamo sindacati particolarmente attenti alla logica d'impresa». Per questa ragione Marcegaglia si è detta «tiepida»: «Adesso la trattativa è sul modello contrattuale. Lasciamo il resto da parte. Tra 40 anni, con una fiscalità diversa, potremmo avere anche i sindacati in cda». Sacconi, che era con lei a Brescia, ha spiegato che la sua proposta vuole creare le condizioni per un salto culturale: «Passare da una tradizione di approccio purtroppo conflittuale a un approccio cooperativo partecipativo ».

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