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Berlusconi: il Lodo Alfano è necessario

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30 Settembre 2008

Un uno-due che infiamma il clima. Domenica la «minaccia» di una «riflessione su tutto il sistema giudiziario, se il Lodo Alfano non dovesse passare il vaglio della Corte costituzionale»; ieri l'affondo, con l'anticipazione di alcuni stralci dell'ultimo libro di Bruno Vespa: la sospensione dei processi a carico delle alte cariche dello Stato «era necessaria in un sistema giudiziario come il nostro, in cui operano alcuni magistrati che invece di limitarsi ad applicare la legge, attribuiscono a se stessi e al loro ruolo un preteso compito etico».
Nel mirino di Silvio Berlusconi c'è sempre e ancora lei, Nicoletta Gandus, la presidente del Tribunale di Milano che sta processando il premier e l'avvocato inglese David Mills per corruzione giudiziaria e che sabato prossimo deciderà se spedire il Lodo Alfano alla Consulta - come hanno fatto i colleghi del processo Mediaset - e se sospendere il processo solo per il Cavaliere e non anche per Mills. Una decisione che agita i sonni di Berlusconi, perché un'eventuale condanna del suo «coimputato» sarebbe letta inevitabilmente anche come una sua condanna. Perciò il premier continua ad attaccare la Gandus, «un'attivista militante della sinistra estrema», «un mio avversario dichiarato», dice, che avrebbe «intenzionalmente ignorato» le prove a suo discarico. Luca Palamara, presidente dell'Anm, non se ne sta zitto come il segretario Giuseppe Cascini («Non commento quello che dice un imputato del suo processo») e reagisce: «È fondamentale che la Corte costituzionale si pronunci sul Lodo in un clima sereno» ma né le parole del premier né quelle del ministro della Giustizia Angelino Alfano al Congresso dei penalisti di Parma, venerdì scorso, «contribuiscono a rasserenare il clima». Si cerca il dialogo, ma «se lo spirito della riforma è quello dell'intervento di Alfano e i toni quelli di Berlusconi - osserva Palamara - diventa difficile trovare momenti di confronto».
Alle proteste dei magistrati si aggiungono quelle dell'opposizione, che definiscono una «minaccia grave e indecente» le parole del premier. «Il premier dimostra una visione primitiva della democrazia», dice Anna Finocchiaro da Frascati, a margine di un seminario sulla giustizia a porte chiuse organizzato dai senatori del partito. Il Pd non vuole passare per una forza politica che punta a mantenere lo status quo; vuole le riforme, spiega la capogruppo a Palazzo Madama, ma quelle che restituiscano efficienza e velocità alla giustizia. Le riforme costituzionali proposte dal Governo - due Csm, carriere di Pm e giudici separate, polizia giudiziaria sganciata dal Pm, obbligatorietà dell'azione penale indirizzata dal Governo - per molti sono inaccettabili (Gerardo D'Ambrosio) per altri (Enzo Bianco) non devono rappresentare dei «tabù»; non tutte almeno. Felice Casson, però, non ha dubbi che l'obiettivo del premier sia quello di «sottoporre il Pm al potere politico». Alla fine passa una linea di compromesso sulla strategia da seguire, che sarà confezionata in un pacchetto di proposte: più risorse per la giustizia e apertura a una riforma «temperata» dell'obbligatorietà dell'azione penale, in cui il Parlamento venga anteposto all'Esecutivo nella scelta delle priorità da seguire. Quanto al referendum contro il Lodo Alfano, che l'Idv chiede a Veltroni di firmare, il Pd non fa passi avanti. «È ragionevole attendere la Consulta prima di lanciare referendum o altro», frena Massimo D'Alema.
Il Pdl fa quadrato attorno al premier, difende la legittimità del Lodo Alfano, accusa l'Anm di non aver mai voluto dialogo, di ribellarsi a qualsiasi proposta del Governo nonché alle regole che la pongono al servizio del cittadino. Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl, bolla il «no comment» di Cascini come «una manifestazione gravissima di disprezzo verso cariche istituzionali». E non ha dubbi: «In questo quadro, è ancora più importante che Governo e Parlamento approvino un'organica riforma della giustizia».
(di D. St.)

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