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Mike, lo ricorda l'autore della "Ruota della fortuna"

di Davide Tortorella

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9 settembre 2009

Mi sento come se avessi perso uno zio eccentrico e amato. Lavoro in televisione dal 1976, ma ho conosciuto Mike Bongiorno e cominciato a lavorare con lui solo nel '97, all'improvviso e quasi per caso. L'autore della "Ruota della fortuna", Alvise Borghi, aveva deciso di lasciare il programma. Ricevetti una telefonata in cui mi si offriva di sostituirlo. "E' il sogno della mia vita" sentii me stesso rispondere, e accorgendomi in quell'istante che non era solo una battuta. Di fatto, oltre a essere un fan della "Ruota", nutrivo fin dall'infanzia una riposta venerazione per Mike e per quello che ritengo ancora il gioco più bello mai fatto in tivù e che proprio lui (riservandomi l'onore di diventarne il nuovo "Signor No") avrebbe dovuto riprendere il 4 novembre prossimo a distanza di 35 anni: "Rischiatutto".

Nel '97 Bongiorno non era stato ancora rivalorizzato dalla sagacia di Fazio e Fiorello, e incarnava suo malgrado vizi e virtù di una televisione che cominciava a essere considerata superata, e che in capo a tre anni, con il boom del "Grande Fratello" e l'inflazione dei reality, lo sarebbe diventata davvero: superata, ma subito rimpianta per un'eleganza e una misura perdute. Una logica di palinsesto non troppo accorta e certo poco riconoscente aveva già sloggiato Mike dalla ribalta di Canale 5 alla meno prestigiosa Rete4, e lui aveva incassato senza batter ciglio, seguitando a svolgere il suo lavoro nel modo ineccepibile che sappiamo, e con ascolti che superavano abbondantemente la media di rete. Ho lavorato con lui ininterrottamente dal '97 al 2006, facendo oltre alla "Ruota" anche "Momenti di gloria", "Bravo Bravissimo", "Genius" e "Il Migliore".

Era un uomo non facile da capire e da raccontare. Con buona pace di Umberto Eco, direi che fosse tutto tranne che mediocre. Certamente complesso: loquace ma impenetrabile, candido ma ironico, ingenuo ma smaliziato. Paradossalmente per un divo della tivù, era poco narcisista, e non malato di protagonismo. Se continuava a lavorare era molto più per la frenesia di sentirsi vivo che per la gratificazione di sentirsi celebre (cosa che era comunque definitivamente, e a prescindere): credo si sentisse più realizzato quando poteva sciare sul suo amato Cervino che non davanti alle telecamere. Umanamente ti riservava un affetto colmo di riserbo, che traspariva nel suo voler sempre con sé tutti i suoi collaboratori, e nell'essere sempre curioso delle loro vicende ricordandole perfettamente anche a distanza di anni. A proposito delle sue famose gaffes, mi è stato chiesto mille volte se fossero calcolate o involontarie. Dopo tutti questi anni, ancora non saprei dirlo: in questa elusività, beffarda e quasi pirandelliana, sta forse il segreto più profondo del suo successo. Mi mancherà, ci mancherà.

Davide Tortorella è stato dal '97 autore di vari programmi con Mike Bongiorno, stava preparando il nuovo quiz di Sky

9 settembre 2009
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