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Corruzione, processi in stallo
Report del Consiglio d'Europa

di Samanta Agrò

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16 ottobre 2009

STRASBURGO - Un allarmante numero di processi per corruzione che si chiudono per decorrenza dei termini nonostante vi siano prove schiaccianti contro gli imputati. Pubblici amministratori che rimangono al loro posto nonostante siano corrotti per mancanza di adeguate sanzioni disciplinari. Totale assenza di misure per contrastare e punire la corruzione di parlamentari e membri del governo, se non il difficile ricorso a un processo penale. E' il quadro desolante della giustizia e della corruzione in Italia, che emerge dal primo rapporto sul nostro paese diffuso oggi da Greco, organismo del Consiglio d'Europa che tiene monitorato il livello di corruzione. L'Italia è entrata nel gruppo di stati che fanno parte di Greco nel 2007.

Critiche al lodo Alfano, promosse le associazioni che combattono il pizzo

Nel rapporto, in cui si critica duramente anche il Lodo Alfano, le uniche parole positive sono rivolte alla magistratura, che "dimostra un chiaro impegno nel gestire con efficacia i processi per corruzione" e alla Confindustria e alle Camere di Commercio per le iniziative, come quella di minacciare l'espulsione dei membri che pagano il pizzo, intraprese per contrastare il fenomeno. Ma l'impegno degli uni e degli altri non è sufficiente a combattere la corruzione, che secondo numerosi studi condotti negli anni, nel nostro paese è diffusa e sistematica. I motivi fondamentalmente sono due: repressione spesso inefficace e insufficienti misure di prevenzione.

Le tattiche dilatorie per mandare i processi in prescrizione

Da un lato l'Italia ha delle leggi che permettono "a chi abbia un abile avvocato di utilizzare tattiche per ritardare il processo fino a che non scatta la decorrenza dei termini". Questo non solo fa sì che molti, anche in caso di prove inconfutabili a loro carico, sfuggano alle maglie della giustizia, rendendo misure come la confisca dei beni solo teoriche, perché per renderle effettive occorre una condanna. Ma porta anche molti giudici, che per ovviare al problema della decorrenza dei termini si concentrano sui casi di corruzione più gravi e di alto profilo, a "lasciar morire" i casi di corruzione di entità minore. Questo nel rapporto viene descritto come "un prezzo forse troppo alto da pagare" visto che sono proprio questi casi minori ad avere un effetto maggiore sulla vita dei cittadini, e la non azione porta le persone a ritenere la corruzione un fatto inevitabile. Greco arriva alla conclusione che "mentre le leggi penali in vigore e il duro lavoro dei magistrati per applicarle possono aver avuto un effetto decisivo agli inizi degli anni '90, sembrerebbe che attualmente occorrano soluzioni a lungo termine più elaborate, inclusa l'introduzione di meccanismi anti corruzione di tipo preventivo". Secondo Greco infatti le misure sinora introdotte sul fronte della prevenzione "sono timide".

22 raccomandazioni per sanare la situazione

Il rapporto del Consiglio d'Europa rivolge all'Italia 22 raccomandazioni per sanare la situazione e mettere il Paese in linea con gli standard stabiliti dall'organismo. Tra un anno e mezzo il governo dovrà rendere conto di come ha dato seguito a ciascuna raccomandazione e allora secondo Drago Kos, presidente di Greco, si potrà veramente valutare la volontà di combattere la corruzione del governo italiano.

16 ottobre 2009
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