Caro Claudio,
nella lettera che mi hai indirizzato dici: "Qualcuno (non ricordo chi), non molto tempo fa ha osservato che da anni, nella sinistra italiana, di fronte a insuccessi e incapacità non si cambiano i dirigenti ma i partiti, e i dirigenti restano più o meno gli stessi". Quel "qualcuno" sono io e quel passo si trova nel libro "Al capolinea" che scrissi nel momento in cui nasceva il Pd. Debbo dirti, non ti stupire, che in parte sono d'accordo con te: il Pd non è finito "sta lì come un grande territorio picchettato e nominato". È il territorio che nelle democrazie, bene o male, occupano le opposizioni che hanno una consistenza. Tuttavia noto che il partito di Di Pietro c'è, e ha consensi anche all'interno del Pd; l'Udc di Casini c'è, con i due forni accesi.
E il Pd perde pezzi e pezzetti, da Rutelli alla Binetti, dimostrando che l'amalgama non è riuscito.
Il bipolarismo regge ma il bipartitismo è un miraggio: la Lega condiziona sempre più Berlusconi e il Pd cerca soci, alla sua destra e alla sua sinistra. È vero, caro Claudio, il "territorio" c'è, ed è quello che dovrebbe e potrebbe occupare una forza alternativa alla destra: è la legge fisica dell'alternativa. Il punto è un altro: il Pd così com'è - lo dici anche tu - non è in grado di essere alternativo alla destra. Chiamparino fa sapere che occorre un nuovo Ulivo, con l'Udc di Casini. D'Alema pensava a un'alleanza tra il Pd e l'Udc, centrista e più forte. Morando ritiene ancora valida la ricetta veltroniana del Pd a vocazione maggioritaria scambiando i desideri con la realtà. Potremmo continuare ad elencare: tutti però stanno nel territorio che tu hai picchettato.
Io penso che bisogna lavorare affinché in quel territorio la crisi del Pd che c'è – e riguarda soprattutto il gruppo dirigente che c'era con Natta e poi con Occhetto e successivamente con D'Alema, Veltroni, Fassino e ancora Veltroni - non sia rovinosa. Lavoriamo per una crisi virtuosa. Tuttavia, le persone elencate non sono da pensionare ma da ridimensionare. E questo può avvenire non con le primarie fasulle, ma con un grande dibattito da aprire dopo le elezioni e un rimescolamento di carte. Un dibattito che coinvolga tutte le forze che ritengono ancora possibile e utile per il Paese che in Italia ci sia una grande sinistra e una coalizione di centrosinistra. Senza equivoci e con chiarezza.
Cari saluti
Il Pd e il bipolarismo
Se il gatto socialdemocratico prende il topo