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Bersani: la class action va rivista ma in linea Ue

di Isabella Bufacchi

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17 novembre 2007
SCHEDA
Le cause collettive
INTERVENTO
Un «mostro giuridico» da riscrivere integralmente
di Guido Alpa (Presidente Consiglio nazionale forense)
UNIVERSO CONSUMATORI
Sedici sigle che non trovano l'intesa

L'Italia ha fatto «un passo avanti» con la class action, a difesa «della parte più debole del mercato, il cittadino consumatore- utente». E indietro non si torna. È un passo che va nella stessa direzione dell'Europa dove «una dozzina di Paesi, compresa la Bulgaria, hanno introdotto le azioni risarcitorie collettive o sono in via di elaborazione » e dove ha preso l'iniziativa la stessa Commissione. Nessuna retromarcia, dunque: il prossimo passo in avanti sarà il perfezionamento della norma varata dal Senato anche attraverso un regolamento governativo. Saranno inseriti filtri per «evitare pratiche distorsive» e sarà meglio definito il diritto alla legittimazione ad agire.
È questa la posizione del Governo - irremovibile sulla class action in Finanziaria ma disponibile ai miglioramenti della norma- riaffermata ieri dal ministro dello Sviluppo Economico Pier Luigi Bersani, per il quale il consumatore «non può essere lasciato solo davanti a un torto». È però proprio sul come modificare in maniera sostanziale il testo dell'emendamento ManzioneBordon, licenziato dal Senato per un solo voto, che la Camera intende dire la sua: proprio perchè in commissione Giustizia a Montecitorio si sta già discutendo un testo base, per il presidente Pino Pisicchio l'emendamentoManzione dovrebbe essere sostituito del tutto o addirittura stralciato. Un intervento a gamba tesa alla Camera sul testo Manzione Bordon però potrebbe trasformarsi in uno sgambetto pericoloso per l'Esecutivo, che già mantiene a fatica l'equilibrio dei voti al Senato. Dini, per esempio, la class action non l'ha votata.
Sulla necessità di modificaree perfezionare l'attuale norma sull'azione collettiva sono tutti d'accordo: sul come, invece, la partita è aperta. «La Finanziaria non è lo strumento più idoneo per una riforma così importante - ha detto ieri al Sole24Ore Pino Pisicchio - . Inoltre il testo varato dal Senato è imperfetto e largamente incoerente con il lavoro svolto in commissione Giustizia alla Camera. Proprio perchè siamo in un sistema bicamerale e non monocamerale, il cammino della class action non potrà non tener conto dell'esame approfondito fatto nella nostra commissione, con numerose audizioni, e del nostro testo base». Pisicchio ha fatto sapere di avviare in tempi stretti una consultazione con i capogruppi della maggioranza e dell'opposizione in commissione Giustizia per valutare «il da farsi». Due le strade percorribili: stralciare l'articolo 53-bis dalla Finanziaria oppure modificare in larga misura l'emendamento Manzione-Bordon sulla class action e riaffermare l'impostazione del testo base, che altro non è poi che il ddl Bersani con qualche aggiunta.
Sulle modifiche di perfezionamento alla norma sull'azione collettiva c'è una netta convergenza tra le proposte elaborate da Governo e Camera. I soggetti legittimati ad agire e l'assenza di un adeguato filtro per evitare le azioni infondate, temerarie, ricattatorie e inutili sono i due punti più deboli. Persino il Senato, con il disco verde del relatore Giovanni Legnini (Ulivo) ha tentato di ritoccare in corsa l'emendamento Manzione-Bordon a questo riguardo: consentendo alle commissioni parlamentari competenti di partecipare con i voti della maggioranza e dell'opposizione nel processo di individuazione dei soggetti abilitati a rappresentare le classi.
In attesa di interventi più o meno pesanti di modifica, tramite lo strumento leggero del regolamento governativo oppure con l'intervento pesante della Camera, ieri è continuata la gara a chi propone più cambiamenti: Stefano Pedica, capo segreteria dell'Italia dei valori,ha minacciato di non votare una class action spuntata, senza «l'automatico risarcimento dei danni alle vittime e l'estensione a ogni tipo di reato, non solo gli illeciti di natura contrattuale».

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