L'Italia ha fatto «un passo avanti» con la class action, a difesa «della parte più debole del mercato, il cittadino consumatore- utente». E indietro non si torna. È un passo che va nella stessa direzione dell'Europa dove «una dozzina di Paesi, compresa la Bulgaria, hanno introdotto le azioni risarcitorie collettive o sono in via di elaborazione » e dove ha preso l'iniziativa la stessa Commissione. Nessuna retromarcia, dunque: il prossimo passo in avanti sarà il perfezionamento della norma varata dal Senato anche attraverso un regolamento governativo. Saranno inseriti filtri per «evitare pratiche distorsive» e sarà meglio definito il diritto alla legittimazione ad agire.
È questa la posizione del Governo - irremovibile sulla class action in Finanziaria ma disponibile ai miglioramenti della norma- riaffermata ieri dal ministro dello Sviluppo Economico Pier Luigi Bersani, per il quale il consumatore «non può essere lasciato solo davanti a un torto». È però proprio sul come modificare in maniera sostanziale il testo dell'emendamento ManzioneBordon, licenziato dal Senato per un solo voto, che la Camera intende dire la sua: proprio perchè in commissione Giustizia a Montecitorio si sta già discutendo un testo base, per il presidente Pino Pisicchio l'emendamentoManzione dovrebbe essere sostituito del tutto o addirittura stralciato. Un intervento a gamba tesa alla Camera sul testo Manzione Bordon però potrebbe trasformarsi in uno sgambetto pericoloso per l'Esecutivo, che già mantiene a fatica l'equilibrio dei voti al Senato. Dini, per esempio, la class action non l'ha votata.
Sulla necessità di modificaree perfezionare l'attuale norma sull'azione collettiva sono tutti d'accordo: sul come, invece, la partita è aperta. «La Finanziaria non è lo strumento più idoneo per una riforma così importante - ha detto ieri al Sole24Ore Pino Pisicchio - . Inoltre il testo varato dal Senato è imperfetto e largamente incoerente con il lavoro svolto in commissione Giustizia alla Camera. Proprio perchè siamo in un sistema bicamerale e non monocamerale, il cammino della class action non potrà non tener conto dell'esame approfondito fatto nella nostra commissione, con numerose audizioni, e del nostro testo base». Pisicchio ha fatto sapere di avviare in tempi stretti una consultazione con i capogruppi della maggioranza e dell'opposizione in commissione Giustizia per valutare «il da farsi». Due le strade percorribili: stralciare l'articolo 53-bis dalla Finanziaria oppure modificare in larga misura l'emendamento Manzione-Bordon sulla class action e riaffermare l'impostazione del testo base, che altro non è poi che il ddl Bersani con qualche aggiunta.
Sulle modifiche di perfezionamento alla norma sull'azione collettiva c'è una netta convergenza tra le proposte elaborate da Governo e Camera. I soggetti legittimati ad agire e l'assenza di un adeguato filtro per evitare le azioni infondate, temerarie, ricattatorie e inutili sono i due punti più deboli. Persino il Senato, con il disco verde del relatore Giovanni Legnini (Ulivo) ha tentato di ritoccare in corsa l'emendamento Manzione-Bordon a questo riguardo: consentendo alle commissioni parlamentari competenti di partecipare con i voti della maggioranza e dell'opposizione nel processo di individuazione dei soggetti abilitati a rappresentare le classi.
In attesa di interventi più o meno pesanti di modifica, tramite lo strumento leggero del regolamento governativo oppure con l'intervento pesante della Camera, ieri è continuata la gara a chi propone più cambiamenti: Stefano Pedica, capo segreteria dell'Italia dei valori,ha minacciato di non votare una class action spuntata, senza «l'automatico risarcimento dei danni alle vittime e l'estensione a ogni tipo di reato, non solo gli illeciti di natura contrattuale».