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Musica, tutelato chi scarica

di Gabriele Mastellarini

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18 Aprile 2008
Il diritto d'autore, tra copia privata e DRM
Mp3, dieci anni di musica compressa

La tutela della privacy è un valore fondamentale, prevalente sugli altri, compreso il diritto d'autore. I dati personali possono essere trattati senza consenso degli altri solo per «azioni giudiziarie penali». A sostenerlo è il tribunale di Roma, sezione specializzata per la proprietà industriale e intellettuale, in un'ordinanza depositata il 17 marzo scorso. Decisione che conferma un punto fermo in materia di riservatezza e potrebbe chiudere il "caso Peppermint", sul quale si discute da tempo. Da quando cioè lo stesso Tribunale romano decise che Wind e Telecom dovevano fornire alla casa discografica tedesca Peppermint Jam Records tutti i dati degli abbonati che avevano scaricato software.
Si è aperta così una delle vicende più controverse nella storia di Internet, equiparabile al caso Napster. A quei 3.300 "pirati" dell'informatica arrivò una lettera di uno studio legale con la quale la Peppermint rinunciava ad ogni azione civile e penale, dietro il pagamento di 330 euro, mentre altre richieste di accesso ai dati pervenivano al tribunale di Roma che in certi casi le ha accolte e in altri le ha respinte, per non violare la privacy degli utenti.
In questo anno e mezzo di cause, tutto si è spostato sui due valori in campo: da una parte la riservatezza dei cittadini (tutelata in Italia dal Codice per i dati personali, il decreto legislativo n. 196 del 2003) e dall'altra il rispetto del diritto d'autore (disciplinato dalla legge 633 del 1941, articoli 156 e seguenti).
Il tribunale di Roma, adesso, ha fatto una precisa e motivata scelta di campo, sottolineando che «l'esecuzione dell'ordine di discovery (la rivelazione delle generalità, ndr) si risolverebbe in una comunicazione dei dati personali dei consumatori che operano sulla rete in presunzione di anonimato e senza alcun consenso dei medesimi. La misura – si legge ancora – violerebbe il diritto alla riservatezza».
Respinta la domanda di Peppermint e della polacca Techland (casa di computer games, sviluppatrice del gioco «Call of Juarez»), che avevano agito contro Tiscali. Gli abbonati del provider italiano potranno continuare a trincerarsi dietro al loro "nickname", a scaricare e a condividere software e musica con il sistema p2p (peer-to-peer), senza che nessuno sappia il loro nome e cognome, dove si trovano e, soprattutto, evitando richieste di denaro o minacce di querela.
L'ordinanza di Roma va ben oltre i clienti di Tiscali. Infatti, il giudice ha fornito precise motivazioni, accogliendo i rilievi presentati dal Garante per la privacy, tornato sul caso Peppermint proprio con un provvedimento del 28 febbraio scorso, pubblicato il 14 marzo (tre giorni prima dell'ordinanza), nel quale confermava l'impossibilità di "spiare" gli utenti che si scambiano file. Il tribunale romano ha passato in rassegna le direttive comunitarie, la Carta di Nizza dei diritti fondamentali dell'Ue, la recente sentenza (29 gennaio) della Corte di Giustizia Ue e le decisioni n. 372/2006, 348 e 349/2007 della Corte costituzionale. Poi ha concluso: «la prevalenza del diritto di privacy dei consumatori sul diritto proprietario (d'autore) non costituisce sottrazione di ogni tutela a fronte del fenomeno del downloading»..
Il codice della privacy ha manifestato la volontà del legislatore italiano di «limitare le deroghe alle norme protettive della riservatezza (solo) al caso di illeciti penali, senza estenderle al caso di illeciti civili. Una scelta compatibile con il diritto comunitario». E tra il diritto alla riservatezza e quello d'autore, l'Italia ha ritenuto prevalente il primo sul secondo.

LA SCELTA
Sentenze in conflitto
Il tribunale di Roma si era pronunciato in maniera contraddittoria sull'obbligo per i provider di rivelare i nomi dei propri clienti a società titolari del diritto allo sfruttamento economico di opere dell'ingegno: in alcuni casi i provider erano stati obbligati a rivelare i dati degli utenti, in altri aveva prevalso la tutela della privacy
L'orientamento
Adesso la pronuncia più recente dei giudici romani, in linea con quanto affermato dal Garante della privacy, nega qualsiasi obbligo per i gestori e sostiene che la prevalenza del diritto alla riservatezza su quello d'autore, almeno nel settore della giustizia civile, non lascia comunque le aziende disarmate di fronte a fenomeni di downloading

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