Il Milan dell'amore e la guerra dei calendari

di Carlo Genta

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18 gennaio 2010

Chi sale e chi scende nel weekend di sport


Chi sale
Peace & Love – Ormai i dopopartita del Milan sono così dolci da rischiare la carie. Ronaldinho mette in fila tre gol e poi dice che finalmente si sente amato. A Leonardo manca solo la camicia a fiori e la chitarra a tracolla. Galliani sorride bonario come un vecchio guru. Riusciranno anche a mettere fiori nei cannoni dell'Inter? Certo che il derby è davvero l'incrocio più hot del campionato: se il Milan vincesse, sarebbe aggancio virtuale con il recupero con la Fiorentina abilmente piazzato a fine febbraio come una spada sulla testa di Mourinho. Ci limitiamo a un paio di considerazioni. Nell'era Ancelotti, quando ai giocatori facevano una testa così sull'essenzialità esclusiva della Champions, le partite come quelle con il Siena di turno erano una specie di calvario. Ora pronti via, rigore sacrosanto e portiere avversario espulso: si srotolano tappeti di velluto sui quali gente glamour come Dinho e Beckham domina incontrastata. Chiamatele, se volete anche botte di fortuna. Poi, accecati dai lampi brasiliani si nota appena come ci siano solo due giocatori capaci di far accendere le sirene dell'allarme: Nesta e Borriello. Come il primo fa una smorfia, si alza dalla panchina Favalli. Il secondo pareva destinato a una domenica finalmente coi piedi nel ghiaccio, complice qualche piccolo dolore: l'hanno recuperato in fretta e furia e spedito in campo per 78'. E lui ha segnato, per inciso, il gol più pazzesco della domenica. Toni timbra la sua prima doppietta romana e con la maglia giallorossa ancora addosso subito reclama quella azzurra. Saremmo dell'idea di guardare avanti più che alle spalle. E davanti vediamo Borriello, Balotelli, al limite Pazzini, certamente Gilardino. Lo diciamo sottovoce, poi faccia pure Lippi.

Orgoglio basco – Dal settembre 2004 l'Athletic Bilbao non riusciva a strappare lo straccio di un punto alla squadra più odiata: il Real Madrid. Sabato sera glie ne ha sfilati addirittura 3, peraltro pesantissimi, perché sono quelli che hanno staccato i Galattici dal Barcellona, laureando Guardiola campione d'inverno con una giornata di anticipo. I fortunati o gli intenditori che sono passati televisivamente per la Catedral di Bilbao hanno visto una partita che non è di questi tempi plastificati, una partita anacronistica. I baschi che partono con il sangue agli occhi, in tre minuti prendono due pali e segnano con Llorente. Poi pura battaglia agonistica, dura il giusto, perfino corretta nella sua ruvidezza estrema. Cristiano Ronaldo che litiga con la torcida del San Mames, il Real che preme per tutta la ripresa senza riuscire a sbriciolare il muro. Gorka, portiere dell'Athletic che para tutto. Il tutto in una cornice meravigliosa di gioia selvaggia, senza veder volare sul campo nemmeno una cicca. Per una notte ci siamo sentiti un po' baschi. Per una notte il calcio è tornato ad essere bellissimo.

Il Mago – Quattro italiani (sì, perché anche Michelino D'Antoni è uno di noi…) che riempiono all'inverosimile il Madison Square Garden, uno speaker italiano (l'amico e collega Simone Sandri) che presenta i Knicks, scavalcando l'imbarazzo dopo che la voce ufficiale del Garden aveva introdotto Bargnani come spagnolo… Passi persino per la tarantella, che orrendamente scandiva alcuni attacchi di New York e peccato davvero soltanto per l'influenza vigliacca che ha legato alla panchina Marco Belinelli. Sembrava di essere tornati al 1967 e all'Italia d'America che aveva accompagnato sul ring Nino Benvenuti contro il campionissimo Griffith, addobbando a festa il tempio della Grande Mela. New York Knicks – Toronto Raptors è stata così, qualcosa che ci ha riempito il petto di orgoglio, non tanto per spirito nazionalistico, quanto per tutto l'amore che ci resta per lo sport dei cestini. Una notte fantastica, come fantastico è stato il primo quarto del Mago di Roma, Andrea Bargnani: continuano a dirgli che vive il basket con l'emozione di una mucca al pascolo e lui nei primi 12 minuti infila quattro canestri da tre punti, uno schiaccione e un grappolo di rimbalzi, indirizzando la partita. Cosa che non riesce a Danilo Gallinari, che parte pallido come un cencio e finisce con 26 punti che però non bastano per scalare una montagna diventata impossibile: per avere 21 anni e mezzo può bastare, cosa dite? Nel dopopartita D'Antoni che dice: «Bello, sembrava di essere al PalaLido». Sono le prime luci di sabato mattina, ma addormentandoci riusciamo perfino a non pensare che noi abbiamo un non-campionato già finito prima di cominciare e con una squadra fallita che manda in campo i ragazzini. Che dopo dieci anni abbiamo appena timbrato il record negativo di una sola squadra ancora in vita in Eurolega a metà gennaio. Che la nostra nazionale può solo risalire dal terzo mondo cestistico in cui è finita.

Chi scende
Ciro sì, Ciro no – Ormai ogni tre giorni c'è il borsino di Ferrara: ora, dopo la settima sconfitta in venti partite di campionato, le azioni del debuttante allenatore juventino sono in caduta libera. Ma lui si incatena alla panchina e il club con Roberto Bettega fa un catenaccio anni Settanta, sparando in tribuna ogni palla velenosa. La Juventus, nessun tiro verso la porta del Chievo, va avanti così, verso dove non si sa, dato che la partita con la Roma di sabato sera potrebbe spedirla verso la metà della classifica. C'è addirittura chi pensa che non ci si possa permettere un altro allenatore, troppi soldi. Se così fosse, dopo i 25 milioni spesi per Felipe Melo, ci sarebbe da morir dal ridere. Dice Buffon: «Non abbiamo lo straccio di un gioco, non costruiamo niente». Sbagliamo noi per troppa malizia o questo è un pugno da ko anche per Rocky, diretto al mento, che arriva da uno spogliatoio che solidissimo non pare?

Calendari à la carte – Così li ha definiti qualcuno, prendendoci in pieno. Pensavamo fosse ormai possibile solo a livello di torneo parrocchiale: hai i ragazzi con l'influenza, con l'interrogazione il giorno dopo o con l'obbligo dei turni al lavoro, vai dall'omino dei calendari e ti fai spostare la partita. Non che fosse possibile nello sport iperprofessionistico del 2010, dove – ci continuano a dire – le televisioni e solo quelle fanno il bello e il cattivo tempo. Sarà. Assemblea di Lega di venerdì 15 gennaio. Galliani chiede di modificare i calendari della settimana successiva che è anche quella che porta al derby. Vorrebbe la settimana libera, senza impicci di Coppa Italia. La domanda in sede di assemblea passa in cavalleria. L'Adriano allora subito dopo sale le scale, per scenderne un po' dopo con il nuovo calendario in mano. Che è quello che conoscete, con la partita di Firenze che scivola dal 27 gennaio a mercoledì 24 febbraio e le due partite di Coppa Italia di San Siro (Milan-Udinese e Inter-Juventus) a meno di 24 ore di distanza, da giocare peraltro su un prato che già in questo periodo non ce la fa più di suo. C'è chi dice che in realtà l'obiettivo del Milan era quello di evitare di concentrare in tre giorni, tra la domenica sera del derby e il mercoledì che doveva essere quello del recupero coi viola, tutto il suo destino. C'è chi dice che più dell'Inter, che già ha fatto volare gli stracci, l'unica che potrebbe alzare la voce è Sky che si trova un danno non da poco: Fiorentina-Milan non è più un succoso prime time il mercoledì alle 20.45, ma un fastidio che cade il giorno di Inter-Chelsea e per regolamento dovrà essere giocata nel tardo pomeriggio, prima della partita di Champions. C'è chi dice che su storie di calendario, Galliani riuscisse a far imbestialire ai tempi perfino Luciano Moggi.

Calendari bis – Gran casino sta facendo lo spezzatino televisivo che ci toccherà (pare) dalla prossima stagione e che è stato cucinato in settimana. Non ci sembra tutta questa rivoluzione e comunque non sposta i termini di un problema che già esiste da tempo. Da quando cioè il calcio non è più il passatempo della domenica pomeriggio alle due e mezza. Non è infatti una questione di giorni e di orari, ma di qualità. La giornata scorsa con Roma e Inter al sabato e con Juventus-Milan nel posticipo, nel prossimo week end con Juventus-Roma nell'anticipo e il derby di Milano in coda, il dopopranzo della domenica diventa qualcosa di difficilmente digeribile perfino per chi mangia pallone tutti i giorni. Gratta gratta restano le ossa. Rosicchiarle il venerdì sera o perfino il lunedì non ne cambia il sapore inesistente.

18 gennaio 2010
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