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iPhone sarà aperto a tutti gli operatori

di Gianni Rusconi

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21 aprile 2008



Del blitz di Franco Bernabè a Cupertino, quartier generale di Apple, per porre la firma all'accordo che tra qualche settimana porterà in Italia l'iPhone in versione Umts (che si chiamerà pare iPhone Max o iPhone Pro) i portavoce di Telecom Italia non dicono nulla.

La risposta a qualsiasi richiesta di conferma circa i tempi e i modi dello sbarco nel Bel Paese del melafonino è sempre la stessa: «no comment, ne parliamo più avanti».

Il che non significa che quanto scritto da Repubblica Affari&Finanza - secondo cui l'a.d. di Telecom Italia (in occasione del suo roadshow negli Usa tenutosi a fine marzo), si sia personalmente recato da Steve Jobs per suggellare l'accordo fra le due compagnie – non sia vero. Semplicemente, l'operatore italiano non vuole al momento mettere il sigillo dell'ufficialità a un matrimonio che, dopo mesi e mesi di trattative, si farà presumibilmente molto presto e che darà i sui frutti (gli iPhone nei negozi) prima dell'estate. I colloqui con i vertici di Cupertino, dicono da Telecom, ci sono stati ma per il momento la natura dell'accordo rimane "top secret". Almeno nelle intenzioni. Telecom partirà all'inizio dell'estate, ma dopo qualche mese potrebbero arrivare anche altri. La mancanza di esclusiva nel contratto con Tim infatti apre la strada anche agli altri operatori: allo studio Vodafone, Wind e tre offerte di misura.

Telecom sarebbe dunque riuscita là dove altri carrier hanno "fallito", e cioè nel convincere Apple a cambiare strategia, a non pretendere il cosiddetto "revenue sharing"(niente percentuale, nell'ordine del 30%, sul traffico generato dagli utenti) e neppure l'esclusiva (un solo operatore per singolo mercato/Paese). Per farla breve il debutto dell'iPhone in Italia dovrebbe materializzarsi su questi basi: supporto delle reti mobili 3G, prezzi dei terminali più alti del normale per comprendere la quota di traffico voce e dati e sei mesi di tempo per Tim per giocarsi il vantaggio (rispetto a Vodafone e 3) di poter vendere in "esclusiva" il supercellulare di Steve Jobs.
Il numero uno di Cupertino, secondo l'analisi di Repubblica, avrebbe cambiato strategia sul "revenue sharing" per un motivo all'apparenza semplice: il giochino ha già prodotto i risultati sperati, è tempo di cambiare (modello di business) perché il futuro della telefonia mobile è legato a filo doppio ai servizi (video, musica, news, mappe, contenuti di social networking) che dai telefonini di possono fruire e scaricare. La sola connettività (voce e Internet) fino a oggi fonte di ricavi per i carrier sarà marginale rispetto ai servizi premium e il rischio per Apple è quello di non poter reggere l'urto delle offensive delle varie Google, Nokia e via dicendo. Jobs avrebbe quindi capito per tempo che la nuova gallina dalle uova d'oro è il software (il browser Safari) che porta l'iPhone nel Web, un software che negli Usa è utilizzato per il 70% degli accessi via smartphone alla Rete. Sarà, ma oggi i dati elaborati dalla società di ricerca iSuppy dicono che i consumatori statunitensi con in tasca l'iPhone lo utilizzano per il 46.5% del tempo per effettuare telefonate (contro il 71.7% di chi possiede un cellulare tradizionale) e passano un numero di minuti ad ascoltare musica o a navigare online percentuale decisamente superiore (in percentuale) rispetto a chi utilizza altri telefonini. Il problema, per Jobs, è che in Italia – è questo è il vantaggio esercitato da Telecom nella trattativa con Apple – l'Internet via cellulare è già un'abitudine per il 40% degli utenti Umts, e non c'è bisogno dell'iPhone per spianare la strada a questo mercato.
Svendite in attesa del modello 3G
In attesa dell'annuncio di Tim, arriva intanto un messaggio non esattamente positivo dagli operatori telefonici che sull'iPhone hanno già scommesso (e investito). Stando infatti a un articolo pubblicato dal britannico Sunday Times emerge che le varie O2, T-Mobile e Orange avrebbero i magazzini pieni dello smartphone di Apple e potrebbero andar incontro a forti perdite nel caso decidessero di venderli a prezzo scontato prima dell'annuncio della nuova versione 3G. Il successo dell'iPhone negli Usa avrebbe quindi gonfiato eccessivamente gli ordini con il risultato di accumulare grosse quantità di invenduto; colpa di stime troppo ottimistiche o cos'altro, sta di fatto che O2 nel Regno Unito e T-Mobile in Germania hanno già provveduto a tagliare il prezzo di listino - rispettivamente del 37 e del 75% - per svuotare gli scaffali e migliorare bilanci di vendita non certo entusiasmanti.
Nell'ultimo trimestre del 2007 i tre operatori di cui sopra, che hanno l'esclusiva sulla distribuzione dell'iPhone nei Paesi in cui operano, hanno venduto in tutto circa 350.000 pezzi, contro i 500.000 stimati. Numeri impietosi, giustificati da più con l'eccessivo costo del telefono e con l'obbligo dei 24 mesi di contratto, che non hanno impedito ai diretti interessati di sottolineare come l'avvento del cellulare della Mela abbia portato nuovi (e facoltosi, sotto il profilo del traffico consumato) clienti. Introiti che però finiscono in buona misura nelle casse della società californiana: dalle chiamate e dai dati Apple si porta a casa da 3 a 12 euro circa, al mese, per ogni utente. Adesso è il turno dell'Italia (e in contemporanea della Spagna). Gli analisti sono pronti a sbattere in faccia a Jobs l'obiettivo di vendre 10 milioni di iPhone entro la fine del 2008, un obiettivo che sembra al momento difficilmente realizzabile. Ma cambiando approccio sul "revenue sharing" e mettendo nelle mani di vari altri operatori un terminale in grado di viaggiare sulle reti mobili a banda larga Apple ce la potrebbe fare. Eccome.

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