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Le tre strade verdi per il futuro dell'automobile

di Giuseppe Caravita

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29 GENNAIO 2009

Roma, febbraio 2020: il traffico scorre lento, ma regolare. Piccoli veicoli superleggeri in prevalenza. Con il classico ronzio elettrico, motori spenti con il rosso, ma scattanti col verde. Escono da parcheggi dove stazioni di ricarica intelligenti hanno immesso, con cura algoritmica, elettricità rinnovabile. Furgoncini e autobus pure. Piccoli motori a scoppio super-efficienti entrano in azione solo sul Raccordo anulare, ricaricano batterie oppure fanno viaggiare a velocità autostradale. In Gran parte bruciano metano e biometano. Gli indicatori di CO2 e Nox emessi dal traffico della capitale sono in netta discesa.

Il futuro dell'auto è già scritto? In buona parte sì, anche se oggi può sembrare un po' paradossale, nel bel mezzo di una pesante crisi dell'intero settore. Eppure ricerche, progetti e investimenti sono in corso da diversi anni. E su innovazioni radicali (come l'auto elettrica, i motori a carburanti plurimi, i veicoli ibridi "plugin"). La domanda quindi non è se mai avremo un'automobile ecologica, piacevole da guidare e magari pure bella. Ma, semmai, quando e come. Se la crisi finanziaria ed economica verrà superata, e se i Governi punteranno davvero sui veicoli sostenibili come arma anti-crisi (come indicano ora gli Stati Uniti), se i prezzi petroliferi torneranno a salire, già nel 2011 la rivoluzione dell'auto comincerà. E, forse, al 2020 arriverà alla maturità.

Come? Tre traiettorie oggi corrono, e si intersecano. La prima è classica, punta sui motori a scoppio di nuova generazione. E sul gas naturale. La seconda è la più ambiziosa: il veicolo tutto elettrico, urbano. La terza è un mix (altamente sofisticato) delle prime due. I veicoli ibridi, dopo la capostipite Prius del 1997 (la prima a integrare in automatico elettrico e benzina) che diverranno auto elettriche all'80%, spinte dai motori termici solo dove e quando serve. A breve termine, specie per l'Italia, vale la carta metano. Un buon propulsore ottimizzato su questo combustibile, emette il 25% in meno di CO2 e il 40-60% di Nox. Oggi un pieno di metano di una Panda costa poco oltre i 10 euro (circa 17 per il Gpl). Ma il primato potenziale dell'industria italiana, su questa tecnologia di transizione, è tuttora limitato dalla rete di rifornimento nazionale: solo 780 distributori di gas naturale contro 22mila per benzina-diesel e 2300 Gpl. Un impasse che solo ora, con l'entrata in vigore del decreto 11 settembre 2008 sulle normative di sicurezza dei distributori potrà essere sbloccato. Considerando che una pompa a metano costa circa 80mila euro, con 60 milioni, e in pochi mesi, si potrebbe raddoppiare la rete. Avviando la prima fase della transizione (a guadagno condiviso, sia per gli utenti che per altri costruttori che hanno presentato modelli a gas naturale). E infine non pochi segnali dicono che persino Obama potrebbe spingere su questo combustibile per i suoi programmi ecologici e di indipedenza energetica. Il via libera alla California, che prevede di tagliare le emissioni del 30% per il 2016, può implicare anche questo. «E la Green Car Initiative che la Commissione europea sta lanciando implicherà un'azione concertata di tutta l'industria europea», aggiunge Nevio Di Giusto, amministratore delegato del Centro Ricerche Fiat.

La parola oggi di moda si chiama "elettrificazione". Se n'è avuta una prova all'ultimo Salone di Detroit. Dove, oltre alla Prius-Toyota di terza versione, hanno presentato modelli ibridi o tutti elettrici quasi tutte le case presenti, da Gm (con la futura Volt) alla cinese Byd (leader nelle batterie, oggi lanciata anche nell'auto) fino a Honda e Mercedes-Benz. E negli stessi giorni, a Parigi, anche Peugeot. Data-chiave di partenza, praticamente per tutti: 2011.
Ma nei prossimi ventiquattro mesi molto potrà succedere. Soprattutto sul fronte più caldo: quello delle city-car elettriche, a emissioni zero e ricarica a basso costo. «Ormai lo stato dell'arte delle batterie è vicino all'economicità – spiega Massimiliano Di Gioia, vicepresidente di Microvett, produttore italiano di veicoli elettrici (e con il maggior parco circolante in Europa) – e il mercato è sulle flotte urbane». Questo è il crinale su cui si muoveranno diverse sperimentazioni: a New York (Bmw-Mini elettriche), Parigi (Renault con Edf), Berlino (Smart elettriche), Portogallo (Renault), Israele e Danimarca (Better Place con Renault) e Roma-Pisa-Milano (Enel con Smart). «La nostra, con cento Smart elettriche e 400 punti di ricarica dal 2010 sarà una delle maggiori – spiega Livio Vido, direttore della divisione ingegneria e innovazione dell'Enel – vogliamo costruire un reale modello di business, mettendo a casa dei clienti contatori intelligenti per ricariche ottimali. Su percorsi di mobilità urbana prevedibili e di breve raggio, da decine di chilometri. Offriremo servizi Gps di ricerca dei punti ricarica e contratti su energie rinnovabili. Ovviamente ci rivolgeremo, all'inizio, al mercato delle flotte urbane. E la nostra infrastruttura poi potrà aprirsi anche ad altri partner automobilistici». Come i cento veicoli elettrici che la Microvett sta fornendo alla Trambus di Roma.

  CONTINUA ...»

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