Il rapporto da 100 pagine "Portare l'Italia verso la leadership europea nella banda larga. Considerazioni sulle opzioni di politica industriale" del super consulente del governo per la banda larga Francesco Caio è sul tavolo di Paolo Romani, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni, da qualche settimana. L'hanno preso poi in esame il titolare del ministero in questione Claudio Scajola e il Presidente del Consiglio. I risultati della dettagliata ricognizione volta a delineare il futuro sviluppo delle reti broadband di prossima generazione? Per il momento nessuno, almeno sottoforma di nuove azioni a procedere. Tutto al momento come prima dunque e polemiche che trovano spazio per alimentarsi. Come quella sollevata giorni fa dal senatore del Pd Luigi Vimercati, che da un lato ha segnalato il rischio di cancellazione degli 800 milioni di euro destinati alla banda larga della Finanziaria e non ancora stanziati dal Cipe causa l'emergenza terremoto (tali fondi sarebbero utilizzati per la ricostruzione) e dall'altro come il governo italiano non stia facendo abbastanza, con gli investimenti nelle nuove reti, per favorire la ripresa economica.
Il vero problema, come sottolineano vari addetti ai lavori, sarebbe però un altro e chiama in causa Telecom Italia, che dello scorporo non ne vuol sapere e che avrebbe comunicato a chiare lettere l'impossibilità di investire le cifre previste dal piano. Piano che in tal senso avrebbe molte possibilità di essere bocciato.
Ma cosa suggeriva Caio per fare delle Ngn (Next generation network) italiane un asset strategico per la crescita del Paese? Tre le ipotesi delineate: la prima rete inerente la copertura del 50% della case italiane con una rete mista rame e fibra ottica che copra il 50% delle case, la seconda scommette solo sulla fibra per coprire 100 città (il 25% delle abitazioni) e la terza soluzione prevede un investimento pubblico limitato e la copertura di 10-15 città attraverso reti locali in fibra tramite partnership con privati. Nel primo caso il graduale scorporo della rete di telefonia fissa di Telecom Italia è un passaggio obbligato comune ed è qui che nascono i problemi.
Proprio Scajola ha ripetuto in varie occasioni come il governo non intenda perseguire strategie in contrasto con l'ex monopolista e come sia fondamentale creare un'entità che garantisca parità di accesso alla rete tra i vari operatori. Ed ha anche aggiunto come (per il Paese) non sia sostenibile avere tante infrastrutture telematiche e come debba essere trovata una soluzione che consenta di ammodernare quella esistente con il contributo di tutti gli operatori.
Il modello Open Access di Telecom va esattamente in questa direzione mentre in sede Ue tale soluzione, per quanto sia considerata Bruxelles "nella giusta direzione, non è esattamente in linea con quanto richiesto dal regolatore (nazionale) che ha proposto di andare un poco oltre". In definitiva il piano strategico di sviluppo della rete in fibra ottica finanziato da fondi pubblici rimane una priorità - sono 7,5 milioni gli italiani che non hanno accesso alla banda larga ma al momento siamo ancora nella fase delle consultazioni e delle valutazioni. Le proposte degli organi competenti non mancano e quella dell'Agcom (l'Autorità garante per le comunicazioni) batte sul tasto della de-burocratizzazione e della de-tassazione delle opere necessarie per togliere i troppi paletti alla posa della nuova rete e per ridare nel contempo fiato alla ripresa del prodotto interno lordo. Se ne parla da tempo, siamo ancora nel campo delle proposte.
La questione rimane quindi aperta e il problema di fondo irrisolto: le sole risorse pubbliche non bastano a colmare il divario digitale delle aree geografiche a minor interesse per gli operatori e serve di conseguenza il coinvolgimento dei privati, dei provider di servizi grandi e piccoli (Telecom Italia compresa) e anche delle pubbliche amministrazioni locali. Ma per le reti Ngn in Italia servono dai 10 ai 15 miliardi di euro e sul piatto vi sono al momento gli 800 milioni del governo e qualche centinaia di milioni che l'ex monopolista investirà nel medio periodo per la copertura in fibra di poche migliaia di famiglie. Guardando in casa d'altri, gli Stati Uniti hanno stanziato 7,2 miliardi di dollari per cablare a larga banda le zone rurali, il Giappone è orientato a spenderne 50 miliardi per portare la fibra ottica praticamente ovunque. Il rischio più volte ventilato, anche da Caio, di un Paese (l'Italia) che in assenza di un'accelerazione degli investimenti si trovi da qui a qualche anno a confrontarsi con una carenza strutturale della rete a banda larga è più che reale.