Dopo la presa di posizione di governo ed editori tedeschi anche gli editori italiani vanno allo scontro contro Google Books e presentano formalmente delle osservazioni alla corte di New York incaricata di decidere (oggi scadevano i termini per presentare la documentazione, la decisione verrà presa, forse, il 7 ottobre, alla vigilia della Fiera di Francoforte) sulla class action sui diritti d'autore.
L'Aie non si è limitata però a fornire alla corte americana (a occuparsi della vicenda Google è stato chiamato un giudice da tutti rispettato e temuto, Danny Chin, lo stesso che ha condannato Bernie Madoff) tutta una serie di rilievi teorici e legali, come hanno fatto americani, tedeschi e molti eredi di scrittori, ma ha fatto anche qualcosa in più. Ha provato a verificare, con un sondaggio effettuato sul database del "nemico" alla mano, se sia proprio vero che i libri giudicati da Google fuori commercio, e dunque digitalizzabili, siano tali.
Ciò che è emerso (tutti i dati e i rilievi saranno visibili da oggi sul sito www.aie.it) è che sia di oltre l'80% il margine di errore del database. L'accordo transattivo tra Google e gli editori e autori Usa prevede che un'opera possa essere digitalizzata da Google, a meno che gli aventi diritto non dispongano diversamente, se non è più in commercio. «Se però un'opera è stata edita in più edizioni nel tempo – spiegano gli editori italiani- è sufficiente che una sola di esse sia in commercio perché l'opera sia classificata come tale». E dunque l'Aie ha analizzato 274 opere scritte da 18 importanti autori di letteratura del nostro Novecento (tra cui Bassani, Calvino, Camilleri, Eco, Fallaci, Cesare Pavese): nell'81% dei casi (222 su 274) esiste almeno un'edizione dell'opera che Google considera fuori commercio e che l'accordo gli consente a quel punto di digitalizzare. A meno che autori, agenti o editori non correggano l'errore.
In altre parole per otto testi su 10 esiste il rischio concreto che l'opera sia digitalizzata e inserita nell'offerta commerciale di Google sul mercato Usa, senza autorizzazione degli aventi diritto. L'errore aumenta per gli autori classici, rispetto ai bestseller di oggi (protetti da contratti migliori, forse) e Google, secondo gli editori italiani, sbaglia la determinazione nel 100% dei casi per scrittori come Bassani, Soldati e Tomasi di Lampedusa, ma anche per Dario Fo, ancora attivo.
Tra i 7 milioni di libri che Google ha già digitalizzato, poi, le opere fondamentali del 900 italiano sono già quasi tutte presenti (il 91%). Ma in questo caso, protestano gli editori, la determinazione di un'opera come fuori commercio non riguarda la digitalizzazione, già avvenuta, ma gli usi commerciali che Google è autorizzato a farne. Una volta digitalizzato, infatti, un libro non è messo in rete a disposizione del pubblico (come molti credono) ma venduto online da Google o inserito in banche dati vendute in abbonamento alle biblioteche.