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6) Serve una rivoluzione tecnologica
Sul lungo periodo è difficile pensare (in assenza di scoperte rivoluzionarie) che riusciremo a ridurre le emissioni dell'80% entro il 2050, considerando che la popolazione mondiale aumenta e i paesi in via di sviluppo crescono. Perciò un programma Apollo per le tecnologie pulite, modellato sul progetto Manhattan, è un'idea sensata. Bisogna imporre un prezzo alle emissioni per far capire agli operatori di mercato e agli innovatori che è necessario promuovere attività a basso livello di emissioni: il programma di scambi di quote di emissioni dell'Unione europea dopo una partenza titubante sembra funzionare bene. I capitali privati che già si riversano sul settore delle energie rinnovabili potrebbero riuscire un giorno a produrre un pannello solare a buon mercato, o un carburante sintetico, o una batteria superpotente, o una centrale a carbone realmente pulita. A un certo punto, dopo che avremo spremuto tutti i "negawatt" e i "negabarili" possibili, ci servirà qualcosa di nuovo.
Disponiamo già di tutta la tecnologia necessaria per cominciare a ridurre le emissioni tagliando i consumi. Anche solo mantenendo stabile la domanda di energia elettrica, possiamo sottrarre un megawatt di elettricità ricavata dal carbone ogni volta che aggiungiamo un megawatt di elettricità ricavata dal vento. Con una rete intelligente, con regole per l'edilizia verde e parametri di efficienza energetica rigorosi per qualsiasi cosa, dalle lampadine ai televisori al plasma alle batterie di server, possiamo fare di più che limitarci a mantenere la domanda stabile. Al Gore ha un piano ragionevolmente plausibile per un'energia a zero emissioni di qui al 2020: l'ex vicepresidente americano pensa a un decremento della domanda del 28% attraverso l'efficienza, sommato a incrementi altrettanto ambiziosi dell'offerta di energia eolica, solare e geotermica. Per raggiungere i nostri traguardi del 2020 non è necessario ridurre a zero l'impiego di combustibili fossili. Basta che ne usiamo meno. Se qualcuno avrà un'idea migliore da oggi al 2020, benissimo! Per il momento, concentriamoci sulle soluzioni che consentono di tagliare più emissioni possibile al minor costo possibile.
7) Iniziamo cambiando i nostri stili di vita
In questo periodo, è politicamente scorretto suggerire che diventare più verdi possa comportare correzioni anche minime al nostro stile di vita, ma affrontiamo la realtà. Jimmy Carter aveva ragione. Non moriremo mica se abbassiamo il riscaldamento e indossiamo un maglione. L'efficienza è una droga miracolosa, ma il risparmio è ancora meglio: una Prius consuma meno benzina, ma una Prius parcheggiata in garage mentre tu ti sposti in bici non ne consuma affatto. Anche le più efficienti fra le asciugatrici consumano più energia dello stendino dei panni.
Fare di più con meno è un ottimo inizio, ma per arrivare all'obbiettivo dell'80% di emissioni in meno il mondo industrializzato potrebbe, occasionalmente, dover fare di meno con meno. Forse dovremo disattivare qualche cornice digitale, sostituire in alcuni casi il viaggio d'affari con la teleconferenza, e andarci piano con i condizionatori. Se questa è una verità scomoda, è meno scomoda delle migliaia di miliardi di dollari che costano i nuovi reattori, della dipendenza perpetua da petro-stati ostili o di un pianeta in affanno.
Dopo tutto, i paesi in via di sviluppo hanno il diritto di crescere. I loro cittadini sono comprensibilmente smaniosi di mangiare più carne, guidare più automobili e vivere in case più belle. Non sembra equo che il mondo industrializzato dica: fate quello che diciamo, non quello che abbiamo fatto in passato. Ma se i paesi in via di sviluppo seguiranno, per giungere alla prosperità, la strada dello spreco già percorsa dai paesi industrializzati, la terra che tutti condividiamo non reggerà. Perciò dobbiamo cambiare modo di comportarci. A quel punto potremo almeno dire: fate quello che facciamo, non quello che abbiamo fatto in passato.
(Traduzione di Fabio Galimberti)