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La lunga marcia cinese è lontana dalla libertà

di Ian Buruma

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1 Ottobre 2009

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C'è della verità in questa tesi. Anche se alcuni dei progressi della Cina in realtà sono avvenuti sotto Mao, specialmente per quel che riguarda l'alfabetizzazione di massa, le tecnocrazie autoritarie di solito sono efficienti quando si tratta di portare a termine i grandi progetti. Una delle definizioni di libertà positiva di Isaiah Berlin era il concetto che le società potevano essere migliorate perseguendo un unico grande obiettivo, un'unica grande idea: tutti i valori sarebbero naturalmente confluiti nel suo conseguimento. I detrattori di questa grande idea possono essere liquidati come gente matta o che agisce in mala fede. Un'impostazione simile non lascia spazio a conflitti di interesse legittimi. Ma è ottima se si tratta di costruire grandi città con grandi stadi. Quando vidi per la prima volta Shenzhen, negli anni 70, era un minuscolo villaggio oltre la linea di confine con Hong Kong. Da quando Deng Xiaoping stabilì che qui sarebbe sorta una nuova zona economica, la sua volontà non tardò a trasformarsi in realtà. Oggi Shenzhen è una metropoli con una popolazione di 10 milioni di persone.

Svantaggi tecnocratici
Ma la tecnocrazia non presenta solo vantaggi, ha anche grossi inconvenienti. I tecnocrati autoritari non se la cavano bene con le emergenze. Quando la provincia del Sichuan nel 2008 è stata colpita da un terremoto devastante che ha ucciso circa 70mila persone, lasciando altri 10 milioni di cittadini senza casa, la Cina è stata largamente elogiata per la sua reazione spedita e solidale. Non ha avuto altrettanto rilievo il fatto che un numero sproporzionato delle vittime fosse costituito da bambini, perché le scuole erano crollate anche quando gli edifici circostanti erano rimasti in piedi. I costruttori avevano usato materiali scadenti per realizzare le scuole e avevano pagato i funzionari per chiudere gli occhi. Forse non si può dare la colpa di questo ai tecnocrati di Pechino, e le storie che sono emerse a New Orleans dopo il passaggio dell'uragano Katrina non sono certo più edificanti.
Ma non è nemmeno il caso di sperticarsi in elogi per la performance del governo centrale. I primi aiuti sono arrivati in gran parte da comuni cittadini accorsi subito sul luogo del disastro, e anzi all'inizio sono stati ostacolati dalle autorità. Per la prima volta nella storia della Repubblica popolare, a Sichuan si è visto un embrione di società civile, e il primo riflesso della tecnocrazia cinese è stato quello di schiacciarlo, per non rischiare che i cittadini assumessero troppo potere. Successivamente, quando privati cittadini, con l'aiuto di avvocati, hanno cercato di indagare sui metodi corrotti che avevano provocato quel catastrofico numero di vittime fra i bambini, sono stati bloccati e in alcuni casi spediti in prigione.

Conflitti d'interesse
Altra cosa che un governo di esperti, concentrato sulla realizzazione di grandi progetti, non è per niente in grado di fare ha a che fare con l'essenza della politica: la risoluzione dei conflitti di interessi. L'armonia, l'ideale fondamentale del confucianesimo, vede la società perfetta come una società in cui tali conflitti non esistono. Forse è questo il punto di convergenza fra marxismo e confucianesimo. Ma non funziona per la Cina del dopo-Mao, dove le libertà individuali sono aumentate, senza il beneficio delle libertà politiche. Lo stato non decide più chi puoi sposare, dove devi vivere o che genere di lavoro devi cercare. Ma qualunque tentativo di perseguire fini collettivi in modo organizzato indipendentemente dallo stato verrà schiacciato senza pietà. Questo ci porta a quelle che un tempo i marxisti chiamavano contraddizioni. In Cina esistono interessi in conflitto, come in qualunque altra società complessa. Ciò che è bene per l'élite imprenditoriale di Shanghai non lo è necessariamente per i contadini del Sichuan. Gli interessi dei lavoratori nelle grandi, e spesso inefficienti, industrie pubbliche del Nordest non coincidono con quelli degli imprenditori dell'high-tech a Guangzhou. Questi conflitti non possono essere mascherati con campagne di massa e slogan di partito.
Per giustificare il suo monopolio sul potere, la tecnocrazia cinese si affida a due cose: promessa di ordine e crescita economica costante e patriottismo. Sostenere il governo è patriottico, criticarlo è antipatriottico, se poi le critiche vengono da stranieri è "anticinese". Considerando che la crescita economica, che va a beneficio dei ceti medi urbani, potrebbe andare avanti ancora per un po' di tempo, il governo non è sul punto di crollare. Un patto analogo ha contribuito a mantenere in vita il regime a partito unico di fatto che ha governato il Giappone negli ultimi cinquant'anni. Ma guardate cosa è successo quando la crescita economica ha rallentato e non c'erano più obiettivi patriottici da usare per intimidire le persone e indurle a ubbidire. Il regime a partito unico è crollato rovinosamente, ma è successo in modo pacifico, anzi perfino ordinato, perché i giapponesi avevano la possibilità di usare il voto per cacciare i furfanti.
  CONTINUA ...»

1 Ottobre 2009
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