«La televisione – deplorava lo scrittore di fantascienza Ray Bradbury nel 1953 – è quella bestia insidiosa, quella Medusa in grado di paralizzare un miliardo di persone a occhi sbarrati ogni sera, quella sirena che canta, chiama e alletta promettendo così tanto e concedendo, in definitiva, così poco». Bradbury non è stato l'unico nel suo sfogo antitelevisivo: dalle prime trasmissioni, che ebbero inizio nel 1928, la televisione è stata vituperata tanto quanto amata.
C'è da chiedersi allora: il rapido proliferare in tutto il pianeta di apparecchi tv, di canali digitali e satellitari fin negli angoli più sperduti del globo dove internet è ancora una parola priva di significato, sarà davvero la causa scatenante della decadenza globale che i suoi denigratori e critici temono? Difficilmente. Di fatto la televisione - quella tecnologia degli anni 20 del '900 che molti di noi danno per ormai scontata - ancora oggi sta arrivando a decine di milioni di persone con tutto il suo potenziale esplosivo positivo di trasformazione, quel potere che il mondo soltanto adesso sta iniziando a capire.
Nel nostro entusiasmo collettivo e generalizzato per le nuove piattaforme supermoderne di social networking come Twitter e Facebook, le implicazioni della prossima era della televisione - da una riduzione del tasso di natalità nelle donne povere a una diminuzione della corruzione a un tasso di iscrizione maggiore per le scuole di secondo grado - sono rimaste in buona parte trascurate malgrado il loro impatto sia considerevole.
Che cosa si guarda in tv? È presto detto: soap, soap e ancora soap. Ma non tutte le soap o serie televisive nascono uguali. Di conseguenza la televisione sta rapidamente raggiungendo un'ubiquità pressoché globale. Circa la metà delle famiglie indiane possiede una televisione, con un aumento considerevole rispetto a un terzo del 2001; la percentuale in Brasile supera i quattro quinti della popolazione.
Se l'esplosione dell'accesso è la prima rivoluzione televisiva globale, allora la seconda è l'esplosione della scelta. Entro il 2013 metà delle televisioni del pianeta riceverà segnali digitali, il che significa in pratica che guadagnerà accesso a un numero molto superiore di canali.
L'esplosione della scelta televisiva sta allentando la morsa dei burocrati di tutto il mondo, coloro che in molti paesi gestiscono direttamente le trasmissioni o controllano la programmazione, fino ad amministrare rigidamente le poche emittenti televisive esistenti. La programmazione nei paesi in via di sviluppo in particolare, spesso propende per argomenti e tematiche decisamente pratiche: nella Cina rurale, per esempio, la tv spesso si occupa degli ultimi progressi in fatto di accoppiamento e allevamento dei suini. Anche la copertura degli avvenimenti politici è spesso lontana dall'oggettività e dall'equilibrio.
Sempre più spesso, però, i tempi in cui i discorsi dei presidenti e l'accoppiamento dei suini erano trasmissioni televisive imperdibili sono ormai alle spalle. Quanto più si espande la scelta tra ciò che è possibile guardare in tv, tanto più il pubblico avrà accesso a un'ampia gamma di opinioni e a un numero in aumento di canali pronti a dargli quello che desidera. Più di un terzo della popolazione afghana si sintonizza oggi sulla versione locale del format American Idol, "Afghan Star". La serie televisiva più seguita al mondo in assoluto è stata Baywatch, che narra le vicende di tutti i giorni di un gruppo di bagnini delle spiagge di Santa Monica in California e dintorni. Le puntate di questo show sono trasmesse oggi in 142 paesi, e si calcola che gli spettatori che le hanno seguite siano molto superiori al miliardo di persone.
Ghulam Nabi Azad, ministro indiano della Salute e del welfare delle famiglie, ha perfino iniziato a promuovere la tv come un mezzo contraccettivo finalizzato al controllo delle nascite. A luglio in tono scherzoso in pubblico ha tuttavia detto: «In passato non esisteva altra forma di intrattenimento che il sesso, motivo per il quale nascevano così tanti bambini. Oggi, però, è la televisione la fonte primaria d'intrattenimento dell'opinione pubblica. È pertanto importante che l'elettricità raggiunga ogni paesino e villaggio, così che la gente la guardi fino a tardi. E quando i serial televisivi saranno finiti, la gente sarà così stanca da non pensare al sesso e addormentarsi subito».
Sin dagli anni 70, il network brasiliano Rete Globo ha incessantemente sfornato una serie di soap prodotte in loco, alcune delle quali sono seguite da 80 milioni di persone. Queste serie a puntate raffigurano la vita quotidiana in Brasile nello stesso modo in cui Desperate Housewives è un'accurata rappresentazione della tipica vita in periferia negli Stati Uniti. In un paese nel quale il divorzio è stato legalizzato soltanto nel 1977, circa un quinto dei personaggi femminili delle soap è divorziato (e un quarto tradisce il coniuge). Cosa ancora più importante, tuttavia, è che il 72% delle protagoniste femminili delle soap di Globo non ha figli e soltanto il 7% ne ha più di uno. Negli anni 70, la donna media brasiliana invece metteva al mondo sei bambini.
La tv via cavo e via satellite potrebbe avere un'influenza ancora maggiore sulla fertilità nell'India rurale. Come in Brasile, anche in India tra i programmi più popolari vi sono le soap opera ambientate nella vita urbana. Molti personaggi femminili di queste serie di successo lavorano fuori casa, dirigono aziende, hanno soldi e li amministrano. Oltretutto, in genere i personaggi di queste soap sono istruiti e hanno pochi figli, rivelandosi così fenomenali modelli da imitare.
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