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STORIE / Banda larga? C'è chi sogna il fax

di Nino Ciravegna

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28 Febbraio 2010

Roma cerca le risorse per portare la banda larga in tutta Italia, Milano sogna la rete a 100 mega, la Silicon valley studia sistemi stellarmente più veloci. Lavello, provincia di Potenza, si accontenterebbe - più prosaicamente - del classico doppino di rame per il telefono fisso e per il fax, che può ancora servire. Ma nella zona industriale di Lavello il telefono non c'è. Così come non c'è il metano, la rete fognaria, le strade asfaltate. Solo elettricità e acqua.

Gianpaolo Finiguerra, socio in una tipografia con otto addetti, denuncia: «Lavoriamo con il cappotto perché manca la rete del metano. Per il telefono siamo costretti ad arrangiarci con i cellulari, usiamo la chiavetta per internet, ma la linea è quella che è. Ieri sono dovuto andare a casa per mandare due preventivi con il mio pc privato».

Francesco Finiguerra, presidente della tipografia, aggiunge: «Il freddo increspa la carta, dobbiamo convogliare aria calda per non fare indurire gli inchiostri sulle macchine di stampa. Non abbiamo l'allacciamento alla rete fognaria, da un paio d'anni siamo costretti a usare un bagno chimico esterno. Spendiamo 270 euro, Iva esclusa, per lo spurgo mensile». Nessun servizio essenziale per l'impresa, «in compenso abbiamo pagato 8mila euro per gli oneri di urbanizzazione».

La situazione della tipografia non è isolata. Luciano Settembrini, titolare della Sudgeotech, ha iniziato i lavori due anni fa: «Dovevo costruire un magazzino interrato, un capannone, uffici e spazi espositivi su un lotto di 4mila metri quadrati. Ho già speso 500mila euro per il seminterrato di 1.400 metri quadrati, ora ho fermato tutto anche se il comune minaccia di revocare le concessioni a chi non finisce i lavori. Non investo un altro milione senza avere certezze sui tempi».

Settembrini è indignato soprattutto per la situazione delle strade: «Ci vuole il fuoristrada per questi tratturi, i tombini sono più alti, 25-30 centimetri, rispetto alla massicciata, l'asfalto non è nemmeno previsto. Come faccio a far venire qui i clienti?».

Il titolare della Sudgeotech, una decina di dipendenti, aveva programmato l'espansione della concessionaria delle mietitrici Laverda e delle macchine agricole Cnh: «Gli spazi attuali penalizzano la mia attività. Avevo programmato tutto, nei minimi dettagli, senza chiedere un euro di finanziamento, dovevamo fare assunzioni. Ma evidentemente investimenti e nuovi posti di lavoro qui non sono una priorità».

Alfonso Fuggetta è un distillato d'indignazione. Ha un biscottificio, la sua specialità sono le scaldatelle (una variante dei taralli), ha speso più di 500mila euro per il nuovo stabilimento, ma non può insediarsi: l'Asl ha riconosciuto l'idoneità dei locali, ma ha negato il permesso di operare per le evidenti carenze delle opere di urbanizzazione.

Da due anni lo stabilimento, nuovo, è chiuso: «Ho fatto un mutuo di 180mila euro con l'Artigiancassa, dal marzo 2008 pago una rata mensile di 1.570 euro al mese, ma non posso insediarmi nella mia struttura. A maggio dovrò versare l'Ici per un impianto che non utilizzo, pago i canoni dell'acqua e dell'elettricità senza essere nelle condizioni di fare consumi. E so già che sta per arrivarmi la cartella esattoriale per la Tarsu».

Fuggetta continua a lavorare nel suo laboratorio nel centro di Lavello, «dove uso l'androne delle scale – sottolinea – per fare un po' di magazzino e sono costretto a rifiutare nuovi clienti per mancanza di spazi e attrezzature».

Fuggetta ha scritto lettere di protesta a tutti per denunciare una situazione insostenibile per le imprese e lo spreco di fondi pubblici, visto che la regione Basilicata in questi anni ha stanziato quattro milioni per le opere di urbanizzazione: «Il prefetto ha risposto che la situazione sta per essere risolta, la Corte dei conti mi ha spiegato che loro intervengono solo a conclusione dei lavori per verificare se ci sono stati danni erariali - ma ai danni delle imprese ci pensa qualcuno? -, il ministero del Welfare ha spiegato che non è di loro competenza. Solo un dirigente di Palazzo Chigi, al telefono, mi ha assicurato un interessamento».

Ma come si è arrivati a questa situazione paradossale? «Qui a Lavello - risponde Settembrini - è come se avessimo cominciato a costruire le case partendo dal tetto. Il Comune ha dato le concessioni edilizie prima ancora di avviare le urbanizzazioni».

La tipografia ha dovuto insediarsi per non perdere i fondi della legge 488, anche se la zona industriale non era attrezzata. L'ultima arrivata, un'azienda specializzata nel trattamento di materiali ferrosi, si è trasferita - officina al pianterreno, abitazione al primo piano - perché sotto sfratto.

Situazione da terzo mondo. Eppure Lavello non è in uno staterello strano e neanche in una zona disastrata. La città, a una decina di chilometri dagli stabilimenti Fiat di Melfi, ha 13mila abitanti, una biblioteca civica con 9mila volumi, 16 scuole, un centro storico da rivalutare, strade pulite, un palazzetto dello sport nuovo di pacca, uno stadio comunale invidiabile, piste di pattinaggio, bocciodromi, tennis club e tanti impianti sportivi parrocchiali.

  CONTINUA ...»

28 Febbraio 2010
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