Sono un imprenditore (non è vero), ho una piccola impresa che produce vaschette in plastica (non è vero), devo riportare in Italia, con lo scudo fiscale, 2,1 milioni (magari). E "scudare" la villa di mio padre in Svizzera, valutata 3,5 milioni di franchi, che al cambio attuale valgono (solo) 2,31 milioni di euro. Ho fatto un tour in cinque tappe tra banche e Sgr milanesi per sanare, depositare e far gestire questo mucchio di soldi che sicuramente non riuscirò mai ad avere. Chiedo consigli, voglio sapere i costi e valutare proposte per la gestione patrimoniale. Mi aspetto tappeti rossi, tartine al caviale o qualche costoso gadget come ringraziamento: porto, non dimentichiamolo, un paio di milioni di euro.
La sorpresa è piuttosto amara: i miei sedicenti 2,1 milioni (più la villa) sono pochi, quasi una "poveracciata", rispetto a chi scuda veramente. E su cinque istituti, solo un paio si dimostrano effettivamente interessati ai miei soldi. Gli altri si comportano come quando noi comuni mortali apriamo un conto corrente con 3-4mila euro: la pratica si fa, ma senza perderci troppo tempo, avanti un altro.
Mi presento senza appuntamento per «una consulenza sullo scudo fiscale». Più di sette ore complessive di colloqui, consigli e indicazioni al limite del fuorigioco. Niente d'illegale, per carità. Ma la legge sullo scudo sicuramente non aiuta a sanare la mia villa a Carona, splendida vista sul lago, a 7,5 chilometri da Lugano se si usa la strada cantonale, un po' di più se si fa una bella passeggiata tra i boschi. Di fatto regolarizzare una casa intestata a una persona fisica è quasi impossibile, soprattutto per chi si presenta, come il sottoscritto, tre settimane prima del fatidico 15 dicembre. Un vero peccato per il fisco italiano, visto che città come Lugano o St. Moritz sono ricche di case comprate da italiani ansiosi di regolarizzare fino all'ultimo mattone.
Nel mio piccolo tour ho trovato cortesia formale e, anche, occhi esperti in antropologia industriale. Un banker è andato sul sicuro: «Si vede subito che quelle sono mani d'imprenditore». Un altro ha intuito le ragioni del mio claudicare (per i postumi di una frattura estiva): «Di sicuro un incidente in fabbrica». Sì, mio figlio impara a guidare il muletto per movimentare i pallet.
Francamente mi aspettavo di più. Tanto più che la pratica non è per niente complessa: la "dichiarazione riservata delle attività emerse" si compone di due paginette. Sedici righe da compilare, oltre ai dati del dichiarante e dell'intermediario. Tempo necessario: mezz'ora, ma solo se si vuole essere maniacalmente precisi. Servono più firme, e più carte, per aprire un conto corrente.
Insomma, mezz'ora per incamerare 2,1 milioni. Un bel lavorare. Per questo volevo i tappeti rossi. E se proprio bisogna essere operativi fino in fondo, mi aspetto che i miei 2,1 milioni mi diano diritto a uno sconticino. Me ne hanno offerto solo in un caso, ma la base di partenza era più alta che in altri casi. E lo 0,20% in meno può andare bene a chi deposita 350mila euro, non per chi porta 2,1 milioni di denaro sonante.
Ma cosa bisogna fare per essere trattati bene, da signori, in banca? Perché il parallelo è semplice: se sono ricevuto con sufficienza quando porto 2,1 milioni (e la villa), è facile immaginare come sarà trattato il vero piccolo imprenditore che porta 300mila euro, e risollecita la pratica più e più volte, noioso come una mosca, per eccezionali esigenza di liquidità.
Forse dovevo dichiarare qualche (finto) milione in più. Un commercialista che mastica di queste cose e sta "scudando" come un matto, mi aveva consigliato di portare almeno dieci milioni, meglio di più. Ma dieci milioni, anche se finti, sono tanti, troppi per l'immaginazione di una persona normale.
Da notare, infine, che nessuno mi ha fatto presente le regole antiriciclaggio. Solo un paio di accenni, quasi di sfuggita. Nel primo caso con una battuta in stile leghista: «Certo che se lei si presentasse da Caserta dovremmo fare qualche verifica in più. Ma di un piemontese ci fidiamo a occhi chiusi». Nel secondo caso il discorso si è concentrato sulla politica: «Nella sua autocertificazione dovrà dire se ha rapporti diretti con partiti o politici. Ma non si preoccupi, è solo una formalità, tutti dichiarano di non conoscere nessuno».
A bankers e consulenti dico di chiamarmi Bernocchi, imprenditore Giovanni Bernocchi. Con mio fratello ho una piccola impresa nel basso Piemonte che produce vaschette di plastica per la grande distribuzione. Devo fare lo scudo - 2,1 milioni di titoli di stato italiano, svizzero e statunitense - ma non con le banche locali perché voglio tutelare l'immagine di mia sorella, candidata alle prossime elezioni regionali. Mio padre ha una villa a Carona, splendida vista sul lago, quotata 3,5 milioni di franchi svizzeri. Si tratta di una perizia informale, prendendo come parametro il nostro vicino che ha messo in vendita una casa analoga a 3,7 milioni: lui ha una piscina esterna, noi un po' più di terreno, ecco perché pensiamo a 3,5 milioni di franchi.
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