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La green economy? Non è la valle dell'Eden

di David J. Rothkopf*

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Domenica 30 Agosto 2009

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4 - Tensioni per l'acqua e anche peggio
Oggi sono un miliardo e cento milioni gli esseri umani che hanno difficoltà ad accedere all'acqua pulita, e le stime suggeriscono che nel giro di vent'anni i due terzi della popolazione terrestre vivranno in regioni sottoposte a stress idrico. È una banalità ormai dire che l'acqua diventerà "il nuovo petrolio", come ha detto l'amministratore delegato della Dow Chemical Andrew Liveris, sia per il valore che acquisirà sia per i conflitti che provocherà.

Per ironia della sorte, la caccia alle energie alternative per sostituire il petrolio potrebbe aggravare enormemente il problema dell'acqua. Alcuni biocombustibili richiedono grandi quantità d'acqua, anche i più efficienti, quelli ricavati dalla canna da zucchero (a differenza del colosso dell'etanolo, il Brasile, con le sue abbondantissime precipitazioni, la maggior parte dei produttori di canna da zucchero deve irrigare i campi). Anche le varie tecnologie considerate essenziali per un impiego "pulito" del carbone sono avide di acqua, e le macchine elettriche ibride aumentano il consumo idrico perché sono alimentate ad elettricità e la maggior parte delle centrali elettriche usa l'acqua come liquido di raffreddamento.

Molti Paesi potrebbero cominciare ad affrontare il problema elaborando schemi per far pagare per l'uso dell'acqua, il modo migliore per gestire il problema. In alternativa, potrebbero costruire impianti nucleari di desalinizzazione, che rendano potabile l'acqua di mare. Come hanno scoperto i Paesi che hanno applicato queste tecnologie, come l'India, il Giappone e il Kazakistan, gli impianti di desalinizzazione sono terribilmente costosi, nell'ordine di centinaia di milioni di dollari a botta.

5 - Il grande gioco del litio
In Asia, in Europa e negli Stati Uniti, tutti si entusiasmano per l'auto elettrica, e giustamente: le macchine elettriche consentiranno una maggiore indipendenza dal petrolio e potrebbero contribuire enormemente a ridurre le emissioni di anidride carbonica. Ma l'inconveniente più serio dell'auto elettrica è la batteria.

Si stanno prendendo in considerazione molte soluzioni, tra cui le batterie "ad aria", che producono elettricità tramite una reazione diretta del litio con l'ossigeno. Per il momento, però, l'opzione più probabile è la batteria agli ioni di litio, il metodo usato per le macchine fotografiche, i computer e i cellulari. Le batterie agli ioni di litio garantiscono un maggiore stoccaggio e una vita più lunga rispetto ai vecchi modelli a idruro di nichel-metallo, e queste caratteristiche ne fanno la soluzione ideale per un veicolo di lunga percorrenza, con uno spazio limitato.

Tutto questo significa che probabilmente il litio, negli anni immediatamente a venire, diventerà una delle materie prime più importanti. Si dà il caso che circa i tre quarti delle riserve di litio conosciute siano concentrate nel cono meridionale dell'America Latina, per essere precisi nel deserto di Atacama, diviso fra due paesi, il Cile e la Bolivia. Oltre alle riserve di litio e alla lingua spagnola, l'unica altra cosa che queste due nazioni hanno in comune è un'animosità storica, cementata dalla guerra del Pacifico, alla fine del XIX secolo, quando il Cile riuscì a tagliare l'accesso al mare della Bolivia, un raggiro che dalle parti di La Paz ancora brucia.

La Cina e la Russia, che detengono anche loro riserve importanti, inevitabilmente finirebbero per approfittare di un conflitto in America Latina, che avrebbe anche l'effetto di dare una spinta alle batterie ricavate da materie prime meno efficienti, come quelle usate nelle batterie a idruro di nichel-metallo, oppure di incoraggiare altre tecnologie che usano sostanze diverse, con i loro lati negativi. E in ogni caso la possibilità di una corsa al litio nella regione ci ricorda che, a prescindere dalle tecnologie che si affermeranno, emergerà una domanda di quelle materie prime su cui tali tecnologie sono basate... e sappiamo bene dove porta tutto ciò.

Quelli illustrati sono solo pochi, piccoli squarci effimeri sui possibili scenari futuri, ma molte ramificazioni geopolitiche del passaggio all'energia verde sono già ora più che presenti. In India, parte del mondo delle imprese è sempre più in ansia vedendo cinesi e americani che si riuniscono in segreto e nemmeno tanto per cercare faticosamente di arrivare a un accordo sui cambiamenti climatici. Il Brasile ha idee molto diverse sulla direzione che dovrebbero prendere questi colloqui, perché vuole vedersi riconosciuto il ruolo di maggiore assorbitore di emissioni.

Anche la Russia ha una sua posizione specifica, quella di un fornitore di energia, e da quelle parti, come negli altri Paesi dal clima freddo, il riscaldamento globale potrebbe far crescere i proventi del turismo, potenziare la produzione agricola e produrre altri benefici economici.
Se aggiungiamo le tensioni legate alla diversità di idee riguardo al protezionismo verde, alla forma delle istituzioni internazionali rilevanti e alla concorrenza per le risorse, è abbastanza evidente che questo conflittuale dialogo sul clima trasformerà sempre di più il pianeta. E nessuno sa quali tecnologie nuove emergeranno dal dibattito teorico attualmente in corso.

David J. Rothkopf, blogger di Foreign Policy, è presidente e ad della Garten Rothkopf,
società di consulenza di Washington specializzata in rischi globali. Ha scritto il saggio «Superclass» (Mondadori 2008)
(Traduzione di Gaia Seller)

Domenica 30 Agosto 2009
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