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L'Expo pesa sulla sfida di Milano

di Paolo Bricco

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04 giugno 2009

LE CINQUE DOMANDE
AI CANDIDATI

Partendo dal saggio di Marco Alfieri «La peste di Milano» (Feltrinelli), da oggi in libreria, Il Sole 24 Ore ha discusso con i candidati alla presidenza della Provincia di Milano, Guido Podestà e Filippo Penati. Milano è in decadenza e si è "romanizzata"?

1. Dopo tangentopoli e la fine della vecchia Mediobanca, la classe dirigente ambrosiana ha perso progettualità, relegando al governo centrale le decisioni strategiche.
Il governo tutela o no gli interessi del Nord?

2. In una congiuntura in cui al governo di Roma siede la compagine più nordista della storia, le ragioni "padane", dall'Expo alle infrastrutture a Malpensa, sono frustrate.
La crisi di Milano nasce anche dall'anti-politica?

3. L'antipolitica, dopo il biennio tragico di Mani Pulite, è l'ultima ideologia esportata nel resto del paese da Milano. Nella sua variante di destra e di sinistra.
Per rilanciarla, serve una governance allargata?

4. I grandi temi di area vasta (traffico, mobilità e inquinamento), non possono essere più gestiti dalla vecchia municipalità, ma dalla città metropolitana.
Il terremoto in Abruzzo ridurrà i fondi per l'Expo?

5. La diatriba sui fondi Expo 2015 è uno dei tormentoni che hanno diviso governo ed enti locali nel corso dell'ultimo anno, non senza moniti e richiami del Bie di Parigi.

LE RISPOSTE di Guido Potestà
«Parlare di "romanizzazione" di Milano è un po' forte. In parte, però, la cosa è vera. Le scelte di Milano e su Milano sono spesso prese a Roma. Ed è vero che un governo espressione del Nord, con Silvio premier, il valtellinese Tremonti all'Economia e la Lega componente essenziale dell'alleanza, nell'ultimo anno si è dedicato molto al Centro e al Sud. Ma lo ha fatto per l'insorgere di alcune emergenze».
Guido Podestà, berlusconiano ortodosso (per 20 anni amministratore delegato di Edilnord, prima candidatura nel 1994), barba perfettamente rasata anche a pomeriggio inoltrato e caramelle alla menta e alla liquirizia ovunque stile vecchia Fininvest, snocciola le emergenze che hanno contribuito a fare perdere negli ultimi tempi centralità a Milano, orientando energie di governo e soldi verso Sud: i conti di Catania e di Roma, il collasso della sanità laziale, l'immondizia a Napoli e il terremoto in Abruzzo.
«La questione settentrionale esiste - non nega Podestà - ed è fatta di sicurezza, infrastrutture e attenzione a una economia che, qui, vale il 12% del Pil italiano. Il Pdl la deve affrontare, così da non dare troppo spazio alla Lega, con cui il rapporto è di corretta cooperazione, ma anche di competizione». Tuttavia, di fronte ai 15mila abruzzesi sotto le tende, non si può girare la testa dall'altra parte. «L'intervento straordinario post terremoto e la caduta del gettito fiscale dovuta alla crisi - ragiona - vanno tenuti in debito conto: niente tagli per l'Expo, sì però alla rimodulazione dei flussi finanziari anno dopo anno, da qui al 2015».
Fra le criticità che hanno marginalizzato Milano, c'è Malpensa: «Ho una posizione intermedia rispetto al sindaco Moratti e al governatore Formigoni - dice - : sono felice che Alitalia abbia risolto l'equivoco dell'impossibilità di due hub puntando su Fiumicino e credo che Malpensa possa risorgere liberalizzando gli slot». Sul problema della governance del territorio, Podestà evidenzia la coesione di una filiera Comune-Provincia-Regione tutta in mano al centro-destra: «Se vinco, per lo sviluppo urbanistico come per la gestione delle partecipazioni tipo Sea e Serravalle, il confronto sarà sistematico ed efficace».
Invece, non crede che il berlusconismo più spinto abbia inibito la generazione di una classe dirigente in grado di prendere decisioni senza recarsi il lunedì in villa ad Arcore. «Non andiamo mica a scocciare sempre Silvio, sulle provinciali ce la siamo sbrigati per lo più da soli». Anche se Podestà, che oggi al comizio finale viene sostenuto dal premier e da Bossi, ha potuto fare un solo mese di campagna elettorale, dato che An ha anelato a lungo alla poltrona di presidente della provincia per Riccardo De Corato, vicesindaco di Milano.

LE RISPOSTE di Filippo Penati
«Non so se Milano si sia romanizzata. Di certo, ha perso molta della sua autonomia e della sua originalità politica. La colpa è anche di noi di sinistra. Non abbiamo compreso la forza quasi rivoluzionaria del berlusconismo del 1994. Dopo Tangentopoli ci siamo ripiegati su un alfabeto politico fondato solo sulla questione morale. Non capendo che, per i cittadini, l'onestà era un pre-requisito alla capacità e non "il requisito"». L'humus dell'antipolitica, alla fine, non ha prodotto molto di buono.
  CONTINUA ...»

04 giugno 2009
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