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“Could Have, Would Have, Should Have” di Tiqui Atencio

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Libri e archivi d'artista

“Could Have, Would Have, Should Have” di Tiqui Atencio

È uscito per i tipi di Art/Book il libro “Could Have, Would Have, Should Have” (22.50 £) della collezionista londinese di origini venezuelane Tiqui Atencio. Il libro è una compilation di quasi un centinaio di interviste a collezionisti, o meglio amanti dell'arte, perché come scrive l'autrice nel primo capitolo, “sono in pochi i collezionisti che si definiscono tali […], per essere un collezionista non basta acquistare opere d'arte”. Gli intervistati vengono da ogni parte del mondo: dal curatore americano Jeffrey Deitch al tycoon greco Dimitris Daskalopoulos, dall'ereditiera e imprenditrice Maja Hoffmann alle mecenati Patricia Phelps de Cisneros e Anita Zabludowicz, fino alla collezionista saudita Basma Al Sulaiman. Le interviste non compaiono in ordine, al contrario sono integrate in 17 capitoli che esprimono, come il titolo, il lato umano di questa attività che si insinua negli interstizi tra lavoro e famiglia, impegnando virtualmente ogni frammento di tempo libero.


Atencio, dunque, mescola storie private e indicazioni per collezionisti alle prime armi come in un manuale o in una guida. A partire dall'immaginare una cornice concettuale o culturale per la propria collezione. Raccoglie, ad esempio, la storia della collezionista italiana Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, fondatrice e presidente dell'omonima fondazione torinese, che inizia a collezionare portapillole e gioielli da bambina, e acquista la sua prima opera d'arte nel 1992, dopo un tour a Londra con Nicholas Logsdail di Lisson Gallery, tra numerosi studi d'artista, incluso quello di un ancora sconosciuto Anish Kapoor. Sono molti i collezionisti intervistati nel libro che trasformano l'acquisto in una forma di iniziazione, tra visite in studio, amicizie e condivisioni di idee. Come Richard Armstrong, direttore del Guggenheim di New York, che ricorda ancora ventenne l'acquisto di due opere, di Robert Therrien e Mike Kelley, grazie a un inatteso rimborso fiscale durante i primi anni di lavoro al La Jolla, museo di arte contemporanea di San Diego.

Atencio tocca anche argomento controversi, come il successo di Jeff Koons, sgradito da molti per la miscela di kitsch, sensazionalismo, pornografia e feticismo consumista, ma supportato da un grande collezionista come Eli Broad, nonostante una gestione non sempre ottimale delle relazioni da parte dell'artista. Racconta dunque di quando Broad acquista – e finanzia – due sculture di Koons nel 1996 per riceverle solo cinque anni dopo a causa di ritardi, problemi legali e finanziari. Ma le incertezze del sistema dell'arte, e quindi del collezionismo, non sono sempre riconducibili alla gestione dell'artista, e l'esperienza di collezionisti in paesi emergenti come l'indiana Lekha Poddar offre spunti per chi è interessato a spingersi su sentieri non battuti.

Tra regole di comportamento – non trattare il gallerista come un mercante – e un po' di sana autoironia, Atencio affronta anche le professioni dell'arte, nello studio dell'artista e in fiera, in galleria e nella casa d'asta, strizzando l'occhio a chi soffre i rituali e lo scarso livello di accoglienza di un mondo in cui “c'è sempre una casa più importante della tua dove accomodare l'opera di un artista”, per usare le parole della collezionista. Ad accompagnare il viaggio virtuale di Atencio ci sono numerose vignette dell'artista Pablo Helguera, tra i più apprezzati partecipanti di Manifesta 11 a Zurigo, che mette in scena idiosincrasie, credenze e dubbi di chi sguazza nel mondo dell'arte e, nonostante tutto, proprio non riesce a farne a meno. Dopotutto, come spiega nel libro il mercante e collezionista Adam Lidermann citando l'artista Richard Prince: “Cos'altro c'è là fuori, davvero, oltre all'arte?”.

Autore: Tiqui Atencio
Titolo: Could Have, Would Have, Should Have
Editore: Art/Book
Pagine: 238
Prezzo: 22,50 £
Anno di pubblicazione: 2016

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