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Venezia, la forza dei Padiglioni

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Venezia, la forza dei Padiglioni

Per un artista rappresentare il proprio paese alla Biennale di Venezia (13 maggio-26 novembre) in un solo show è un grande riconoscimento che si riflette sulla carriera e sul mercato. Da anni si discute se il modello dei padiglioni nazionali sia ancora attuale o non sia un concetto di derivazione ottocentesca, oramai superato in un mondo globalizzato. Per alcuni artisti questa Biennale è una sfida. Quando Mark Bradford, di colore, liberale e progressista, gay dichiarato, è stato scelto per gli Stati Uniti con la mostra «Tomorrow is Another Day» era circa un anno fa e la presidenza di Donald Trump sembrava lontana. Lui stesso si è chiesto come possa rappresentare il suo paese se non si sente rappresentato dal suo governo, come ha riportato il New York Times. Conosciuto per i suoi dipinti astratti su larga scala e i collage che esaminano le economie di classe, razza e genere della società urbana degli States, il suo mercato ha vissuto una rapida accelerazione e le sue tele stratificate sono vendute sino a 4 milioni di sterline.

Contraddizioni inevitabili anche per Phyllida Barlow, la prima a rappresentare la Gran Bretagna dopo la Brexit. Nominata all’indomani del referendum, Barlow considera il risultato una scelta spaventosa e una minaccia, tuttavia rinunciare alla partecipazione avrebbe sminuito il ruolo dell’artista che è anche quello di manifestare i conflitti che viviamo. Per oltre 50 anni attiva nell’arte ma lontana dai riflettori, nel 2010 è entrata nella scuderia di Hauser & Wirth (che rappresenta anche Bradford) e da allora ha esposto alla Tate Britain, nella mostra di Okwui Enwezor della scorsa Biennale e alla Kunsthalle di Zurigo nel 2016. All’ultima edizione di Frieze, Hauser & Wirth ha venduto una sua piccola scultura a 50mila sterline. E troviamo ancora Hauser & Wirth (ci sono sempre!) che ha appena dichiarato che rappresenterà anche l’ultranovantenne Geta Bratescu, figura chiave dell’arte concettuale rumena, schierata dal suo paese nel padiglione nazionale (scheda a fianco). Artista “storico” anche per il solo show dell’Ucraina, che ha scelto Boris Mikhailov (1938) con la serie «Parliament» (2014-16). «La sua notorietà è sempre cresciuta» dichiara Andrea Costa della galleria Guido Costa Projects di Torino che lo rappresenta dal 1999. «I prezzi vanno da 5mila a oltre 1 milione di euro, perché è sempre più difficile trovare opere singole sul primo mercato e le grandi serie (quando disponibili) sono vendute in un corpus unico che può superare le 100 unità. Basse tirature, unicità dei lavori e ritocchi a mano sono alcune delle variabili da considerare di volta in volta». Lavora anche con Barbara Weiss a Berlino, Sprovieri a Londra, Suzanne Tarasieve a Parigi e Pace/MacGill a New York.

La Francia prosegue nel filone musicale avviato nel 2013 con Anri Sala e punta su Xavier Veilhan (1963). Rappresentato da Perrotin a Parigi, Nara Roesler in Brasile e Andréhn-Schiptjenko a Stoccolma, con cui lavora dal 1993 e dove le sue opere costano tra 5.000-500.000 euro.

Altri paesi hanno puntato su artisti emergenti. La Germania su Anne Imhof (1978), astro in ascesa della scena tedesca, nota per le sue lunghe performance. Ancora più giovane l’artista della Georgia: Vajiko Chachkhiani (1985) che ricostruirà una tipica casa di campagna georgiana al cui interno pioverà ininterrottamente, causando cambiamenti nel corso dei mesi d’esposizione mentre l’esterno rimarrà intatto. Daniel Marzona lo rappresenta dal 2005 come unica galleria ma crede che presto ce ne saranno altre. «Il suo mercato è solido, i prezzi variano tra 3-25.000 euro». Il Padiglione di Israele presenta Gal Weinstein, in Italia lavora con Riccardo Crespi e i prezzi delle sue opere variano secondo i media dai 3.000 ai 50.000 euro per le opere bidimensionali, tra 15-60.000 euro per le installazioni e tra 3-6.000 euro per i video. Il Belgio ha scelto un artista già noto nel paese, Dirk Braeckman (1958), rappresentato da Zeno X Gallery di Anversa e Thomas Fischer a Berlino dal 2013, dove le sue fotografie quotano 10-18.000 euro (16.000 quelle uniche). «In seguito al padiglione – rivela Thomas Fischer – avrà mostre al Bozar di Bruxelles e al M Leuven». Carlos Amorales (1970) rappresenta il Messico con il progetto «Life in the folds» dal titolo del libro del poeta Henri Michaux del 1949, in cui una voce narrante esplora i diversi modi per affrontare la sofferenza che la circonda. I suoi lavori da Kurimanzutto presentano in base ai media diversi livelli di prezzo: opere su carta 5-35mila $, dipinti 45-125mila, sculture 50-300mila, video/film 35-100mila.

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