L’arte politica è al centro del programma del gallerista Miguel Àngel Sánchez, fondatore nel 2003 della ADN Galeria di Barcellona e, dieci anni dopo, della ADN Platform, uno spazio fuori città per mostre curate e residenze.
Com’è nato il focus sulla politica nell’arte?
Negli anni in cui ho studiato storia dell’arte all’Hunter College di New York, 1997-2001, le politiche neoliberali raggiungevano la fase matura annunciando la loro egemonia nel nuovo secolo. C’era una sorta di radiazione di fondo che anticipava il grande turbamento dell’11 settembre. Si sentiva che il XXI secolo sarebbe stato l’inizio di una grande disuguaglianza distopica in tutto il mondo. Sono stato naturalmente attratto dalla cosiddetta arte critica, opposta alla maggior parte dell’arte che si vedeva a Midtown, Chelsea, Williamsburg e all’estero, generalmente molto compiaciuta e autoreferenziale. Secondo la mia modesta opinione, il registro artistico pertinente oggi dovrebbe essere di confronto e propositivo.
Qualche esempio di artista politico che la galleria ha esposto?
Jordi Colomer, 55 anni, di Barcellona, usa vari mezzi espressivi, dal teatro al video all’architettura, per riflettere sugli spazi urbani e come questi influenzino la vita quotidiana (prezzi 3.500-50.000 €), quest’anno rappresenta la Spagna alla Biennale di Venezia; la marocchina Bouchra Khalili (1975) indaga le strategie di resistenza attraverso storie che raccoglie e combina in film, video, fotografie e stampe (5.000-120.000 €); il lavoro di Marcos Ávila Forero, nato a Parigi nel 1983, immerge il pubblico in situazioni complesse di violenza sociale e politica e usa l’antropologia, la sociologia e altre discipline per offrire narrative antiegemoniche e mettere in discussione l’idea di storia (3.000-10.000 €).
Come sono percepite oggi queste opere sul mercato?
Dopo che i cosiddetti “artisti politicizzati” di recente sono stati spesso inclusi negli eventi artistici più emblematici, sempre più collezionisti privati stanno prestando attenzione alle pratiche orientate alla società, anche sostenenedone la produzione. Il mercato dell’arte non ignora le dinamiche sociali in cui si sviluppano queste pratiche artistiche.
Quindi l’interesse per l’arte politica sta crescendo?
Sì, le opere intese come veicoli di significato aiutano a codificare i nostri tempi convulsi. Mi chiedo come si possa guardare dall’altra parte in un’era così conflittuale.
Quali artisti segue ora con interesse?
Iván Argote, colombiano, classe 1983, indaga la sfera storica, economica, politica e morale coinvolgendo il corpo e le emozioni e riflettendo sul modo in cui costruiamo le certezze. Il suo scopo è mettere in discussione la storia e la visione dominante (4.000-60.000 €). Núria Güell, spagnola, nata nel 1981, analizza come gli apparati politici influenzino la nostra soggettività e le strategie che le istituzioni dominanti usano per mantenere lo status quo, come le banche e il sistema giudiziario. È molto connesso alla sua vita personale (1.200-18.000 €). Anche il cubano Adrian Melis, 1985, parte dall’attuale situazione socioeconomica a Cuba e in Europa e riflette su come le strutture influenzino le vite quotidiane. Ha affrontato temi come la disoccupazione, la burocrazia, la corruzione, sempre con un pizzico di ironia (1.000-15.000 €).
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