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Maccaferri: dal contemporaneo al vintage

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Maccaferri: dal contemporaneo al vintage

Paolo Gioli. Questo volto non è il mio volto dalla serie Vessazioni (2010). Polaroid 50x60 + trasferimento su acrilico, camera ottica
Paolo Gioli. Questo volto non è il mio volto dalla serie Vessazioni (2010). Polaroid 50x60 + trasferimento su acrilico, camera ottica

Per un collezionista di arte o fotografia contemporanea, scegliere di acquistare fotografie degli anni ’70 è come fare un salto nel vuoto perché cambiano le regole e gli interlocutori di riferimento. Eppure le opportunità non mancano: lo sanno Antonio e Annamaria Maccaferri, che ci hanno provato due anni fa e non si sono pentiti. Bolognesi e collezionisti di arte contemporanea dal 2001 hanno quasi 200 opere e in maggioranza foto in quanto entrambi appassionati della tecnica. «Abbiamo esordito con il mito della Scuola di Düsseldorf, poi ci siamo interessati ai giovani artisti come Vanessa Beecroft e Tobias Zielony, e solo per caso abbiamo incrociato l’opera di Luigi Ghirri, fotografo e intellettuale influente dagli anni ’70» racconta Antonio Maccaferri, azionista e consigliere della Seci SpA a Bologna. E aggiunge: «Da quell’incursione non cercata abbiamo capito quale fosse il potenziale della storia, e di come autori tra cui Paolo Gioli, Franco Vaccari o Francesca Woodman influenzino generazioni successive». Certo, ciò ha richiesto un cambio di prospettiva sul mercato, soprattutto nel caso dei vintage, che possono valere fino a dieci volte più di una stampa tarda o moderna, ma per Maccaferri: «restituiscono la relazione tra fotografo e materiale» rappresentando in modo più completo il processo fotografico, dallo scatto alla stampa. «Comprare il contemporaneo significa entrare in una spirale di mode e manie per colore e dimensioni, e non c’è certezza che il prezzo a cui hai acquistato si mantenga negli anni, però sei garantito sulle edizioni» spiega Maccaferri. Invece «nel campo della fotografia degli anni ’70, nessuno ha informazioni certe su numerosità delle opere e formati disponibili e la provenienza è indeterminabile perché c’è un vivace mercato secondario».

Certo se l’opera è unica la questione non sussiste: come nel caso di Franco Vaccari, di cui Maccaferri possiede un’«Esposizione in tempo reale n.4» della Biennale di Venezia del 1972, o di Paolo Gioli — dalla galleria Massimo Minini a 8-15mila euro — di cui ha acquistato un’opera della serie «Vessazioni», dove l’artista costruisce un dialogo tra tecnologia fotografica e pittura mediato da polaroid e acrilico. Nel caso di fotografia analogica tradizionale e in mancanza di fonti sicure, i rischi sono dietro l’angolo, ma ci sono espedienti per mitigarli: «Ad esempio conoscere il fotografo, e spesso è anche un’esperienza di grande valore come per noi è stato l’incontro con Franco Vaccari, e poi affidarsi a una galleria rispettata con la quale costruire un rapporto di fiducia come Lia Rumma, Massimo Minini e P420», aggiunge Maccaferri. Insomma tuffarsi nel passato richiede impegno, ma ripaga. «Il piacere di entrare in possesso della storia non è più possibile per molta fotografia internazionale perché spesso le stampe vintage ancora disponibili valgono più di 100mila euro» conclude il collezionista. La buona notizia è che per la fotografia italiana il momento giusto è proprio adesso.

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