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Fotografia italiana anni 70 può crescere in valore

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Fotografia italiana anni 70 può crescere in valore

Il mercato della fotografia artistica in Italia ha un limite, ed è la mentalità degli italiani stessi che per troppo tempo hanno trattato la fotografia come la Cenerentola dell'arte a causa della sua riproducibilità. È vero soprattutto per la fotografia italiana degli anni 70, che è stata apprezzata solo per il suo valore documentaristico e non per quello artistico. “Sono gli anni delle proteste, delle lotte per il divorzio e l'aborto, delle denunce dell'inquinamento e del consumismo” spiega Giovanni Carabalone, esperto di fotografia della casa d'aste fiorentina Maison Bibelot, “tutti temi strettamente legati alla fotografia degli anni 70, ma solo ora si inizia a capire che quegli scatti non hanno solo valore documentaristico, ma chi li ha fatti aveva un occhio allenato al bello, da pittore. Pensiamo a Paola Agosti per il movimento femminista, a Uliano Lucas e Sandro Becchetti, a Carlo Bavagnoli che ha raccontato la gente di Trastevere, a Lisetta Carmi, Mario Dondero e Gabriele Basilico, che ha narrato le piazze, i monumenti e i palazzi. I loro valori sono ancora fortemente sottovalutati, a partire da 1.000-2.000 euro, ma crediamo che debbano crescere, anche perché non hanno una produzione così grande e non stampavano molto (e quando si parla di investimento in fotografia, si sa, vale la regola del vintage), per cui ora ancora si trovano sul mercato, ma non andrà avanti per molto”.

Un mercato non strutturato. Il problema, inoltre, è che i fotografi italiani degli anni 70 non avevano la consapevolezza del loro lavoro come, invece, americani e francesi - che infatti oggi godono di un mercato molto forte e strutturato - e non usavano controllare edizioni e tirature dei loro scatti, per cui quando si compra la fotografia italiana dell'epoca più che guardare all'edizione bisogna assicurarsi che si tratti di una stampa vintage. “In quegli anni la fotografia non aveva mercato come lo si può intendere attualmente” spiega Maura Parodi, esperta di fotografia di Aste Boetto a Genova, “era un mezzo per documentare gli avvenimenti, e le immagini venivano destinate alla stampa su giornali e riviste. Per questo molte stampe vintage oggi provengono da archivi ed agenzie fotografiche dell'epoca. I prezzi vanno da 2.000 a 40.000 euro, ma sono ancora sottovalutati autori come Ugo Mulas, che sicuramente potrebbe avere dei risultati più significativi rispetto alla sua rilevanza nella storia della fotografia, Mario Cresci, Guido Guidi e Paolo Mussat Sartor”.
Fotografia e arte concettuale. Ma negli anni 70 c'è anche tutta una serie di artisti concettuali che hanno utilizzato la fotografia nella loro ricerca e avviato una riflessione sul mezzo fotografico, su che cosa rappresenta tra realtà e finzione, estetica e teoria di grande importanza. A conferma del loro valore artistico Silvia Bertelli, anche lei esperta di fotografia e consulente per le case d'asta, cita un passaggio di un grande nome come quello di Quentin Bajac, chief curator per la fotografia al MoMA e precedentemente al Pompidou e al Musée d'Orsay, che ha scritto che “in nessun'altra scena artistica europea è stata condotta - con la stessa costanza e nello stesso periodo - un'azione simile di indagine del mezzo fotografico”, una decostruzione della fotografia che è duplice: da un lato interessa il mezzo fotografico in sé e il processo di realizzazione dell'immagine (chimico, ottico, meccanico, umano) e dall'altro la disgregazione dell'immagine fotografica e, quindi, della sua stessa rappresentazione.
“Pensiamo ad artisti come Franco Vaccari, Paolo Gioli, o Michele Zaza - continua Silvia Berselli - che esponeva da Sonnabend, ma è stato penalizzato perché lavorava con la fotografia. Ora sta crescendo: una sua serie di sette-dieci pezzi quota intorno a 16.000 euro, mentre fino a sette-otto anni fa andava invenduta a 6-7.000 euro. Il problema è che all'estero nessuno li conosce, i collezionisti non hanno mai visto loro mostre. L'unico che ha un mercato internazionale è Luigi Ghirri grazie al lavoro dell'archivio e della galleria Matthew Marks. Il mercato ha bisogno che ci sia visibilità e sostegno culturale, di galleristi, di un sistema museale e di storici dell'arte che si occupino di fotografia”.
Il mercato internazionale. È d'accordo Roberta Dell'Acqua, esperta d'arte moderna e contemporanea da Sotheby's, che come casa d'aste è stata pioniera nel cercare di far crescere un mercato della fotografia in Italia. “Le aste che abbiamo organizzato nel 2002-03 non hanno avuto grande riscontro perché in Italia manca la cultura del collezionismo del multiplo e del lavoro in edizione” spiega Dell'Acqua. “Da questa mancata affermazione della fotografia in Italia deriva la conseguente difficoltà di proporre fotografi italiani all'estero e di inserirli in un contesto internazionale con i grandi fotografi americani e francesi che, invece, hanno un bacino di collezionisti e galleristi che li sostengono da tempo. Inoltre i fotografi italiani solo negli anni 70-80 capirono che il mercato esige tirature limitate e solo allora cominciarono a monitorare le edizioni. Per tanti anni, invece, non era stato fatto niente e questo crea grandi difficoltà”.
Ma ci sono prospettiva di crescita? “Se qualcosa succederà, accadrà di pari passo con l'arte contemporanea - risponde Dell'Acqua -. Il mercato oggi è sempre più esigente, i nomi richiesti si restringono sempre di più e sparisce la separazione tra artista e fotografo a scapito di quei fotografi medi o più locali, mentre cresceranno i nomi che possono essere messi in dialogo con gli artisti internazionali. Il diktat - non solo per la fotografia ma in generale - è: nomi giusti, lavori storici e documentati. Spero che alcuni nomi importanti come Ghirri, Basilico, Mulas, Cresci e Vaccari riescano a fare il salto”.
I libri fotografici. Una nota a parte, infine, merita il tema dei libri fotografici, mercato che è stato rivoluzionato dalla serie di volumi “The Photobook. A history” di Martin Parr e Gerry Badger, che ha creato un interesse collezionistico per i libri fotografici e anche quelli italiani, che nel nostro paese nessuno prendeva in considerazione. “Ciò vale tanto più per la fotografia degli anni 70” spiega Maura Parodi di Aste Boetto, “e in particolare per i libri di documentazione sociale e di protesta, a cui è dedicato il terzo volume di quell'opera. Accade così che alcune prime edizioni, ad esempio, di Uliano Lucas, Tano D'Amico, Paola Mattioli, Aldo Bonasia, Lisetta Carmi, Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati possano raggiungere quotazioni che non hanno le loro stampe. E non è un caso allora forse se l'interesse per questi fotografi, o per altri foto-reporter di quella generazione (Paola Agosti, Fausto Giaccone e Marialba Russo) si sia sviluppato più che nel mondo delle gallerie d'arte e fotografia (che peraltro in generale in Italia stentano a mettere in campo di progetti ambiziosi sulla fotografia del 900), in quello delle librerie antiquarie, degli studi bibliografici”.

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