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Le donne sottovalutate della Poesia Visiva

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Le donne sottovalutate della Poesia Visiva

TOMASO BINGA, Scrivere non è descrivere, 2015, exhibition view, photo: Danilo Donzelli
TOMASO BINGA, Scrivere non è descrivere, 2015, exhibition view, photo: Danilo Donzelli

Se la Poesia Visiva italiana è una corrente ancora tutta da scoprire e rivalutare sul mercato, ancora di più lo sono le protagoniste femminili di questo movimento, che furono le più radicali. A loro è dedicata una mostra intitolata “MAGMA il corpo e la parola nell'arte femminile”, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, che si terrà all'Istituto Centrale per la Grafica a Roma a partire dal 25 gennaio 2018. Tra i prestatori delle opere che verranno esposte c'è il collezionista Giuseppe Garrera (anche membro del comitato scientifico della mostra), che da tempo ha scoperto la forza delle donne della Poesia Visiva.

Perché nella sua collezione ha deciso di concentrarsi sulle donne della Poesia Visiva? Che cos'hanno di speciale le artiste femminili di questo movimento?
Colleziono operatrici della ricerca visuale, soprattutto degli anni ‘60/'70, perché le loro scritture sono scritture del disagio, della coscienza traumatizzata dell'essere state donne, perché smascherano la lingua come potere costituito ed esercizio di arroganza, sempre. Le loro opere mi sembrano contenere un'indicazione precisa di profonda sfiducia nei confronti dell'apparato linguistico e del sistema della grammatica del mondo. I gesti delle mani, come dialoghi dolcissimi tra sordomute, di Ketty La Rocca, i gorgoglii e i rantoli di Patrizia Vicinelli, i geroglifici di Anna Oberto alludono in primo luogo alle mormorazioni, alle cantilene, alle mutilazioni, agli infiniti sospiri della storia delle donne, e ad una colpa che la nostra civiltà patriarcale non potrà mai espiare. Tutta la scrittura femminile è inconsolabile, e sogna e dice di un altro mondo: penso all'uso del filo ed ago di Maria Lai che rifà i segni della sollecitudine dei lenzuoli, delle tovaglie, dei lini funebri, delle vesti con cui le donne hanno ricamato e sostenuto le esistenze in maniera molto più potete e persuasiva di ogni trattazione verbale; o penso ancora ad un libro segreto di Renata Prunas fatto con le calze di nylon delle sue gambe e divenuto pagine di miele e garze luminose; meravigliosi poi i lenzuoli della Amelia Etlinger, sudari fioriti in cui le lacrime sono nappi e frange e filati d'organza (molte opere della Etlinger sono ad esempio missive ricamate all'uncinetto inviate alle sue amiche); ad esempio c'è un pezzo che io e mio fratello Gianni abbiamo acquistato di recente di Ruth Wolf-Rehdfeld stupefacente: una cartolina, una semplice cartolina con disegnate due gabbie con le lettere della macchina da scrivere (lei era una dattilografa): nel regime poliziesco e claustrofobico della DDR lei inviava in giro per il mondo questi biglietti di auguri, sfuggendo così al controllo della polizia, in cui denunciava la sua condizione e allo stesso tempo, con l'inviarli, realizzava desideri di fuga, di volo e libertà. Alla caduta del muro di Berlino ha cessato di fare l'artista: non c'erano più ragioni. Oggi è una delle artiste più ricercate e rare perché in lei il mestiere di dattilografa, la mail-art, e la crudeltà di un potere risultano pura poesia e segno indelebile della creazione.

Chi sono le più importanti artiste della Poesia Visiva?
Oltre a quelle nominate ricorderei, per la forza di denuncia della strumentalizzazione del corpo della donna, Lucia Marcucci e Tomaso Binga (ovviamente il nome maschile deve ingannare e sfuggire ai pregiudizi); per le tessiture, per certi rammendi in fili d'oro, Greta Schödl; per tutta una pratica di silenzi e sussurri, Betty Danon e Giustina Prestento.

Dove si comprano le loro opere?
Trovare le opere di queste artiste non è stato e non è facile. In genere le ho cercate dalle autrici stesse, quando possibile, perché significava per me in primo luogo conoscerle, sentirmi raccontare storie a cominciare dalla difficoltà di essere negli anni '70 artiste e donne. Per il resto molta attenzione ai pezzi che passano nelle aste o che si trovano in cataloghi di Studi bibliografici di settore.
In questo caso il collezionare diviene una forma d'esercizio di attenzione e devozione e di debiti di riconoscenza tanto più che le opere di molte di queste artiste si acquisiscono ancora con poche centinaia di euro.

E chi sono quelle sottovalutate ancora da scoprire?
Direi che tranne Ketty La Rocca e Maria Lai, che hanno ormai raggiunto prezzi considerevoli, per il resto si tratta ancora di terre tutte da scoprire con personalità come quella di Anna Oberto, della Etlinger, della stessa Mirella Bentivoglio molto lontane ancora dall'avere il dovuto riconoscimento.
Ad esempio, di Renata Prunas ho trovato pochissimo e non so quasi niente, ma quel poco mi sembra annunciare una favola; è che molte di loro non si sono preoccupate del mercato, hanno agito per urgenze e per sanare ferite che poco hanno a che fare con il mercato e gli scatti di carriera. Una delle più belle opere che mio fratello ha acquisito della Etlinger (parliamo di un'artista straordinaria dalla vita solitaria e randagia, morta suicida nel 1986) è un drappo fiorito di ricami come augurio di un'eterna primavera inviato in dono a Mirella Bentivoglio con il titolo di Love, dunque non altro che un regalo pieno d'affetto e riconoscenza per un'amica.

In che modo hanno influenzato le generazioni successive?
Ho la netta impressione che qualche cosa si sia persa del tutto della ricerca visuale femminile perché purtroppo il femminismo è diventato un repertorio acquiescente, un baule sclerotizzato e, se non le ambizioni certo le preoccupazioni di mercato o di carriera dettano alle artiste strategie e percorsi di rivolta innocua o che soprattutto soddisfano il sistema (è difficile trovare un'artista che metta a repentaglio se stessa); credo che quel tipo di ricerca abbia abortito come gran parte dell'orizzonte di lotta femminile, rimasta agli inizi.

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