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Archivi che lavorano al fianco della Tpc

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Archivi che lavorano al fianco della Tpc


A sinistra, Agata Boetti Direttrice dell’Archivio. A destra, Anna Angeli Presidente dell’Archivio
A sinistra, Agata Boetti Direttrice dell’Archivio. A destra, Anna Angeli Presidente dell’Archivio

Anche nell’arte dietro l’eredità morale di un grande maestro c’è sempre un’infaticabile donna, moglie, sorella o figlia che sia. I principali responsabili di archivi e fondazioni degli artisti italiani del 900 che hanno lavorato bene allo studio e al recupero del lascito culturale di autori portano i nomi di Agata Boetti, Maria Angeli, Anita Festa, Gaia Tacchi, Elena Manzoni insieme a Giuseppe e molte altre. «Sono quasi 25 anni che difendo l’opera di mio padre con mio fratello e prima con mia madre – racconta Agata, figlia di Alighiero Boetti e direttrice dell’Archivio Alighiero Boetti –. Prima di tutto ci vuole rigore, almeno una volta al mese lavoriamo con i Carabinieri della Tpc e la situazione è totalmente sotto controllo per contrastare i falsi messi in circolazione, anche quando Boetti era vivo. La produzione conta circa 9.000 opere autentiche. Il mercato si sta ripulendo. I falsari pensano che il ricamo – come quello pubblicato su Plus24 la settimana scorsa che l’Archivio ha fatto immediatamente sequestrare appena presentato alla perizia – sia facile da rifare, ma posso assicurare che vi sono molti criteri idonei a rivelare se l’opera è buona o no. Nelle grandi tipologie di opere come le Mappe e i Tutto non ci sono problemi di falsi, ma per i piccoli ricami e opere su carta sì, soprattutto perché non sempre fatte da Boetti: come artista concettuale sceglieva le frasi e le spediva in Afghanistan e Pakistan perché fossero ricamate: si tratta di ‘multipli unici', un esemplare o cento tutti diversi, ricamati con colori diversi scelti inizialmente da Boetti e poi dalle donne afgane. I piccoli ricami vengono studiati su criteri interni all’archivio, che devono tutti coincidere. Molti collezionisti si lamentano perché non rilasciamo nessun certificato senza analizzare l’opera dal vero». Come si riconosce un falso Boetti? «Non possiamo rivelare i criteri scientifici per non dare informazioni ai falsari» prosegue Agata. « In molti casi c’è un tecnico del tessuto del ricamo, un grafologo per le biro e le matite e la carta». Lavorate con qualche galleria in particolare? «Boetti non si è mai legato ad una galleria e noi assistiamo chi ha bisogno di aiuto, chi vuol fare una mostra per esempio. Collaboriamo anche con le case d’asta che non mettono niente in vendita, pure opere con certificato, se non prima averci mandato tutto e ricevuto l’ok». E pensare che le autentiche che costano da 350 a 1000 euro coprono solo la metà delle spese dell’Archivio Boetti.

Lavoro certosino anche per Maria Angeli per combattere la contraffazione dell’opera di suo padre Franco Angeli. «Le tipologie di lavori più a rischio sono le opere seriali degli anni ’80 che venivano create da mio padre con mascherine e per cui più facilmente riproducibili, tipicamente i half dollar poi gli aerei e, in generale, opere con soggetti geometrici come piramidi e obelischi».

Quanti casi di falsi avete in un anno? «In genere non abbiamo casi di falsi ma opere che non riteniamo archiviabili, il numero di opere dipende molto dal mercato e dall’attenzione su Franco Angeli. Ringrazio il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale per l’eccellente lavoro per proteggere contro la contraffazione delle opere di papà» conclude la figlia.

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