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Quanto conviene investire nell’arte? Il confronto con oro e mattone

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Quanto conviene investire nell’arte? Il confronto con oro e mattone


«Study for a Head», 1952,  Lang Collection; «Kiss III», 1962, dalla  Mayer Family Collection; «Untitled» 1960,  dalla collezione del S.F. MoMa; «Buffalo II» 1964, dalla  Mayer Family Collection.
«Study for a Head», 1952, Lang Collection; «Kiss III», 1962, dalla Mayer Family Collection; «Untitled» 1960, dalla collezione del S.F. MoMa; «Buffalo II» 1964, dalla Mayer Family Collection.

L’arte è sempre stata costosa, ma soprattutto per i capolavori ci sono sempre soldi pronti per l’acquisto. Il valore dell’arte non lo fa il prezzo, come talvolta si arriva a pensare, ma il suo posto nella storia e nel presente di chi la osserva. Oltre ad essere per i collezionisti e investitori un passion investment, un asset reale e un bene di lusso, è soprattutto un bene collettivo e identitario da tutelare e valorizzare. L’arte è tante cose insieme: «È plagio o rivoluzione» scriveva Paul Gauguin. Per questo è difficile misurarne il valore, definirne uno standard di valutazione, costruire un track record e necessita, di volta in volta, di: «Conoscenze sempre più precise, in grado di sopperire alla mancanza di standard e regolamentazioni armonizzate a livello internazionale» dice bene Saverio Perissinotto, direttore generale Intesa Sanpaolo Private Banking.

LA CAPACITÀ DELL'ARTE DI REAGIRE ALLE CRISI: IN DIECI ANNI IN ITALIA E IN 14 NEL MONDO BATTE SEMPRE L'INVESTIMENTO IMMOBILIARE
(Fonte: © Artprice.com e copyright su Artprice100©)

Come molti sanno il mercato dell’arte è illiquido, presenta livelli di rischio difficili da monitorare, è alimentato da informazioni privilegiate e conflitti d’interesse, è mosso da una cerchia ristretta di persone. L’arte non può essere considerata alla stregua di un qualsiasi altro strumento finanziario: i “suoi tempi” non lo consentono. Il suo valore non è determinato unicamente da fattori intrinseci (autore, periodo, unicità, soggetto, dimensioni, stato di conservazione, attribuzione, provenienza, pubblicazioni e critica, certificazione museale, ecc.), ma anche e, a volte, in modo sostanziale da elementi esterni variabili come la piazza d’offerta, la velocità di scambio, le modalità di vendita, la regolamentazione fiscale e il diritto alla circolazione, il gusto del momento e la liquidità sui mercati finanziari. Essere ben informati è essenziale.

E quasi sempre collezionare è un attività diretta, solo talvolta intermediata da operatori. Ma questa attività necessita di molte competenze, che un servizio di art advisory spesso è in grado di offrire. Anche la domanda, cioè i collezionisti, stanno cambiando: i millennials sono veloci e comprano sul web, spesso appartengono al mondo della finanza, del commercio online e delle start up: hanno fame d’informazioni e sono attivi sul contemporaneo e sul design.

In Italia le scelte prevalenti dei clienti delle private bank monitorate dall’indagine di Plus24, confermano il trend di mercato: in cima all’interesse c’è l’arte del dopoguerra e contemporanea, seguita dal 900 e dal moderno.

Le tendenze
L’arte, spesso definita soft power, non è avulsa dalla scena economica e politica, spesso evidenzia tendenze in corso. Così mostre e mercato dell’arte, quasi mai disgiunte, possono soffrire di barriere doganali o di norme restrittive sulla circolazione o della fine della privacy con lo stop al segreto bancario, godono di porti franchi e di norme sull’esportazione di valuta, sono sensibili a leggi patrimoniali, alla tassazione del capital gain e all’aumento dell’Iva. L’arte insomma non è mai solo quello che ci appare: per questo comprare un capolavoro o una bellissima carta di un grande autore (si abbattono i costi) porta con sè tante informazioni. E vincere la caccia all’informazione privilegiata fa la differenza. In questa gara oramai è entrato anche il mondo della finanza e la gran parte degli istituti di credito nazionali e internazionali offrono consulenza sull’arte, riconosciuta come asset alternativo utile alla diversificazione del patrimonio.

E la sua finanziarizzazione è sempre più evidente dal 2017, quando il mercato ha ripreso a correre con passo più selettivo, dal ritorno massiccio delle garanzie in asta. Le case d’asta per accaparrarsi il venditore garantiscono la vendita dell’opera con garanzie dirette o di parti terze, così arriva sul mercato di fatto già “quotata” con possibile effetto “bolla”. Ancora sul web c’è chi costruisce piattaforme per offrire opere frazionate in quote, chi introduce la blockchain, chi con l’intelligenza artificiale costruisce modelli previsionali sui futuri trend dei prezzi in asta e chi cerca di cartolarizzare le opere come sottostante all’emissione di bond. La finanza creativa è al lavoro!

A noi è sembrato più onesto confrontare il trend dei prezzi degli artisti italiani, che vanno per la maggiore, con altri asset reali, gli indici degli immobili. Cosa emerge? Sia sulla scena italiana che su quella internazionale le opere di qualità e valore battono il mattone, mentre non superano di poco il valore dell’oro. E già una certezza non così banale per gli italiani grandi possessori di case. La buona notizia poi per il mercato dell’arte italiana moderna e contemporanea è che le aste milanesi di questo aprile di Christie’s e Sotheby’s hanno registrato ottimi risultati con fatturati superiori alle attese e molti nuovi record per gli artisti italiani. Effetto Brexit? Effetto qualità? Il tempo lo dirà.

I rischi
Ovvio che chi sceglie di diversificare il proprio patrimonio con questo asset deve fare attenzione ai falsi (gli ultimi sequestri dei Modigliani rivelano l’orchestrazione che spesso c’è dietro un falso). Solo nel 2018 i Carabinieri della Tutela Patrimonio Culturale hanno sequestrat0 1.232 falsi, di cui 953 nell’ambito del moderno e contemporaneo. E poi attenzione alla manipolazione dei prezzi dell’arte verso l’alto, dietro può nascondersi riciclaggio di denaro e trasferimenti di valuta in paesi fiscalmente più vantaggiosi. L’arte non è mai solo arte!

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