Arte Fiera sta mettendo a punto per la prossima edizione, a gennaio 2020, una sezione dedicata alla pittura, il più tradizionale dei mezzi espressivi. Può sembrare un controsenso, eppure la pittura contemporanea, soprattutto quella figurativa, in Italia sta tornando solo ora alla luce della ribalta, assecondando una tendenza che all’estero esiste già da tempo. Per anni la pittura contemporanea in Italia è stata alquanto trascurata, come dimostra il fatto che artisti di grande successo internazionale come il tedesco Neo Rauch e il belga Luc Tuymans siano solo ora protagonisti di mostre personali nel nostro paese, rispettivamente alla Fondazione Coppola a Vicenza (fino al 31 agosto) e a Palazzo Grassi a Venezia (fino al 6 gennaio 2020).
«Mi interrogo spesso su questa interruzione dell’interesse per la pittura in Italia dopo la Transavanguardia – dice Davide Ferri, curatore della nuova sezione “Pittura XXI” della fiera di Bologna, – ed è complesso rispondere. Alcune ragioni potrebbero avere radici in un decennio complicato e molto connotato, in Italia in particolare (ma anche in Germania e Stati Uniti), e nel legame molto stretto tra gli anni ’80 e il medium pittura, producendo un effetto di saturazione e stimolando una reazione verso altri linguaggi. Inoltre la Transavanguardia mi sembra un’esperienza dell’arte italiana un po’ ingorda e fagocitante, una stagione che non ha lasciato eredi. E, infine, c’è l’endemico provincialismo del sistema italiano, a cui la pittura, da un certo momento in poi, è parso un medium troppo rassicurante, quando non reazionario e retrivo».
Una visione condivisa dalla gallerista milanese Monica De Cardenas, tra i pochi a dare visibilità alla pittura negli anni ’90, che rappresenta Chantal Joffe, classe 1969: «capace di ottenere fluidità ed espressività con poche pennellate e di rendere la precisione psicologica dell’istante, dell’umore delle figure ritratte (15-90.000 euro, ndr)» spiega e Jules De Balincourt, classe 1972, che, con colori fluo ma trasparenti, dipinge scene tra il reale e l’onirico con toni spesso utopici o politici (30-100.000 euro). «In Italia la pittura tende a essere vista come una tecnica “tradizionale” o superata – prosegue la gallerista, – non viene nemmeno più insegnata nelle accademie e scuole d’arte, in netto contrasto con l’estero». Tra i giovani De Cardenas propone l’inglese di origine indiana Benjamin Senior, che dipinge con l’antica tecnica della tempera all’uovo scene di vita contemporanea (7-18.000 euro) e Ivan Seal, inglese che vive a Berlino, che tematizza la pittura stessa e la sua abilità di dare realtà e plasticità a figure e oggetti immaginari (6-20.000 euro).
Negli Stati Uniti, nella Gran Bretagna o in Germania non si è mai smesso di dare spazio alla pittura. «Nelle accademie tedesche artisti come Gerhard Richter, Georg Baselitz, Daniel Richter, Peter Doig, Albert Oehlen cercano i loro colleghi tra gli studenti. I collezionisti lì sono molto avvezzi alla pittura, che è ben presente in fiere come Art Cologne» spiega Dario Bonetta della galleria A+B Gallery di Brescia, che rappresenta l’artista Nazzarena Poli Maramotti. «Emiliana, classe 1987, di base a Norimberga, è capace di suggerirci una classicità perduta, dove la pittura con le sue differenti materialità e gestualità è protagonista con colori inediti e mediati dalla tradizione italiana e tedesca, in un continuo avanzare ed arretrare dalla figurazione o astrazione negando entrambe» (1.500-6.800 euro).
Lo conferma Anna Abbà della galleria milanese Francesca Minini: «Da sempre i nostri più assidui collezionisti di pittura, che seguono artisti come Armin Boehm (9-45.000 euro), Matthias Bitzer (15-50.000 euro) e Giulio Frigo (5-15.000 euro), vengono dall’area mitteleuropea, in particolare dalla Germania. Recentemente ho riscontrato un sempre maggior interesse per questo mezzo espressivo anche fra i più giovani, anzi giovanissimi collezionisti, che sicuramente vedono nella pittura qualcosa di più “facile” e “sicuro” da cui partire. Inoltre, parlando in particolare di Giulio Frigo, grandi collezionisti di pittura sono anche in Cina, Taiwan e Singapore».
Un’altra galleria italiana attiva in questo segmento è Monitor di Roma. «Da quando nel 2013 è entrato nel nostro programma Claudio Verna, uno dei maggiori esponenti della pittura analitica italiana – racconta la gallerista Paola Capata – ci siamo chiesti come lavorare con la pittura, cercando anche di fare un ragionamento scientifico e programmatico nei confronti di un media che in Italia tuttora subisce un certo ostracismo. Ho subito capito che non mi interessava l’astrazione. Con la figurazione non si scherza: puoi fare un bellissimo quadro astratto che ha in sé tutte le regole della storia dell’arte, ma non puoi mentire con la figurazione: se è piatta, scialba, tecnicamente bellissima, ma senza riferimenti precisi, la figurazione non esiste, il quadro non regge. Mi interessa una pittura che non mette in pace, che non appaga immediatamente, che mette in discussione, come quella di Thomas Braida (3-25.000 euro), che rappresento dal 2014. Subito dopo si è inserito in programma Nicola Samorì (7-50.000 euro) e da ultimo Matteo Fato (3-25.000 euro), che rappresenta un ulteriore passo avanti perchè ha sviluppato una componente fortemente installativa, una sorta di “meta-pittura” pur rispettando i canoni della figurazione».
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