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Il petrolio?  Si prepara a ripartire. Parola di ex Goldman Sachs

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Il petrolio? Si prepara a ripartire. Parola di ex Goldman Sachs

Alla fine del 1979 iniziai a lavorare alla mia tesi di dottorato, un’indagine empirica sulle eccedenze e le disponibilità dell’Opec. Era la fine di un decennio nel corso del quale i prezzi petroliferi avevano subito due drammatiche impennate, e la maggior parte dei vari esperti dell’epoca fiduciosamente prediceva che avrebbero continuato a salire alle stelle, passando da meno di 40 dollari al barile – un massimo da record, per quei tempi – a più di 100. Quando nel 1982 terminai la mia ricerca, il prezzo del petrolio aveva iniziato quella che sarebbe diventata una caduta ventennale.

E non avrebbe sfiorato i 100 dollari al barile prima del gennaio 2008. Ero solito scherzare, dicendo che la cosa più importante appresa nel corso della mia ricerca era non cimentarsi mai nel prevedere il prezzo del petrolio. Uno dei grandi interrogativi sul 2015 è se questo calo continuerà (oggi sui mercati il Brent scivola a 48,8 dollari e il Wti a 47, ndr). Nonostante il mio cinismo in passato, penso di sapere la risposta. Nel corso degli ultimi 33 anni ho avuto molteplici occasioni per studiare sia i prezzi petroliferi sia i tassi di cambio stranieri, oltre all’opportunità di sovrintendere a un dipartimento di ricerca di persone qualificate incaricate di cercare di prevedere l’andamento di entrambi.

L’esperienza mi ha lasciato una bella dose di scetticismo, per non parlare dei lividi. Credo tuttavia che sia possibile fare una previsione a grandi linee sulla direzione che imboccheranno i prezzi petroliferi. Nel corso della mia carriera ho cercato di capire se esistesse qualcosa che si possa definire “prezzo di equilibrio del petrolio”. Ho trascorso ore e ore a cercare di indirizzare, persuadere e implorare i miei analisti energetici affinché creassero un modello che potesse individuarlo, proprio come esiste un modello per le valute, il rendimento dei titoli obbligazionari e azionari. Ho discusso questa idea anche con esperti del mondo dell’industria, la maggior parte dei quali crede che un modello siffatto esista, ma anche che oscilli molto, in quanto è fortemente influenzato dal costo marginale della produzione del petrolio, di per sé una variabile instabile.

Sono giunto alla conclusione che un segnale eccellente di questo equilibrio in costante movimento di fatto esiste, ed è il prezzo dei contratti petroliferi quinquennali a termine, ossia la cifra pagata per la consegna garantita di petrolio tra cinque anni. Nella mia costante ricerca volta a migliorare le mie capacità di previsione, alcuni anni fa ho iniziato a prestare attenzione alle variazioni del prezzo del petrolio dei contratti quinquennali a termine rispetto al prezzo spot del Brent, il prezzo di un barile di greggio oggi. Ritengo probabile che il prezzo del petrolio dei contratti quinquennali a termine sia di gran lunga meno influenzato dalla speculazione nel mercato petrolifero del prezzo spot, e sia più rappresentativo delle reali esigenze commerciali. Pertanto, quando il prezzo dei contratti quinquennali a termine inizia a deviare rispetto alla direzione del prezzo spot, ne prendo nota.

Nel 2011, dopo che entrambi i prezzi si sono ripresi dal crollo provocato dalla crisi creditizia del 2008, il prezzo dei contratti quinquennali ha iniziato gradualmente a diminuire, mentre il prezzo spot ha continuato per qualche tempo ad aumentare considerevolmente. Ciò concorda con quelli che avevo indicato essere i due fattori più importanti e fondamentali ai fini della definizione del prezzo del petrolio: l’inizio dello sfruttamento del petrolio e del gas da scisto negli Stati Uniti, e la svolta in Cina nel prestare un’attenzione economica diversa, passando dalla quantità alla qualità, il che implica che l’economia cinese smetterà di consumare energia a ritmo frenetico come ha fatto finora.

Sono così pervenuto alla conclusione che esisteva una buona possibilità che i prezzi del petrolio fossero arrivati al loro picco massimo e che dopo non molto i prezzi spot avrebbero invertito la rotta e avrebbero iniziato a diminuire. Ho pensato che probabilmente avrebbero iniziato a tornare intorno agli 80 dollari al barile — ossia proprio il prezzo raggiunto dal petrolio alla fine del 2014. Il prezzo spot di recente è sceso addirittura sotto quella soglia. Questa è stata una delle mie previsioni migliori. Non mi occupo più di previsioni per lavoro, ma una cosa certa la so: i prezzi del petrolio scenderanno o saliranno.

Suppongo anche di sapere con certezza in quale direzione andranno. Di recente ho letto un articolo nel quale si suggeriva che qualora i prezzi petroliferi rimanessero ai livelli degli ultimi tempi, la produzione negli Stati Uniti di gas e petrolio di scisto l’anno prossimo potrebbe essere inferiore del 10% rispetto alle più recenti proiezioni. Ciò sembra plausibile. E tenuto conto di quanto sono diventati importanti sia il petrolio sia il gas di scisto ai fini della ripresa economica dell’America, sembra anche qualcosa che i policy maker farebbero bene ad evitare. Potrebbero benissimo veder esaudito il loro desiderio. I prezzi petroliferi potranno non iniziare ad aumentare nei prossimi mesi ma iniziano ad apparire segnali della presenza di forze che potrebbero fermarne il calo.

Il calo nel prezzo spot del petrolio si è fermato significativamente sotto il prezzo quinquennale a termine, che resta vicino agli 80 dollari al barile. La mia previsione per il 2015, quindi, è che i prezzi petroliferi potranno continuare a diminuire sul breve periodo. Tuttavia, a differenza di quanto accaduto negli ultimi quattro anni, probabilmente alla fine dell’anno saranno più alti rispetto a come erano all’inizio del medesimo.

Jim O’Neill, ex presidente di Goldman Sachs

Asset Management, è visiting research fellow a Bruegel,

il think thank economico con sede a Bruxelles

(Traduzione di Anna Bissanti)

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