Italia

Dossier Lo scudo di Confindustria per la legalità

  • Abbonati
  • Accedi
Dossier | N. (none) articoliOra Legale

Lo scudo di Confindustria per la legalità

Con la usuale lucidità e con riferimento agli appalti post terremoto dell’Aquila, il sostituto procuratore nazionale antimafia Olga Capasso, il suo pensiero lo aveva messo nero su bianco nella relazione 2014 della Direzione nazionale antimafia (Dna). «Un argine si presume debba trovarsi nella nuova normativa sulla certificazione antimafia di cui al cosiddetto codice antimafia – scriverà – ma è prematuro fare previsioni, conoscendo la capacità della criminalità mafiosa di agire tramite prestanome e di corrompere le pubbliche istituzioni preposte ai controlli». È, in parte, il disegno criminoso intorno al quale sta lavorando la Procura di Reggio Calabria ben oltre il coinvolgimento dei coniugi Matacena (comunque innocenti fino a eventuale passaggio in giudicato della sentenza di condanna).
Del resto, nonostante i tentativi di riforma. Il 12 febbraio 2013 (D.lgs 218/2012) è entrato in vigore il libro II del codice antimafia (Dlgs 159/11), con il quale sono scomparse le vecchie categorie delle interdittive atipiche e tipiche – la prima, di solito generica ed inconcludente, non produceva alcun effetto pratico – sostituite dalle nuove: la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia.

La comunicazione consiste nell’attestazione o meno delle cause di divieto, decadenza o sospensione e riguarda le persone colpite da misure di prevenzione e i loro conviventi. L’informazione antimafia allarga le maglie alla possibilità d’intervento dello Stato per porre un argine alle infiltrazioni mafiose, colpendo, per citare solo alcuni casi, coloro che a) hanno ricevuto condanne non ancora definitive, o semplicemente un’ordinanza di custodia cautelare o un rinvio a giudizio non solo per i reati di mafia ma anche per quelli di estorsione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, usura, turbativa d’asta e riciclaggio; b) i destinatari di una semplice proposta di misura di prevenzione; c) i componenti dei collegi sindacali; d) i conviventi che subentrano nelle cariche sociali al fine accertato di eludere la normativa sulla certificazione antimafia.

Tali limitazioni riguardano non solo i legali rappresentanti di società, consorzi, raggruppamenti temporanei d’imprese, ma anche i direttori tecnici, i soci delle società di persone, i soci accomandatari, i soci di maggioranza delle società di capitali e i loro familiari conviventi.
Confindustria cerca in ogni modo di andare oltre e garantire una trasparenza assoluta, a partire dal cosiddetto rating di legalità delle imprese e dall’impegno su territorio. A novembre 2014, ad esempio, la giunta di Confindustria Reggio Calabria ha deliberato la propria adesione al protocollo di legalità, sottoscritto dal ministero dell’Interno e da Confindustria, finalizzato alla prevenzione antimafia anche nei contratti sottoscritti fra privati per l’affidamento di lavori, servizi e forniture.
R.Gal.