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Dossier La crisi greca è anche politica

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    La crisi greca è anche politica

    La consultazione elettorale di oggi in Grecia è la quarta a partire dal 2009. Quattro elezioni in meno di sei anni sono un segnale di crisi del sistema politico.
    È successa la stessa cosa da noi nella fase di transizione dalla Prima alla Seconda Repubblica. Tra il 1992 e il 1996 abbiamo votato tre volte e il sistema partitico è cambiato radicalmente. In Grecia il cambiamento si è prodotto tra le elezioni del 2009- le ultime prima della crisi finanziaria - e quelle del maggio 2012 quando la Grecia era già nel mezzo del ciclone che l'ha travolta.

    Più che di cambiamento bisogna parlare di terremoto. Quelle del maggio 2012 sono state elezioni drammatiche che hanno trasformato radicalmente il paesaggio della politica greca, facendo registrare la più alta volatilità elettorale della storia dell'Europa occidentale ed un'elevatissima frammentazione partitica. I due partiti che si erano alternati al governo negli ultimi 30 anni – il Pasok di centro-sinistra e Nuova Democrazia di centro-destra- sono passati dal 77% dei voti raccolti insieme nel 2009 al 35% del maggio 2012. A sinistra il posto del Pasok fu preso da Syriza il cui leader Alexis Tsipras è diventato da allora un punto di riferimento per la sinistra radicale a livello europeo. A destra fece la sua apparizione Alba Dorata - partito estremista e xenofobo - che conquistò il 7% dei voti. Il partito più votato - Nuova Democrazia - ottenne meno del 20%. In queste condizioni non fu possibile formare un governo e si tornò a votare un mese dopo.

    Le elezioni di giugno hanno cominciato a delineare un assetto più stabile della politica greca. Nuova Democrazia si confermò come il partito più votato passando dal 19% di voti a quasi il 30%. Una crescita simile a quella di Syriza che arrivò al 27%, confermandosi come il maggior partito di sinistra e il maggior partito di opposizione. Con il rafforzamento di questi due partiti la competizione politica è tornata a strutturarsi secondo una meccanica bipolare.

    Il sistema elettorale greco è simile per certi aspetti all'Italicum. È un proporzionale con premio di maggioranza. Dei 300 seggi dell'unica camera 288 sono assegnati con formula proporzionale in 56 circoscrizioni, i restanti 12 vengono ripartiti su base nazionale. Il partito con più voti ha diritto a un premio di governabilità pari a 50 seggi (fino alle elezioni del 2009 il premio era di 40 seggi). La soglia di sbarramento è fissata al 3%. Tutto si decide in un solo turno. Manca quindi il ballottaggio che è invece un elemento essenziale dell'Italicum. L'altra differenza significativa sta nel premio che in Grecia non è majority-assuring, cioè non assicura sempre e comunque la maggioranza a chi vince. In sintesi, il sistema elettorale italiano è decisivo, quello greco no.

    Infatti né a maggio né giugno 2012 il sistema ha prodotto una maggioranza di seggi per chi è arrivato primo. La percentuale di voti del primo partito è stata così bassa che il premio di 50 seggi non è bastato a fargli superare la soglia della maggioranza assoluta, 151 seggi. Samaras, leader di Nuova Democrazia, dopo le elezioni del giugno 2012 fu costretto a fare un governo di coalizione insieme al Pasok e a Dimar. Il governo che ha firmato gli accordi con la troika.

    Come andrà oggi? Syriza è in testa nei sondaggi. La stima delle intenzioni di voto la colloca intorno al 35%. Potrebbe forse bastare per arrivare col premio alla maggioranza assoluta. Dipenderà anche dal voto disperso, cioè dalla percentuale di voti dati a partiti che non raggiungono la soglia del 3%. In ogni caso sarebbe una maggioranza risicata. Se non fosse sufficiente sarà interessante vedere con quali partiti deciderà di governare Tsipras. Il suo non sarà comunque un compito facile. La sua promessa/minaccia di non rispettare i patti firmati dai suoi predecessori con la troika è una mossa elettorale forse vincente ma dovrà fare i conti dopo il voto con una realtà complicata da gestire evitando traumi deleteri per la Grecia e per la Unione Europea. Ma questo non è il solo motivo di interesse di queste elezioni.

    Una eventuale vittoria di Syriza avrà ripercussioni politiche in Europa, e soprattutto al Sud, non solo a livello di rapporti con l'Unione. Non è un caso che a Atene sia comparso il leader di Podemos, il partito anti-establishment e euro-scettico, che i sondaggi danno oggi come primo partito in Spagna. E in Spagna si voterà quest'anno. Tra Syriza e Podemos le analogie sono notevoli. Come lo sono tra Syriza e una parte della sinistra italiana. In fondo la lista Tsipras è stata la scelta della nostra sinistra radicale alle ultime europee. Cosa succederà nella area compresa tra la minoranza Pd e Sel dopo una eventuale vittoria di Tsipras a Atene? Risposta difficile. Le condizioni della sinistra radicale in Italia e in Grecia sono molto diverse. In Grecia il crollo del Pasok ha aperto a sinistra uno spazio enorme a Syriza. Da noi il Pd è ancora lì vivo e vegeto e con un leader che ha dimostrato fino ad oggi di avere un notevole appeal elettorale. È proprio quello che manca oggi alla sinistra radicale di casa nostra. E senza un leader efficace è difficile di questi tempi conquistare voti anche quando esiste uno spazio politico disponibile. Figuriamoci quando lo spazio è conteso da altri, non solo Renzi ma anche Grillo. Qualunque sia l'esito delle elezioni di oggi la Grecia è una altra cosa.

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