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«I derivati? Equilibrio fra controllo e capacità negoziale»

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dopo il caso morgan stanley

«I derivati? Equilibrio fra controllo e capacità negoziale»

Caro Direttore,
l'articolo di Buraschi e Zingales pubblicato ieri dal Sole 24 Ore si distingue dai recenti attacchi mediatici alla gestione del debito pubblico italiano perché sgombra il campo dalle polemiche sull'opportunità di utilizzare strumenti derivati per ridurre le oscillazioni del costo della stessa gestione. Tuttavia ha in comune con quegli attacchi lo scarso livello di accuratezza nell'analisi e l'infondatezza degli argomenti.

E risulta dannoso perché con argomenti infondati insinua dubbi sulla qualità delle gestione del debito italiano, gestione che 21 paesi stranieri sono venuti a studiare da vicino perché considerata una best practice.
Buraschi e Zingales avanzano sospetti sull'origine del mark-to-market negativo e non si capisce a cosa alludano visto che loro stessi spiegano che “siccome i tassi recentemente sono scesi non deve sorprendere che l'Italia abbia accumulato” delle perdite teoriche, e considerano più importante proteggersi dal rischio di aumento dei tassi che evitare il costo in caso di calo degli stessi.
Buraschi e Zingales sostengono che la Danimarca sarebbe più trasparente dell'Italia perché pubblicherebbe i dati sui contratti derivati. È falso: la Danimarca pubblica alcuni dettagli sui contratti, senza specificarne la natura, e non fornisce il valore di mercato del portafoglio. Informazione che invece noi mettiamo a disposizione del pubblico. Quanto ai dettagli sui contratti in vigore, si tratta di informazioni che nessun emittente sovrano fornisce.

Buraschi e Zingales sostengono che il Tesoro non disporrebbe dei dati di dettaglio sui contratti derivati. È falso: come riferito nella recente audizione della direttrice del debito pubblico alla Camera dei Deputati, il database del Tesoro fornisce un controllo sistematico ed esaustivo dei contratti in vigore sottoscritti dalla Repubblica Italiana. Per i soli derivati sottoscritti dagli enti locali non viene ancora calcolato il valore di mercato.
Buraschi e Zingales agitano lo spettro di ingenti perdite che si potrebbero materializzare in qualsiasi momento in virtù di clausole di chiusura anticipata. È falso: come affermato nel corso dell'audizione, nessun contratto quadro attualmente in vigore prevede clausole come quella che consentì a Morgan Stanley di chiedere la chiusura di tutti i contratti nel 2011, all'apice della crisi. Le clausole di estinzione anticipata oggi in essere riguardano specifici contratti e sono tutte bilaterali (quindi proteggono anche la Repubblica Italiana dal rischio di deterioramento del merito di credito delle controparti); il mark-to-market di questi contratti al 31.12.2014 ammonta a 9,2 miliardi; tuttavia le clausole non sono esercitabili immediatamente, ma attivabili in un futuro distribuito tra qui e il 2038. Tutti questi dettagli sono stati forniti nell'audizione che anche gli autori hanno citato ma alla quale evidentemente non hanno prestato sufficiente attenzione. Gli autori si chiedono anche se esistano clausole legate al rating. Ce n'è solo una, su un singolo contratto, che scade nel 2016.

Buraschi e Zingales criticano la vendita delle swaption, che genera un'entrata registrata nelle finanze pubbliche nell'immediato determinando tuttavia un'incertezza futura. Ma le swaption sono state sottoscritte quando i tassi di mercato erano a livelli storicamente molto bassi, concordando per il futuro tassi spesso inferiori ai forward di mercato di allora, per posizioni lunghe e quindi tali da assorbire oscillazioni dei tassi. Pertanto anche le swaption, che corrispondono soltanto all'1% circa del debito pubblico, stanno nel portafoglio allo scopo di stabilizzare il costo della gestione del debito nel medio-lungo periodo e proteggere le finanze pubbliche dal rischio di un'impennata dei tassi.
Tutto quanto qui ribadito è disponibile, non solo agli autori ma a tutti i lettori che vogliano informarsi, sul sito del Dipartimento del Tesoro, sul portale del Ministero dell'Economia e delle Finanze, sul sito della Camera dei Deputati in forma di trascrizione e di registrazione video. Molti dati si rintracciano anche nei bollettini periodici della Banca d'Italia. Queste informazioni vengono divulgate nella convinzione che anche così si offre una giusta tutela del diritto democratico a un doveroso controllo sul comportamento dell'amministrazione pubblica. Una prassi che siamo impegnati costantemente a migliorare anche grazie alle sollecitazioni degli organi istituzionali e dei media. L'obiettivo comune dev'essere il conseguimento di un equilibrio tra il controllo pubblico e la tutela della capacità negoziale nei confronti delle controparti. Una disclosure totale non viene praticata da nessun emittente, perché ne indebolirebbe le capacità negoziali con la conseguenza di aumentare il costo della gestione del debito. Il punto di equilibrio è quello in cui viene massimizzato l'interesse collettivo costituito sia dalla trasparenza sia dal contenimento del costo del debito. Il Tesoro della Repubblica è impegnato su entrambi i fronti.
Vincenzo La Via è direttore del Tesoro

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