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Dossier Le due facce della mini-ripresa in Italia

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Dossier | N. 47 articoliWorkshop The European House - Ambrosetti a Villa d'Este

Le due facce della mini-ripresa in Italia

I primi sei mesi del 2015 si chiudono con un Pil che torna finalmente col segno più (+0,3%), come previsto dai nostri indicatori già dalla fine del 2014. Qualcuno dice che il Paese si è rimesso in moto, noi, per il momento, confermiamo che il Paese si è rimesso in … motorino.

La tendenza si è invertita, ma non siamo entrati pienamente in una fase di crescita. Per poter parlare di crescita, l’incremento deve estendersi trasversalmente alla gran parte dei settori industriali del Paese, ai consumi delle famiglie e agli investimenti delle imprese, non rimanendo ancorato a valori che, seppur positivi, si posizionano vicini allo zero. Il fatto importante è che il primo semestre del 2015 ha segnato l’uscita dell’Italia dalla fase di recessione, che durava dal 2011.

Le prospettive per i prossimi mesi rimangono positive, anche se non mancano preoccupazione per il rallentamento della Cina e delle economie asiatiche, delle emergenti in particolare Brasile e Turchia, ma anche per il perdurare di tensioni geopolitiche con la Russia e in Medio Oriente. Tutti mercati di destinazione dell’export italiano che è stato l’elemento che ha favorito la crescita o la tenuta per un numero molto elevato di imprese del Paese.

L’avvio del Qe da parte della Bce, oltre ad abbassare i tassi di interesse su tutta la curva (dalle scadenze a 3 mesi a quelle a 30 anni siamo ai minimi storici per l’Italia) ha messo al riparo i nostri titoli di debito dalle turbolenze dei mercati. Il tasso di interesse decennale sul debito italiano è da inizio anno stabilmente inferiore a quello degli Usa.

Il petrolio è sui minimi da 6 anni e molte materie prime sono ai minimi storici. Per l’economia italiana, Paese trasformatore che importa materie prime, questi prezzi così bassi hanno lo stesso effetto di una mini politica fiscale espansiva.

Un segnale incoraggiante è la ripresa della domanda interna. Anche gli investimenti che si erano ridotti quasi ininterrottamente dal 2008 sono tornati a crescere, anche se in modo contenuto, come da noi anticipato nella pubblicazione dell’Ambrosetti Club Economic Indicator di marzo 2015.

Sulla nostra economia, e in particolare nel Mezzogiorno, pesa l’elevata consistenza di crediti in sofferenza, ereditati dalla lunga recessione, che bloccano la dinamica del credito. Un più rapido smobilizzo di questi prestiti contribuirebbe a sostenere la dinamica del credito dando spinta alla crescita.

Gli indicatori dell’Ambrosetti Club Economic Indicator dopo aver previsto una ripresa nel primo trimestre e un consolidamento della crescita nel secondo, evidenziano dei segnali misti: positivi per investimenti e lo stato attuale dell’economia, di tenuta per l’occupazione e di arretramento rispetto ai valori attuali per le aspettative future dell’economia.

I nostri indicatori sono costruiti sulla base dei risultati ottenuti da una survey effettuata ad hoc per la business community del nostro Club, composto da oltre 350 imprenditori, ad e rappresentanti dei vertici aziendali delle più importanti società italiane e multinazionali che operano in Italia. Otteniamo informazioni sulla visione della nostra business community sul proprio business a 360 gradi, sugli investimenti in programma, sull’andamento di vendite e stock, sui nuovi ordinativi e sull’evoluzione dei mercati di sbocco dei prodotti e servizi. Gli indicatori vanno letti nel modo seguente: valori sopra lo zero indicano che il sentiment è positivo e si prevede una espansione dell’attività economica, viceversa valori sotto lo zero indicano che il sentiment e negativo e si prevede una contrazione dell’attività economica.

L’indicatore di sentiment sulla situazione dell’economia si attesta a 25 punti, in leggero arretramento rispetto ai primi due trimestri 2015, ma su valori vicini ai massimi registrati nei primi due trimestri dell’anno. Ma il sentiment di positività sulla situazione attuale è indebolito dalle aspettative di crescita nei prossimi 6 mesi.

L’indicatore a 6 mesi si attesta a -7,3 entrando per la prima volta in territorio negativo. È fisiologico come all’aumentare dell’attività economica e al miglioramento degli indicatori (che è quanto avvenuto da inizio anno) le prospettive di ulteriore miglioramento, rispetto a un punto di partenza più elevato, tendono a ridursi.

Gianni Camisa, ad di Dedagroup Ict Network, gruppo che opera nell’information e communication technology, evidenzia come la continua incertezza del quadro di riferimento, economico-finanziario e politico-normativo, sia un elemento che mette a dura prova attività e aspettative delle imprese. Gli ultimi avvenimenti sul mercato cinese, uniti al rallentamento di alcuni emergenti, rendono questa incertezza più marcata e colpiscono anche le imprese che, per la loro esposizione verso quei mercati, erano state meno impattate dal fenomeno in passato. Francesco Profumo, presidente di Iren, multi-utility quotata del settore energetico, del gas dei servizi idrici integrati, dei servizi ambientali e dei servizi per le Pa, vede come gli elementi positivi quali basso prezzo del petrolio, basso costo del denaro e gli interventi della Bce, siano controbilanciati da elementi di preoccupazione per la situazione geopolitica e per il rallentamento degli emergenti. Tuttavia, secondo Profumo, il bilancio rimane positivo. Anche Stefano Folli, presidente e ad Philips Italia, è positivo per il futuro e vede possibilità di ripresa per il mercato interno, tanto maggiori quanto sarà la velocità di implementazione delle riforme approvate. Folli pensa che si possa accelerare il processo di cambiamento in atto perché su questo tema c’è coscienza diffusa a tutti i livelli.

Un dato di tenuta importante è quello sulle aspettative del mercato del lavoro. L’indicatore si attesta a 8,3. Il dato di settembre evidenzia un segnale positivo: è un consolidamento dei risultati dei primi sei mesi, che sono un leggero miglioramento di una situazione molto difficile. Durante la crisi la disoccupazione è quasi raddoppiata: da 6,2% nel 2007 al 12,0% di luglio. Quella giovanile è 41,1%. I “neet” (not in education, employment or training) cioè i giovani tra 15 e 34 anni che non studiano, non lavorano e non fanno tirocinio o formazione, sono passati dal 19,9% nel 2007 al 26,5% del secondo semestre del 2015 (quasi 3,4 milioni).

In questo contesto, Iren, utilizzando le nuove regole sul mercato del lavoro ha concluso positivamente operazioni di incentivi all’esodo e avvii di 600 nuove assunzioni a tempo indeterminato, pari a circa il 10% della forza lavoro complessiva, in particolare di giovani. Francesco Profumo è convinto che le nuove misure sul mercato del lavoro vadano nella direzione giusta e che daranno risultati positivi. Il Jobs Act ha aiutato un passaggio che andava fatto, ma è ancora troppo presto per una valutazione complessiva. Le riforme hanno bisogno di tempo. È necessaria più pazienza e serenità per valutare effetti e loro entità.

Anche Stefano Folli pensa che la riforma vada nella giusta direzione, ma dire che possa aver già sortito effetti importanti è prematuro, serve continuità. Esistono recuperi di efficienza del sistema Paese tali per cui a una ripresa dell’attività economica non è detto che si accompagni identica ripresa dell’occupazione. Philips rileva un gap tra domanda e offerta su alcune competenze nuove. Su questo è essenziale allineare università e imprese perché è un controsenso che a tassi di disoccupazione giovanili record, corrisponda una difficoltà di alcune aziende a reperire competenze necessarie sul mercato.

L’indicatore sugli investimenti segna il massimo storico a 29,2. Profumo dichiara che Iren investirà 2 miliardi entro il 2020, di cui 25% in innovazione. Stefano Folli è convinto che in Italia ci sia potenziale di crescita e gli investimenti di Philips ci concentreranno nel mondo digitale, sulla formazione di persone e team. Sappiamo bene come l'investimento sia una componente essenziale per le aziende che vogliono rimanere competitive.

Gli indicatori dell’Ambrosetti Club Economic Indicator indicano un consolidamento del sentiment positivo registrato nel primo trimestre su andamento economico, occupazione e investimenti. Emergono preoccupazioni sulla tenuta della crescita nel prossimo futuro, legate soprattutto al fatto che la crescita, finora, si è affidata a fattori esterni all’economia (prezzo petrolio, export, indebolimento dell’euro, Qe), mentre per crescere strutturalmente è necessario far ripartire la domanda interna. Che riparte se si prosegue nelle riforme avviate.

La situazione del lavoro ostacola lo sviluppo dei talenti, dei giovani e dei nostri imprenditori, con spreco di capitale intellettuale. The European House - Ambrosetti, in occasione dei suoi primi 50 anni, ha deciso di mettere a sistema competenze, attività e relazioni a supporto di un tema di cui Italia ed Europa hanno bisogno: l’imprenditorialità. L’imprenditorialità rappresenta il più potente propulsore della crescita. Senza imprenditori non c’è crescita. Senza crescita non c’è occupazione e senza lavoro non c’è futuro. A tale proposito, abbiamo l'orgoglio e il piacere di collaborare con il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca italiano affinché questo messaggio per il futuro sia divulgato ai giovani maturandi.

Qual è la priorità? Il lavoro. Profumo chiede forte iniezione di fiducia per avviare un percorso in cui gli attori si mettano in relazione in rapporti diversi rispetto al passato. Le aziende devono avere il coraggio di assumere e investire sui giovani, che portano quel rinnovamento necessario sia nelle imprese, sia nel Paese. Da parte dei giovani è necessario avere maggiore interesse e coraggio per una formazione di qualità e maggiore proattività nel trovare delle soluzioni che, anche se non ottimali, riavviano il meccanismo e li reintroducano nel mondo del lavoro.

Inoltre, il lavoro non si crea per decreto, ma favorendo le condizioni che creano il lavoro. Stefano Folli è molto chiaro su questo. Il lavoro si crea, rendendo più facile fare business in Italia, sia per le aziende italiane, sia per le multinazionali. Per far ciò le cose sono sempre le stesse: semplificazione, riduzione della burocrazia, efficientamento della pubblica amministrazione, digitalizzazione e stabilità ecc.. Cosa serve lo sappiamo. Ora conta l’execution, cioè come e in che tempi farlo.

Valerio De Molli è Managing partner

The European House - Ambrosetti

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