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Alla Grecia non basta l’austerity

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ATENE VERSO IL VOTO

Alla Grecia non basta l’austerity

Le elezioni greche sono alle porte ma, a differenza della campagna elettorale dello scorso gennaio, non c’è una profonda contrapposizione ideologica tra i sostenitori e gli oppositori dell’austerità. Tsipras ha firmato il terzo memorandum con la Ue e ora deve difenderlo. Solo Unità Popolare, che raccoglie i fuoriusciti da Syriza, si oppone agli accordi, proponendo esplicitamente un’uscita della Grecia dall’euro. Il consenso di cui gode, però, al momento rimane limitato. Anche se il dibattito politico sulle ricette imposte alla Grecia si è attenuato, quello economico no.

Ci si continua a interrogare perché le ricette della cosiddetta troika abbiano fallito così miseramente in Grecia, mentre hanno funzionato bene in Irlanda e sembrano dare i primi frutti in Portogallo. Una possibile risposta emerge in un nuovo lavoro scritto dal premio Nobel Christopher Pissarides assieme a Yannis Ioannides. La risposta è molto semplice: le svalutazioni interne funzionano solo se il mercato domestico è competitivo.

Per i non addetti ai lavori la svalutazione interna è semplicemente il tentativo di riprodurre in un paese con cambi fissi gli effetti di una svalutazione del tasso di cambio. La svalutazione interna più popolare tra gli imprenditori italiani è il taglio dei contributi sociali finanziato attraverso un aumento dell'IVA: il costo del lavoro scende come se il tasso di cambio si svalutasse. In Grecia e negli altri paesi “amministrati” dalla Troika la svalutazione interna prende forme più socialmente penose: una riduzione dei salari reali prodotta dal combinato disposto di due tipi di politiche imposte dalla Troika: un aumento della flessibilità del lavoro e una riduzione della spesa pubblica che ha – come effetto immediato – un aumento della disoccupazione. La Sinistra la chiama macelleria sociale, ma si tratta di un meccanismo per ridurre il salario reale, risultato cui tende anche la radicale Unità Popolare con un'uscita dall'euro ed una svalutazione. Attraverso questa riduzione del salario reale si spera di fare recuperare ai prodotti greci la competitività perduta, facendo lievitare le esportazioni e quindi anche l'occupazione. Nonostante la prima parte di questo meccanismo abbia funzionato (dal 2009 il costo del lavoro in Grecia si è ridotto del 20%), la seconda parte no. In termini nominali la Grecia non ha visto un'impennata delle esportazioni. Il dubbio è come mai.

La semplice risposta è che in risposta ad una riduzione dei costi le imprese greche non hanno ridotto i prezzi. L'effetto è stato devastante. Non solo questa mancata riduzione dei prezzi dei beni ha reso impossibile un aumento delle esportazioni, ma ha anche causato un crollo del potere di acquisto dei lavoratori (che vedono il salario nominale ridursi, ma i prezzi rimanere stabili), portandosi con sé un crollo della domanda interna.

Se i lavoratori sono pagati meno e i prezzi dei beni non scendono, vuol dire che aumentano i profitti. In una situazione “normale”, questo aumento dei profitti dovrebbe portare ad un aumento degli investimenti, sostenendo la domanda aggregata e producendo (con qualche ritardo) un aumento dell'occupazione. Nel lungo periodo, questo aumento della domanda di lavoro da parte delle imprese porterà una pressione al rialzo sui salari. Non solo questo meccanismo richiede molto tempo, ma richiede anche condizioni normali. In Grecia, con la crescente incertezza economica e politica, un aumento dei profitti si traduce più facilmente in un aumento dei capitali esportati a Londra che in un aumento degli investimenti in Grecia.

Questa spiegazione pone a sua volta la domanda del perché i produttori greci non abbiano ridotto i prezzi nonostante una riduzione del costo del lavoro. La semplice risposta è mancanza di concorrenza. Come si osserva alla pompa di benzina, quando il prezzo del petrolio sale, il prezzo della benzina sale quasi in contemporanea. Quando il prezzo del petrolio scende, il prezzo della benzina scende molto più lentamente e spesso non nella stessa proporzione della riduzione del prezzo del petrolio. Questa risposta ritardata e parziale è più pronunciata nelle aree in cui il mercato al dettaglio della benzina è meno competitivo. Nel caso limite in cui c'è un solo distributore nell'arco di 400 chilometri, perché mai quel distributore dovrebbe ridurre il prezzo della benzina quando il prezzo del petrolio scende, visto che nel breve periodo la domanda di benzina è molto inelastica al prezzo?

La Grecia è una versione estrema di questo fenomeno. I mercati dei beni e servizi sono molto meno competitivi di quelli irlandesi e spagnoli. Questo è il motivo per cui il Fondo Monetario Internazionale ha miseramente sottostimato l'effetto moltiplicativo di un taglio di spesa. Nel modello del FMI gli effetti recessivi di un taglio di spesa venivano mitigati da una caduta dei prezzi dei beni che da un lato riducevano l'effetto negativo sulla domanda aggregata di una riduzione dei salari nominali e dall'altro favorivano un aumento delle esportazioni.

Qual è la lezione? Che l'austerità funziona solo con un mercato interno dei beni e servizi competitivo. Se questi mercati sono competitivi, la riduzione della spesa pubblica può venire riassorbita dal settore privato in tempi brevi. Se questi mercati non sono competitivi, no. Ergo La Troika avrebbe dovuto procedere prima alla liberalizzazione del mercato dei beni e servizi e poi, solo in un secondo tempo, alla liberalizzazione del mercato del lavoro e ai tagli massicci della spesa pubblica. Purtroppo contro questa sequenza ottimale cospiravano due fattori: l'enorme deficit fiscale, che richiedeva interventi immediati, e il potere di veto delle mille corporazioni, che si opponevano alle liberalizzazioni.

Sarà possibile al governo che uscirà da queste elezioni cambiare rotta? Ne dubito. Se neppure un partito della sinistra radicale come Syriza è riuscito a vincere il potere delle lobby, perché dovrebbe riuscirci Neo Democratia, da sempre il partito dell'establishment, o una grosse coalition che deve mettere d'accordo tutti?

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