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Accordo Fieg-Google, Costa: «Riconosciuto il valore dei…

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INTERVISTA al presidente Fieg

Accordo Fieg-Google, Costa: «Riconosciuto il valore dei contenuti»

A sinistra il presidente Emea di Google Carlo d’Asaro Biondo, a destra il presidente Fieg Maurizio Costa
A sinistra il presidente Emea di Google Carlo d’Asaro Biondo, a destra il presidente Fieg Maurizio Costa

A giudicare dai toni raggiunti in alcune prese di posizione pubbliche, l’accordo siglato ieri fra Fieg e Google era tutt’altro che scontato. Ma tant’è. Non se le sono mandate a dire negli ultimi due-tre anni, ma la Federazione italiana degli editori di giornali e il colosso di Mountain View hanno deciso di sotterrare l’ascia di guerra con un accordo che, almeno nelle intenzioni, punta a segnare la divisione fra un prima e un dopo nello sviluppo dell’editoria digitale del nostro Paese. «Ci sono stati un paio d’anni di dialettica forte con Google», dice in questa intervista al Sole 24 Ore il presidente della Fieg, Maurizio Costa. «In tutto questo tempo da parte mia c’è stato un punto irrinunciabile, vale a dire il riconoscimento del valore dei contenuti. Questo è stato pienamente recepito nell’accordo. E ci tengo a sottolineare che la grande disponibilità e collaborazione di Carlo d’Asaro Biondo (il presidente Emea di Google, ndr.) sono state fondamentali in questo percorso».

L’intesa, che è triennale anche se sottoposta a tavoli di verifica annuali, prevede innanzitutto un meccanismo di revenue sharing basato sulla valorizzazione dei contenuti attraverso l’app mobile Google Play Edicola e attraverso la piattaforma di videostreaming YouTube. Alla suddivisione dei ricavi pubblicitari che accompagna l’offerta di contenuti degli editori su Google Play Edicola si aggiungerà un’azione di co-marketing con 1,5 milioni di euro all’anno messi in campo da Google. Per quanto riguarda YouTube gli editori potranno valutare la possibilità di utilizzare un programma che consente di ospitare, allo stesso tempo, i contenuti video sui propri siti e su quelli di YouTube. Anche qui, nel caso di vendita di pubblicità, ci saranno meccanismi di divisione di ricavi. L’intesa prevede anche un’azione congiunta per la protezione dei contenuti online e la creazione di un Digital Lab@Fieg. Dal punto di vista economico l’investimento di base da parte di Google è di 12 milioni di euro in tre anni, ma a conti fatti i vantaggi sarebbero nell’ordine di «circa 40 milioni di euro al terzo anno».

Presidente, voi avete in più occasioni ritenuto insufficiente un accordo in Francia in base al quale Google ha messo a disposizione 60 milioni di euro in tre anni in un fondo ad hoc. Ora Google mette sul piatto 12 milioni e vi dite soddisfatti. Non è una contraddizione?

Nient’affatto. Sono due accordi diversi. L’intesa raggiunta in Francia non dava nessun riconoscimento al valore dei contenuti. Era un investimento a termine, limitato a un solo aspetto: quello dell’infrastruttura tecnologica. E non mi sembra che in Francia ci sia stata una grande soddisfazione per gli effetti finali di questa intesa. Questo accordo è radicalmente diverso. L’investimento di base servirà a mettere a disposizione di tutti gli editori l’infrastruttura tecnologica e il know how necessario per un’accelerazione dello sviluppo digitale. Ma la sostanziale differenza sta nel fatto che, attraverso una compartecipazione ai ricavi crescenti derivanti dalla valorizzazione dei contenuti mobili e video e dall’utilizzo dei dati dei navigatori nei nostri sistemi editoriali, si genereranno revenue significative, destinate ad aumentare nel tempo, e che proseguiranno anche oltre il terzo anno.

Ma cosa è cambiato in questo periodo? Dopo grandi tensioni come è stato possibile arrivare a un accordo?

Da parte di Google, con il tempo, è sicuramente maturata una disponibilità al dialogo. Al di là di questo, è senz’altro cresciuta la consapevolezza della opportunità di un percorso negoziale e la convinzione che questo tavolo avrebbe portato benefici per entrambi. Si è trattato di un percorso approfondito, portato avanti su più tavoli di lavoro, nei quali siamo stati presenti con validissimi professionisti, messi a disposizione dalle realtà editoriali associate.

Quanti e quali sono stati i tavoli di lavoro per definire l’accordo?

Il lavoro è stato condotto attraverso tre tavoli. Uno sui contenuti, uno sui dati, uno sul tema del copyright. E in tutti e tre i casi sono stati raggiunti risultati importanti che hanno portato all’accordo finale.

Quello dei dati è un tema particolarmente sensibile. In che cosa l’accordo migliora la situazione attuale?

I dati rappresentano oggi senza dubbio una leva strategica. Saper trasformare la conoscenza dei dati in business richiede investimenti in competenze e tecnologie. In questo senso è prevista la possibilità di un uso più avanzato di Google Analytics.

C’è poi il tema del copyright.

L’accordo garantisce la protezione del copyright in tutto il search di Google attraverso un sistema tecnologico che monitorizza appunto le violazioni del copyright e permette a Google di rimuoverle automaticamente. Come vede, in ogni tassello dell’accordo c’è una valorizzazione dei contenuti.

Certo è che pur essendo importante, l’accordo con Google non chiude il cerchio sul problema della tutela dei contenuti per gli editori. Penso ad esempio alle rassegne stampa online pirata o ai servizi di media monitoring che non hanno aderito al Repertorio Promopress e alla richiesta di versare una parte dei ricavi agli editori.

È vero. Anche se è chiaro che parliamo di situazioni differenti. Ci sono azioni importanti messe in campo dalla polizia postale, per esempio, o dall’autorità giudiziaria per oscurare e sequestrare i siti che diffondono illegalmente i contenuti. Per quanto riguarda le società di rassegne stampa c’è una causa in corso e attendiamo i prossimi sviluppi.

Google è oggetto di un’indagine dell’Antitrust, partita più di un anno fa, per abuso di posizione dominante per presunte restrizioni imposte ai produttori di smartphone e tablet Android. Ad aprile è stato consegnato lo “statement of objections” e il rischio è di una multa che potrebbe arrivare fino a 7 miliardi. Non teme che se dovesse succedere anche Google potrebbe cambiare atteggiamento?

Devo dire con sincerità che in Google ho trovato un’azienda sensibile che credo abbia percepito come proprio l’evoluzione del mercato giustifichi un atteggiamento collaborativo con gli editori. Questo che noi abbiamo chiuso è un accordo commerciale, business oriented, che non incide sulle situazioni in esame sul versante giudiziario, legislativo o regolatorio. Detto questo io credo che entrambi siamo consapevoli di aver fatto un significativo passo avanti nel contesto attuale. È inutile prefigurare scenari futuri o futuribili, peraltro in un mondo in continua evoluzione. Comunque c’è una precisazione importante alla quale tengo.

Quale?

L’accordo concluso con Google vale ovviamente per gli editori associati alla Fieg. Ma è chiaro che la sua validità e le possibilità che offre non sono precluse agli altri editori. Vede, io penso che il ruolo di una associazione di categoria sia quello di guardare avanti nell’interesse di tutto il settore, senza visioni ombelicali o, peggio ancora, conservative. A questo riguardo, mi pare molto importante che questo accordo non sia soltanto a favore degli editori di maggiori dimensioni, con maggiori risorse e con un percorso di innovazione digitale più avanzato. Questo accordo consentirà un significativo vantaggio anche e soprattutto per gli editori medi o piccoli che potranno sfruttare appieno le diverse opportunità per la loro crescita nel digitale. Un altro aspetto qualificante dell’accordo consiste infatti nell’aver definito una serie di opportunità che ciascun editore potrà personalizzare sulla base delle proprie strategie e delle proprie esigenze.

Dopo l’accordo in Francia, il dibattito serrato in Germania e la chiusura di Google News in Spagna a seguito di una legge sul copyright contestata da «Big G», lei crede davvero che questo accordo italiano possa rappresentare un elemento forte di cesura con il passato nel confronto fra Google e gli editori in Europa?

Lo spero. Di certo sono convinto che possa rappresentare un benchmark. Ci abbiamo lavorato tanto. Non è stato facile, ma il risultato raggiunto parte dal riconoscimento del valore dei contenuti, si basa sull’utilizzo strategico ed evoluto dei dati, tutela tutti gli editori sui temi della violazione del copyright e, prevedendo investimenti per lo sviluppo del know how, contribuirà a favorire ulteriormente l’evoluzione digitale del settore.

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