Commenti

Crescita zero del Pil, spazi più stretti per la manovra d’autunno

  • Abbonati
  • Accedi
DOPO IL DATO SUL SECONDO TRIMESTRE

Crescita zero del Pil, spazi più stretti per la manovra d’autunno

La frenata del Pil , non del tutto inattesa ma vistosa perché certifica una variazione nulla rispetto ai primi tre mesi dell’anno, restringe gli spazi della manovra d’autunno. Si apre così la strada alla richiesta di ulteriore flessibilità sul deficit da concordare con Bruxelles, via clausola per gli investimenti e trattativa sulle “circostanze eccezionali” motivate dal rallentamento del ciclo internazionale. Meno crescita e meno inflazione, con il Pil che segnerà un incremento non superiore allo 0,8-0,9% rispetto all’1,2% previsto dal Def di aprile e con l’indice dei prezzi al consumo sotto zero, rendono di conseguenza arduo rispettare l’impegno a ridurre il debito da quest’anno, portando il passivo al 132,4% del Pil contro il 132,7% dello scorso anno. Poche misure e tutte mirate alla crescita, ha annunciato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nell’intervista pubblicata dal Sole24Ore lo scorso 6 agosto. Obiettivo condivisibile, ma con quali risorse finanziare il necessario sostegno alla domanda interna all’interno di una manovra che già veleggia verso i 20-25 miliardi?

Una parte della nuova legge di bilancio, grazie all’incremento del target del deficit nominale del 2017 dall’iniziale 1,1% all’1,8%, servirà a disinnescare le clausole di salvaguardia pronte a scattare dal prossimo anno (aumento di Iva e accise per 15,1 miliardi). Con la frenata del Pil, che ridimensiona nei dintorni dell’1% (rispetto al precedente 1,4%) anche la stima di crescita del prossimo anno, andrà rivisto di conseguenza il target del deficit. Non più l’1,8% ma un valore che oscillerà tra il 2 e il 2,2 per cento. Difficile spuntare di più perché comunque un segnale di riduzione rispetto al 2,3-2,4% atteso quest’anno occorrerà comunque darlo. Ecco allora che essendo preclusa la strada di un ulteriore incremento del deficit, il finanziamento delle misure per la crescita in agenda per la prossima manovra di bilancio dovrà poter contare su risorse provenienti sia dai tagli alla spesa corrente primaria, sia da aumenti di entrate. È il caso della possibile nuova versione della voluntary disclosure, o dei maggiori proventi che sarà possibile acquisire a fine 2017 dalla lotta all’evasione. Incrementi del gettito da non utilizzare per coprire aumenti di spesa, ma a beneficio dei conti pubblici e dunque con effetto diretto sull’intera manovra. E la premessa indispensabile è che riparta e si consolidi la fondamentale componente della spesa per investimenti, che già quest’anno dovrebbe segnare una prima inversione di tendenza rispetto agli ultimi esercizi.

La coperta era già corta prima ancora che l’Istat certificasse il rallentamento della crescita. Ora si restringe ulteriormente (la produzione industriale è in flessione dello 0,4%). Non a caso lo stesso Padoan parla di «vincoli stretti» per la prossima legge di bilancio. Alla ripresa dell’attività, dopo la pausa estiva, il Governo dovrà cominciare a ridefinire l’intero quadro delle variabili macroeconomiche, in vista del varo della Nota di aggiornamento del Def fissata per il 27 settembre. Poi si tratterà di mettere a punto il menu della manovra di ottobre, calibrando attentamente interventi e coperture. L’elenco delle misure in cantiere è nutrito. Andranno operate delle scelte e diversi interventi dovranno essere rinviati, anche in previsione dell’incertezza politica che continua a persistere sull’esito del referendum costituzionale di novembre. Il che indurrà probabilmente Renzi e Padoan a concentrare gran parte delle misure nel primo passaggio parlamentare della manovra.

Per il capitolo fiscale, fermo restando l’intendimento del Governo di confermare il taglio dell’Ires dal 27,5 al 24% già inserito nei saldi di finanza pubblica, si tratterà di verificare se sussistano le condizioni per un ulteriore tentativo di sostegno alla domanda interna attraverso l’anticipo al 2017 di parte del taglio dell’Irpef, programmato al momento per il 2018. E per la proroga di incentivi come il superammortamento. Tutte misure che comportano oneri e che vanno finanziate. Sul fronte previdenziale, il presidente del Consiglio ha annunciato un incremento della dote a disposizione della prossima manovra per le pensioni più basse. Stando alle ultime proiezioni, l’intero capitolo sulle previdenza, comprensivo delle norme per garantire la flessibilità in uscita, comporterebbe una maggiore spesa per 3-4 miliardi a regime, contro la cifra di 1,5-2 miliardi ipotizzata nel corso del confronto preliminare con i sindacati.

Vi andrebbe aggiunto il costo della stabilizzazione degli incentivi per i neo assunti a tempo indeterminato, tanto per limitarci alle misure principali. La sensazione è che molto difficilmente si riuscirà a onorare tutte le promesse di cui si è discusso finora. Se ne potrà riparlare nel secondo passaggio parlamentare della manovra, a condizione che l’esito della consultazione referendaria sia quello auspicato dal Governo e che nel frattempo l’Economia abbia individuato tutte le coperture necessarie a finanziare gli interventi in cantiere.

© Riproduzione riservata