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Apple e Dublino contro la stangata Ue

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Apple e Dublino contro la stangata Ue

(Bloomberg)
(Bloomberg)

Apple presenta ricorso contro l’ingiunzione della Commissione Ue di versare 13 miliardi di tasse arretrate all’Irlanda, definita «un’azione unilaterale che ha cambiato retroattivamente le regole». Un ricorso che arriva nel giorno in cui l’esecutivo comunitario pubblica le motivazioni della sua richiesta, avanzata a fine agosto, e il Governo irlandese parla di ingerenza indebita nella sua sovranità nazionale e spiega perché, a sua volta, ha presentato appello alla Corte di giustizia dell’Unione europea, schierandosi con Apple.

Nel documento pubblicato ieri dalla Commissione europea si spiega che l’Irlanda ha garantito a Apple per undici anni benefici fiscali illegali secondo la normativa sugli aiuti di stato, perché hanno consentito alla multinazionale di ridurre la corporate tax pagando meno tasse di altre imprese e violando il principio della libera concorrenza. Nel mirino di Bruxelles due “tax ruling” del 1991 e del 2007, accordi fiscali senza limiti di tempo tra Dublino e Apple relativi agli utili di due società di diritto irlandese appartenenenti al gruppo, Apple Sales International e Apple Operations Europe. Non solo queste due società registravano i profitti derivanti da tutte le vendite di Apple in Europa, Medio Oriente, Africa e India, ma - grazie ai tax ruling - solo una piccola parte di questi utili veniva tassata con la già favorevole corporate tax irlandese (12,5%); la quasi totalità veniva invece attribuita a un “head office”, una sede centrale fantasma ed esentasse in base alla legislazione di Dublino sulle società senza Stato, abolita poi nel 2013. In questo modo, secondo i calcoli dell’Antitrust comunitario, la multinazionale di Cupertino nel 2014 è arrivata a pagare, sugli utili di Apple Sales International, appena lo 0,005% effettivo. La Commissione ha inoltre reso nota una conversazione registrata del 1990 in cui un consigliere fiscale dell’azienda si sarebbe accordato con il fisco irlandese per un tetto apparentemente arbitrario alle tasse da pagare sui profitti registrati in Irlanda.

Apple ha formalizzato ieri un ricorso presso il Tribunale generale della Corte di giustizia Ue, accompagnando la decisione con le dure parole del consigliere generale Bruce Sewell. «Apple - ha dichiarato Sewell - non è un’eccezione, ma un bersaglio conveniente perché fa titolo». Più concretamente, la multinazionale nel ricorso intende puntualizzare che la Commissione sbaglia quando ritiene che la sede centrale delle due filiali irlandesi esistesse solo sulla carta, visto che era pienamente operativa seppure gestita dai dipendenti della società madre. D’altro canto - aggiunge il chief financial officer Luca Maestri - è una «teoria assurda» ritenere che al quartier generale di Cork dell’azienda, «che non ha attività ingegneristiche né genera diritti di proprietà intellettuale, si debba attribuire tutto l’imponibile generato da Apple fuori dagli Stati Uniti». La gran parte di quegli utili, dunque, secondo l’azienda veniva trasferita all’head office perché non doveva essere tassata in Irlanda, visto che derivava dai diritti di proprietà intellettuale che fanno capo ad Apple Inc, la società madre statunitense. E qui - assicura l’azienda - quelle tasse verranno pagate.

Ancora più interessanti, per le implicazioni politiche che contengono, sono le motivazioni su cui si fonda il ricorso presentato già a novembre dal Governo irlandese alla Corte di giustizia Ue, pubblicate ieri sul sito del ministero delle Finanze. Oltre a ribadire le considerazioni di Apple relative ai diritti di proprietà intellettuale e a smentire un trattamento di favore per l’azienda produttrice di iPhone e iPad, Dublino sottolinea che «la Commissione è andata oltre i suoi poteri, interferendo con la sovranità nazionale in materia fiscale». Accusa che riecheggia peraltro critiche che arrivano alla Ue anche dal Dipartimento del Tesoro statunitense.

Anche se dunque l’Irlanda è mossa prima di tutto dalla volontà di non vedersi costretta a recuperare 13 miliardi di tasse (beneficio contingente che però rischierebbe di indebolire la sua attrattività per le multinazionali straniere), sollevando la questione della sovranità tocca un nervo particolarmente sensibile in Europa, in una fase di populismi in ascesa e di continui contrasti tra Bruxelles e governi nazionali.

I tempi della sentenza si annunciano lunghi, anche se Apple potrebbe già versare nei prossimi giorni a Dublino la somma a titolo di garanzia.

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