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Bonus per il merito a più di un prof su tre

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RIFORMA RENZI-GIANNINI

Bonus per il merito a più di un prof su tre

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Se non è una “quattordicesima”, davvero poco ci manca: tra Natale e la fine di gennaio 247.782 docenti italiani, vale a dire oltre il 35% dell’organico complessivo, si sono visti, o si vedranno, accreditare in busta paga il “famoso” bonus per il merito. Parliamo dei 200 milioni di euro che la riforma Renzi-Giannini ha destinato, ogni anno, a partire appunto dal 2016, per valorizzare l’impegno e l’operato dei professori per migliorare l’offerta didattica, superando, nei fatti, tutte le precedenti sperimentazioni (da ultimo, quelle dell’ex ministro Mariastella Gelmini) e iniziando a far fare quel salto di qualità alla scuola italiana che, per la prima volta nella sua storia, si è aperta a un po’ di merito e ai premi ai più “lodevoli” saliti in cattedra.

La novità, come si ricorderà, appena varata la legge 107, fu subito fortemente contestata dall’ala più sindacalizzata del mondo scolastico, essenzialmente per la nuova procedura introdotta, che ha mandato in soffitta qualsiasi forma di contrattazione di questo salario: ogni istituto doveva dotarsi di un comitato di valutazione, composto in prevalenza da insegnanti, con il compito di indicare i criteri per “dare le pagelle”; compito che, poi, materialmente è stato affidato ai presidi che hanno successivamente scelto i docenti (solo personale di ruolo, compresi sostegno e religione - no, per esempio, i supplenti precari) ritenuti meritevoli di un riconoscimento in denaro aggiuntivo rispetto alla normale retribuzione (che, come si sa, nella scuola fino ad ora è aumentata solo per “anzianità”, cioè attraverso il mero trascorrere del tempo in classe). Mediamente agli oltre 247mila prof “premiati”, sono stati assegnati tra i 600 euro e i 700 euro, e trattandosi di un premio variabile in alcuni casi la cifra si è rivelata più consistente, mentre in altri è stata più contenuta.

SUL TERRITORIO
Docenti a cui gli istituti hanno assegnato il bonus (Fonte: Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca)

A novembre il Miur ha accreditato alle scuole l’80% dei 200 milioni previsti dalla legge 107 (il restante 20% arriverà più avanti); e le segreterie degli istituti hanno subito attivato le procedure amministrative per accreditare il bonus nei cedolini degli insegnanti individuati.

Ma nelle scuole cosa è successo? Dai dati elaborati dalla direzione generale per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del Miur, che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare, si può dire che, nonostante boicottaggi e polemiche, si è partiti in tutt’Italia: il tanto contestato comitato per la valutazione degli insegnanti è stato istituto nel 99,9% di istituti: in solo 7 scuole non è decollato.

Per selezionare i docenti migliori sono stati utilizzati tutti i criteri individuati nella “Buona Scuola”, vale a dire si è tenuto conto della qualità dell’insegnamento, dei risultati ottenuti, anche in gruppo, e della progettualità realizzata; e sono state considerate pure le responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo didattico e nella formazione del personale. Circa sei scuole su 10 (il 57%) hanno poi assegnato pesi diversi a questi criteri; e le scelte finali dei comitati sono state adottate quasi nel 100% dei casi all’unanimità.

Certo, nell'assegnazione del “bonus” è stata scelta una manica piuttosto larga: praticamente è stato premiato poco più di un docente su tre. Addirittura nel Lazio si è saliti al 47%, in Piemonte al 44%, in Campania al 40% e in Sicilia al 39%, solo per citare alcune regioni tra le più “generose”. Il premio non è stato dato in poco più di 500 scuole; e nel 20% dei casi è stato distribuito “a pioggia”, vale a dire in entità uguale per tutti i docenti selezionati (nell’80% dei casi invece le somme sono state, opportunamente, differenziate).

Nel report ministeriale non c’è ancora il focus sui singoli insegnanti premiati: se si scoprirà, per esempio, che i soldi aggiuntivi sono andati a tutti prof anziani saremo di fronte, senza girarci troppo intorno, a “scatti d’anzianità mascherati”; discorso diverso invece se emergerà che a essere valorizzati sono stati anche tanti giovani. E sarà importante, pure, vedere se i premi sono andati a un po’ tutto il personale docente, e non solo “a rinforzo” dei fondi già distribuiti a vicepresidi, delegati all’orientamento, e più in generale a chi ha compiti di coordinamento.

«L’introduzione del premio al merito è un cambiamento importante - ha commentato Daniele Checchi, economista all’università di Milano, ed esperto di politiche scolastiche - perché si tratta di un intervento generalizzato, in tutti gli ordini di scuola e in tutte le aree del paese. Prima di assumere atteggiamenti preconcetti, occorrerà analizzarne le ricadute sia sull’impegno futuro dei docenti (si impegneranno di più i premiati? E cosa faranno i non premiati?) sia, più in generale, sul clima scolastico. È importante riconoscere le differenze di impegno e ricompensare chi si adopera di più, ma bisognerà considerare anche i rischi della selezione e i malcontenti che ne possono conseguire».

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