Commenti

Dossier Più integrazione solo con una vera unione politica

  • Abbonati
  • Accedi
    Dossier | N. 25 articoli#Eurodibattito

    Più integrazione solo con una vera unione politica

    Il sole primaverile di Roma, scaldando il Sessantesimo del Trattato, ha aiutato a trovare un consenso non scontato per una agenda generale per i prossimi dieci anni. Quale può essere la giusta traiettoria di volo rispetto a quel sole per chi non vuole incorrere nel destino di Icaro?

    La più importante coordinata di volo è il completamento dell’Unione politica delineata, seppure con una tabella di marcia al rallentatore, nel rapporto dei cinque Presidenti (entro il 2025 completare l’architettura dell’euro). Un tempo lungo, se arriva il maltempo di congiunture internazionali, che va affrontato se necessario con accelerazioni.

    Non mancano gli strumenti di rotta. A marzo il Vertice di Versailles tra i Paesi principali dell’euro è stato chiaro: l’integrazione differenziata è a portata di mano. Rispetto al rapporto dei Cinque presidenti e al Vertice di Versailles proprio i più grandi paesi devono operare con determinazione, fornendo una risposta inequivocabile sugli scenari del Libro bianco della commissione. Unione politica subito, se per subito si intende agire da federatori e costruttori di unità come l’Italia cerca di fare, al netto di tanti limiti. Abbiamo bisogno tanto di Monnet quanto di Spinelli.

    Nessun slancio di integrazione potrà decollare senza la benzina dell’Europa sociale. Occorre tenere fede a questo obiettivo affermato a Roma. Per questo va tenuta la bussola della dimensione sociale come fattore di competitività. Vi è anche il tema di macropolitiche alimentate da risorse dal mercato interno e da una condivisione del rischio legata al “dover fare” per il futuro comune piuttosto che al “dover pagare” per il passato di singoli Stati.

    Si può riprendere il filone della Convenzione europea, modulando la funzionalità di questo metodo non esclusivamente a una riscrittura del Trattato ma anche a singole politiche. È una via comunque densa di incognite. Resta la necessità di approfondire senza ansie tutto ciò che questo Trattato rende possibile, e preparare, anche nel solco delle alte considerazioni svolte dal Presidente Mattarella, una futura stagione di riforma. Da notare anche l’appello dei Presidenti di Slovenia e Austria a favore di una nuova stagione costituente.

    Ma se abbiamo coordinate di volo e carburante, e alcuni utili strumenti, resta il tema dei piloti e dell’equipaggio. Bisogna chiedersi quale cultura politica può dare a governanti e cittadini la convinzione di sentirsi parte di un progetto di progresso. Il Centocinquantesimo dell’unità di Italia, pochi anni fa, ha mostrato la inconsistenza di sentimenti secessionisti. È auspicabile che, al di là delle legittime contrapposizioni politiche, cresca un moto unitario per respingere una concezione nazionalista della patria nel contesto europeo. Il patriottismo partecipativo (formula del Presidente finlandese) si basa su un impegno a smascherare il carattere antipatriottico del nazionalismo. Impedire la costruzione di politiche europee su questioni globali non potrà mai corrispondere a un vero interesse nazionale.

    Condizione minima perché ciò avvenga è che l’Europa sia intesa come “scuola del dubbio” più che di ostentate certezze. Come oggetto di studio di un intreccio storico e istituzionale, che può alimentare anche un consolidamento ideale della politica se la politica si fa carico della sua complessità. Brexit indica che dobbiamo muoverci su terreni sconosciuti e che dobbiamo usare insieme cautela e coraggio.

    Nessun volo di successo può fare a meno di una solida pista di decollo. Lo è ciò che l’Unione ha costruito nonostante le contraddizioni di questi decenni. Nel momento in cui si riflette da più parti su un nuovo idealismo europeista, è importante curarne la saldatura con l’europeismo che ha animato stagioni precedenti. Centralità del Parlamento europeo nel processo decisionale, valore strategico del mercato interno e della politica di concorrenza, profondità dell’acquis comunitario, ruolo della Bce, nascita del Servizio di azione esterna, politicizzazione della Commissione e sistema degli Spitzenkandidat, Fondo salva stati, maggiori responsabilità della Bei. Se non siamo capaci di difendere i progressi conseguiti, non sapremo mai spiccare il volo.

    Infine è chiaro che occorre arrivare puntuali essendo coerenti nel percorso di riforme. Un ripensamento di singoli aspetti delle regole di bilancio non può indebolire un orientamento politico culturale per le regole europee in senso generale. Mantenere questa prospettiva è la chiave per affrontare il nodo essenziale dello sviluppo del Mezzogiorno come questione nazionale e europea. Le ali del nuovo europeismo devono volare all’altezza di chi ha costruito la nostra traiettoria di sviluppo. Un compito che richiede senso di responsabilità e l’impegno di una classe dirigente rinnovata e curiosa per le complessità del mondo di oggi.

    © Riproduzione riservata