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Dossier L’occasione che la Sicilia deve saper sfruttare

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Dossier | N. 51 articoliElezioni regionali siciliane 2017

L’occasione che la Sicilia deve saper sfruttare

(Agf creative)
(Agf creative)

Mancano pochi giorni dalle elezioni del 5 novembre in Sicilia. E di tutto si continua a parlare nel mondo politico meno che della situazione economica dell’isola e di programmi concreti, come ben stanno mostrando le inchieste di Roberto Galullo su questo giornale. Eppure la Sicilia ha assoluto bisogno di riforme strutturali e di iniziative efficaci per non continuare a figurare in posizioni di retroguardia pressoché su ogni versante della realtà economica e sociale. Di qui l’importanza che riveste una gestione delle risorse disponibili attenta alla qualità degli interventi e della spesa.

Stando ai vari indicatori concernenti tre macro-ambiti (come condizioni di base, efficienza e innovazione), di cui si è servita la Commissione europea per stabilire l’indice di competitività regionale la Sicilia si colloca tra i fanalini di coda nella classifica delle 263 regioni della Ue.

È vero che, pur nel quadro di un territorio dove oltre il 93% delle aziende sono di microdimensioni (meno di 10 addetti), non mancano alcuni dati di segno positivo emersi nel primo trimestre del 2017: come il rafforzamento del numero di società di capitali, che attesta un processo un atto di selezione e irrobustimento del tessuto produttivo; e una crescita del numero delle imprese aderenti a Contratti di rete. Tuttavia ciò è avvenuto in misura inferiore rispetto alla Campania e alla Puglia, e così pure è accaduto per l’occupazione, che risulta nel secondo trimestre di quest’anno pari al 40,6%, più bassa di quasi quattro punti rispetto a quella del Mezzogiorno nel suo complesso. Alla stessa data il tasso di disoccupazione in Sicilia (pari al 21,1%) è maggiore di quasi due punti rispetto a quello registrato nel Mezzogiorno nel suo insieme e superiore di dieci punti a quello medio italiano.

Di fatto la Sicilia è stata una delle regioni del Sud dove l’impatto della Grande recessione protrattasi dal 2008 al 2015 è stato particolarmente duro e pervasivo; perciò la ripresa risulta oggi più lenta e a chiazze, faticosa e non omogenea. D’altronde il settore delle costruzioni che in passato aveva un peso rilevante nell’andamento dell’economia siciliana, oggi stenta a ripartire. È divenuto pertanto essenziale che l’industria assuma un ruolo propulsivo e trainante. Sebbene siano non più dello 0,5% del totale le aziende con più di 50 addetti e pochissime le imprese con più di 250 addetti, quel che conta, per innestare una marcia più alta, è la capacità di conseguire un coefficiente più elevato in termini di qualità e produttività. Secondo Sicindustria, occorre tuttavia che le imprese possano contare su un contesto istituzionale e su una cultura sociale che ne assecondino l’itinerario mediante misure adeguate e non parcellizzate che valgano a fare “sistema”: a migliorare le infrastrutture, i servizi pubblici, la formazione del capitale umano, le comunicazioni interne e i collegamenti esterni, e ad attrarre investimenti dall’estero.

Insieme all’industria, il turismo è l'altra leva importante per un rilancio dell’economia siciliana. Scoperto, paradossalmente, solo negli ultimi anni dal notabilato politico siciliano, il complesso di attività messe in moto dall’afflusso e dalla spesa dei turisti è destinato, qualora venga gestito in modo appropriato e in sintonia con una rigorosa tutela dell’ambiente, a costituire una risorsa preziosa per l’isola. Insieme a una crescente presenza nell’isola di turisti stranieri (giunti nel 2016 alla cifra di oltre tre milioni e 300 mila), l’incremento delle esportazioni nei primi due trimestri del 2017 (per un valore di più del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente) è un altro dato che lascia ben sperare: anche perché, se quella degli idrocarburi continua a essere la quota preminente dell’export siciliano, sono andate aumentando negli ultimi tempi quelle di vari prodotti manifatturieri e dell’agroalimentare. C’è inoltre un’opportunità come quella rappresentata dalla logistica, che dovrebbe essere valorizzata con sagacia e lungimiranza, in considerazione della posizione geo-economica strategica dell’isola. Senonché, lo scoglio contro cui rischiano di infrangersi le potenzialità della Sicilia rimane pur sempre quello di un sistema regionale afflitto sia da un elevato grado di litigiosità politica sia da una macchina burocratica per lo più debordante e sonnacchiosa: a giudicare anche dal fatto che la Sicilia detiene il primato in Italia delle infrastrutture e opere pubbliche incompiute (ben 158 su un totale di 752). Un record, questo, che significa, oltre a una ridda di ricorsi giudiziari, un gran numero di cantieri fermi e di gente disoccupata, di fondi sprecati o inutilizzati, e di maggiori costi qualora i lavori vengano ripresi.

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