Uno scacchista è matematico, stratega, perfezionista. Ennio Morricone sarebbe probabilmente stato lo scacchista italiano numero uno della sua generazione, se non fosse diventato il più grande compositore italiano di musica per film di sempre. Sabato 10 novembre compie 90 anni, lasciandosi alle spalle 500 colonne sonore, 70 milioni di dischi venduti, due Oscar, tre Grammy, quattro Golden Globe e un Leone d’Oro vinti. Ha vissuto da protagonista le grandi stagioni della cinematografia e della discografia italiana, attraversato i set di Cinecittà e gli studi di Rca.
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«L’Oscar dovevano darmelo per “Mission”»
Ha segnato in maniera inconfondibile la Trilogia del dollaro di Sergio Leonee Se telefonando di Mina, sperimentato nuovi linguaggi con il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, ma da appassionato scacchista non
smette di pensare alle mosse che avrebbe potuto fare e non ha fatto, a partite che sarebbero potute andare diversamente. Gli
chiedi della statuetta portata a casa per The Hateful Eight di Quentin Tarantino, lui rilancia con quella che avrebbe voluto per Mission di Roland Joffé. «L’Oscar – ci tiene a sottolineare - me l’aspettavo nell’87, a quelle musiche tenevo particolarmente. Invece
se lo prese Herbie Hancock per Round Midnight. Per carità: non discuto l’artista, ma non erano neanche tutte composizioni originali. Ricordo le proteste alla cerimonia
di consegna. Poi l’Oscar è arrivato con The Hateful Eight che all’inizio neanche volevo fare. Tarantino venne a trovarmi a casa, mi raccontò questa idea singolare del western girato
sulla neve. Solo Corbucci poteva avere un’idea del genere e così mi sono lasciato convincere».
«Pasolini e Fellini rifiutarono il mio film»
Morricone ti parla di quando, una sera a cena con Pier Paolo Pasolinie Federico Fellini, propose loro il soggetto originale per un film che avrebbe dovuto intitolarsi La morte della musica, su un’immaginaria umanità del futuro cui un dittatore vieta le sette note. «L’idea piacque – racconta – ma nessuno dei due
alla fine ne fece niente». Trama da romanzo, in un certo senso surreale che ieri sarebbe potuta entrare nelle corde di Fellini.
Oggi potrebbe forse intrigare Paolo Sorrentino? «Non ci credo», risponde. «Ogni progetto appartiene alla propria epoca. E
poi Fellini stesso fece Prova d’orchestra, film che si poneva un po’ domande analoghe». Morricone non è stanco di girare. Che si tratti di pellicole o teatri.
«Col cinema ho chiuso. A parte Tornatore»
Il pubblico europeo sta salutando con sold out a ripetizione «The 60 Years of Music Tour», tournée celebrativa dei 60 anni
di carriera. «Con il cinema – confida il Maestro – ho praticamente chiuso. Con una importantissima eccezione: Giuseppe Tornatore. Sto scrivendo le musiche dei suoi prossimi due film. Quando me lo chiede Peppuccio è diverso. Ci conosciamo: io so quello che vuole, lui sa come mi piace lavorare. Ci sono i presupposti perché esca un buon
risultato». A quattro mani con Tornatore, Morricone ha scritto Ennio, un maestro, conversazione in forma di libro su cinema e musica (Harper Collins, euro 19,50, pp. 334). Conoscersi è la parola magica,
quando ci si confronta con il Maestro. Persona schiva, operosa, di una modestia rara nell’ambiente e sorprendente se si considera
il curriculum. Ti accoglie nella casa all’Eur, dove vive con l’inseparabile moglie e confidente Maria, tra mobili antichi,
carta da musica, dischi e foto dei quattro figli. Ti studia come se avesse di fronte una partitura e, appena riesce a interpretarti,
non si risparmia. Infilando aneddoti curiosi, descrizioni fulminanti, punti di vista originali.
Come si costruisce il concerto perfetto
Sintetizzare 60 anni di carriera in una scaletta di concerto «facile non è stato – precisa - ma neanche troppo difficile.
La logica era: alcune cose le devo fare perché me le chiede il pubblico. E qui ci metti le colonne sonore di Leone, il lavoro
per Tarantino, l’Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Altre cose le devo fare perché piacciono a me. E qui ci metti i lavori per Tornatore, per esempio, o qualche pezzo più complesso.
Una buona scaletta è sempre sintesi tra gusti del pubblico e proposta dell’autore». Che, dal suo punto di vista, fa «un lavoro
artigianale. Risponde a un committente che è il regista». In un rapporto a tre variabili: «Ci sono i registi che ti lasciano
libero, quelli con cui finisci per scontrarti e quelli con cui riesci ad arrivare a un compromesso».
Quelle discussioni con Leone (e signora)
Con Leone, per esempio, «c’erano affiatamento e confidenza. Si sa: eravamo in classe insieme in terza elementare. Ma dovevi
sempre convincerlo della tua idea. Aveva l’ossessione della perfezione – continua Morricone - propria dei grandi autori di
cinema. In C’era una volta il West, per esempio, perseguitò i rumoristi per la scena dello scontro tra treni, fino a che non riuscì a ottenere l’effetto che
voleva. Ogni volta che avevamo una discussione, però, avevo un’alleata preziosa: la moglie Carla. Spiegavo le mie ragioni
a lei che, in un modo o nell’altro, lo convinceva». Clint Eastwood rivelò di aver compreso la grandezza di Per un pugno di dollari solo dopo aver ascoltato il 45 giri con il “fischio”. «Leone e io – ricorda Morricone – al contrario non eravamo coscienti
del fatto che quell’opera avrebbe lasciato il segno. Ci sembrava un esperimento. Chi pensava che saremmo arrivati fuori dall’Italia?
Sergio diceva: “È già tanto se arriviamo a Catanzaro”. Il successo ci travolse. Un pezzo dopo l’altro, poi, lui sul piano
cinematografico e io su quello musicale, cominciammo ad acquistare consapevolezza. Del lavoro fatto per Il buono, il brutto e il cattivo, per esempio, eravamo molto soddisfatti. E mica solo noi: una decina di anni fa un sondaggio di Bbc Radio 3 stabilì che quella
era la seconda migliore colonna sonora di tutti i tempi, dietro al tema di Star Wars di John Williams».
La gentilezza di Pasolini
Pasolini«era molto gentile ma sempre serio. Abbiamo lavorato a lungo ma ci siamo sempre dati del lei, non saprei dire se alla fine
diventammo amici. Era un artista che teneva in grandissima considerazione il lavoro artistico. Poi aveva le sue idee che non
sempre coincidevano con le mie. Ti chiedeva di riarrangiare brani della tradizione classica, oppure alternava pezzi tuoi a
Mozart. Quell’approccio non l’ho mai condiviso e protestavo. All’inizio mi lasciava libero, alla fine della sua carriera mi
sono “arreso” alle sue richieste. E quindi optammo per la dicitura “musiche a cura dell’autore con la collaborazione di Ennio
Morricone”».
«Arancia Meccanica avrei dovuto farlo io»
Ce n’è anche per Bernardo Bertolucci («Per quanto mi riguarda, tra i migliori registi italiani di sempre. Ho avuto la fortuna
di musicare Novecento che ritengo essere il suo capolavoro») ed Elio Petri con le musiche di Indagine che stregarono Stanley Kubrick: «Mi chiamò per Arancia Meccanica. Eravamo d’accordo anche sul compenso: 15 milioni di lire, poca roba per una produzione di quel livello. Voleva qualcosa
di simile a Indagine. Detesto direttive di questo tipo, ma in quel caso avrei ceduto perché era Kubrick. Il progetto sfumò con una telefonata
di Leone: gli spiegò che ero ancora impegnato con Giù la testa. E il film lo fece Walter Carlos».
Tra Gino Paoli e Chico Buarque
Che ricordi ha il Maestro dei gloriosi tempi della Rca Italiana? «All’inizio – risponde - eri molto vincolato nelle soluzioni
che potevi proporre. Se però i tuoi dischi vendevano, acquistavi libertà. Negli anni Cinquanta ebbi ottimi riscontri di vendita
con la serie su Napoli di Miranda Martino, nel ’64 con un azzardo ritmico su Ogni volta, affidata a Paul Anka, sfornammo il primo 45 giri italiano da 1,5 milioni di copie. A quel punto ti divertivi. Le soluzioni
semplici – spiega - erano le più efficaci sul piano commerciale: si pensi a Sapore di sale di Gino Paoli, maestro dei giri armonici. Se per un disco non c’era l’“obbligo” di vendere, io mi divertivo ancora di più.
Con Chico Buarque, per esempio, mi sono tolto grandi soddisfazioni». Ha eredi il Maestro? «Non lo so, - risponde – ma stimo
i compositori che sanno scrivere la musica. Nicola Piovani, Franco Piersanti e Carlo Crivelli», accanto al compianto Luis Bacalov.
Il futuro: ricominciare dai maestri (di musica)
Morricone si concentra poi su temi di attualità, come l’ipotesi del credito d’imposta per chi iscrive i figli alle scuole
di musica: «Ottima idea. Qualcosa di buono si è fatto in questi anni su questo versante, ma occorre fare tanto altro. Penso
alla formazione di buoni insegnanti di musica e a una strumentazione all’altezza nelle scuole». Quanto alla gestione del diritto
d’autore, «la Siae– secondo il Maestro - è la società degli autori e degli editori e come tale deve restare il soggetto al centro del sistema.
Non mi piace l’idea di un mercato italiano aperto a soggetti a scopo di lucro». Il Maestro continua a ricevere proposte per
film «e continuo a rifiutarle. Le ultime due chiamate – spiega - sono arrivate dall’America. Ho detto basta al cinema. L’unica
eccezione si chiama Tornatore. A lui non so dire di no e le composizioni per i suoi film sono tra le mie migliori cose. Non
sempre il pubblico lo ha capito. O forse dovremmo dire: non ancora».
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