
Andrà pur bene la diplomazia culturale messa in campo dalla Farnesina per riportare a casa otto capolavori italiani “ostaggio”
della Serbia ma intanto la Procura di Bologna affila le armi giudiziarie per convincere Belgrado.
A distanza di poche ore dall'inchiesta del Sole 24 Ore sulle opere d'arte di inestimabile valore – tra cui dipinti di Tiziano,
Tintoretto, Carpaccio e Veneziano – trafugate dall'Italia nel 1943 sui treni speciali del luogotenente di Hitler, il maresciallo
Herman Goering, e finiti in Serbia dopo che per decenni se ne erano perse le tracce, le reazioni non si sono fatte attendere.
La Farnesina al lavoro
In una nota ufficiale spedita ieri al giornale, il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale dichiara
di essere «attivamente impegnato nel recupero delle otto opere d'arte italiane illecitamente esportate dal nostro Paese verso
la Serbia da parte della Germania occupante durante la Seconda Guerra mondiale».
Una presa di posizione che, pur senza scendere in alcun modo nel dettaglio delle azioni che saranno intraprese, viene ribadita
al termine della nota, allorché ricorda che «per quanto la questione sia seguita direttamente dal ministero della Giustizia
con le proprie controparti serbe, la Farnesina è attivamente impegnata nel sensibilizzare le Autorità della Repubblica Serba
e nell'assicurare che venga prestata la massima collaborazione in relazione alla richiesta formulata dalla Procura di Bologna».
La Farnesina ricorda anche che la Convenzione Unesco del 1970 contro il traffico illecito di beni culturali, che disciplina
la restituzione dei beni illecitamente sottratti e di cui entrambi gli stati sono parte, «non è in questo caso utilizzabile
in quanto non può applicarsi a casi anteriori alla sua entrata in vigore».
I passi della Procura di Bologna
La Convenzione del 1970 viene (non a caso) appena citata nelle richieste di rogatoria inoltrate a luglio 2015 e a settembre
2017 dalla Procura della Repubblica di Bologna alle Autorità giudiziarie della Repubblica Serba. «Del resto non sappiamo neppure
se Belgrado abbia recepito quella Convenzione» spiega al sole24ore.com il sostituto procuratore Roberto Cerioni che da anni
si batte, affiancato operativamente dal Comando tutela patrimonio culturale dei Carabinieri di Firenze, per riportare a casa
le tele.
Nelle sue rogatorie, per prima cosa la Procura richiama la convenzione europea in materia di riciclaggio, ricerca, sequestro
e confisca dei proventi dei reati dell'8 novembre 1990 che la Repubblica Serba (questa volta sì) ha ratificato il 9 ottobre
2003 e che è entrata in vigore il 1° febbraio 2004.
A monte di tutto, rammenta la Procura, c'è comunque la violazione della legge 1089/39 sulla tutela delle cose di interesse
artistico o storico che non consentiva l'uscita dal Paese di quelle (e molte altre) opere, senza dimenticare la Dichiarazione
di Londra del '43, secondo la quale le potenze alleate si impegnavano a fare tutto ciò che era in loro potere per annullare
le compravendite di beni (incluse le opere d'arte) avvenute nei territori occupati dai tedeschi e dai loro alleati, anche
se gli atti di compravendita si presentavano in apparenza del tutto legittimi.
Nel '55, infine, il parlamento italiano approvò la legge numero 77, che stabilisce che «le opere d'interesse artistico, storico
e bibliografico, che nel periodo dal 1° gennaio 1936 all'8 maggio 1945 furono trasferite in proprietà e a qualsiasi titolo
allo Stato germanico, a personalità politiche del regime nazista o a sudditi germanici e delle quali il Governo italiano ha
ottenuto la restituzione da parte del Governo militare alleato in Germania, sono acquisite al patrimonio artistico, storico
e bibliografico dello Stato e conservate in musei o biblioteche pubbliche». Le otto opere trafugate nel 1948 da Ante Topic
“Mimara” nel Collecting point di Monaco gestito dagli Usa, sono tra queste.
A nulla serve, dunque che – come ha tentato di fare il Tribunale superiore di Belgrado il 29 novembre 2016 nella risposta
alla prima rogatoria – la Serbia provi a far passare i dipinti come “preda bellica” alla luce del fatto che l'Italia era alleata
della Germania, l'acquisto come “in buona fede” e persino l'usucapione dei beni, anche alla luce del fatto che la Serbia non
ha mai comunicato da quando il Museo di Belgrado ospita queste opere.
Quanto ai beni culturali come preda bellica, è la stessa Farnesina, con una nota inviata alla Procura di Bologna, ad affermare
«come dagli atti e dai Trattati di pace esistenti presso la Farnesina non risulta alcuna menzione circa risarcimenti di danni
di guerra attraverso cessione di opere d'arte ad eccezione di quanto previsto dal Trattato di Osimo del 1975 che prevedeva
la restituzione dei beni presenti esclusivamente nella zona “B” di Trieste e Istria» (tra i quali non erano sicuramente contemplati
gli otto dipinti).
Confisca e primo processo
La Procura di Bologna, dopo aver chiesto il sequestro preventivo, si appresta a chiedere al giudice italiano un decreto di
confisca dei beni, indipendentemente dai giudizi penali in corso, visto che, come si legge nell'ultima rogatoria «risponde
ad una finalità esclusivamente recuperatoria di una res che non può essere sottratta al patrimonio culturale/economico italiano
né può uscire dal territorio nazionale e dal dominio eminente che lo Stato esercita su di essa».
Non solo. Nei prossimi giorni si svolgerà a Bologna l'udienza preliminare contro alcuni imputati accusati di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, perché nella mostra “Da Carpaccio a Canaletto- Tesori d'arte italiana dal Museo nazionale di Belgrado”, allestita nel capoluogo dal 28 novembre 2004 al 13 febbraio 2005, hanno esposto gli otto dipinti.
«Opere provenienti tutte da delitti di esportazione illecita, furto e appropriazione indebita – si legge nella richiesta di
rinvio a giudizio firmata il 15 maggio 2017 dal pm Ceroni – perpetrati ai danni dello Stato italiano, legittimo titolare delle
predette opere in quanto oggetto di alienazione a gerarchi nazisti nel periodo compreso tra il 1936 e il 1945 e di successiva
illecita esportazione in Germania. Con la consapevolezza della provenienza delittuosa dei citati quadri, attesa la notorietÃ
e pubblicizzazione della stessa, la competenza specifica nel settore da parte delle medesime e le ricerche comunque effettuate
per la pubblicizzazione di un catalogo contenente proprio i quadri della mostra».
Non resta che attendere i prossimi passi. Non solo dell'Italia e della Serbia ma anche degli Usa e della Germania, che un ampio ruolo hanno svolto nella storia.
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