L’ultimo a debuttare tra i big europei è stato «Scale», esattamente un anno fa. Il segmento della Borsa di Francoforte dedicato alle Pmi ha iniziato le contrattazioni con 37 titoli e questa settimana con l’Ipo della società di cybersicurezza Cyan raggiungerà quota 50. Tutte imprese di taglia small con una capitalizzazione media di 149 milioni, che puntano a un accesso sul mercato dei capitali per farsi accompagnare nel percorso di crescita.
Se a fare da pioniere è stata Londra nel giugno 1995, nella seconda metà degli anni Duemila, complice anche il credit crunch, le piazze europee si sono attrezzate per dar vita a mercati ritagliati su misura per le Pmi. «Nella maggior parte dei casi - sottolinea Francesca Pampurini, docente di intermediari finanziari all’Università Cattolica - si è però trattato di interventi frammentari e diversi da Paese a Paese che hanno avuto un impatto limitato, seppur positivo, sull’accesso al mercato da parte delle Pmi».
Bruxelles verso una proposta legislativa
I margini di azione sono ancora molti, come dimostra l’edizione 2017 del sondaggio condotto dalla Banca europea per gli investimenti: il canale di finanziamento per vie interne è ancora predominante (63% del totale), mentre il 35% del reperimento della liquidità avviene per vie esterne dove le banche giocano ancora la parte del leone e l’equity financing (Ipo e e l’ingresso di un fondo di private equity nel capitale) appena l’un per cento. La Commissione Ue ne è ben consapevole: Bruxelles sta esaminando i risultati di una consultazione di tutti gli attori in gioco appena conclusa e entro giugno dovrebbe presentare una proposta legislativa per stabilire regole ad hoc per la quotazione delle Pmi. L’obiettivo è chiaro: accrescere il numero di Ipo e contribuire così alla creazione di un mercato europeo dei capitali a misura di “piccoli”.
Oggi la fotografia sulle «Borse per le Pmi» dei principali Paesi mostra differenze significative. Sul listino dell’Aim londinese vengono scambiate le azioni di 950 “gioiellini” : il 74% di essi sono europei, mentre la parte restante proviene da numerosi Paesi del mondo. Su una capitalizzazione complessiva di oltre 105 miliardi di sterline spiccano i settori della farmaceutica e delle biotecnologie.
Il bilancio di Aim Italia
L’esperienza è stata esportata anche da noi (Borsa Italiana fa parte del London Stock Exchange Group) dove nel 2012 è nato Aim Italia in seguito all’accorpamento di Aim e Mac. Qui si contano 97 società (di cui 93 ammissioni con Ipo negli ultimi 5 anni), con una capitalizzazione totale di 6,2 miliardi. Il 2017 è stato un anno record, con 26 nuovi ingressi, di cui 24 Ipo, e nel 2018 sono state finora cinque le matricole al debutto. «Aim Italia - spiega Luca Tavano, responsabile product development per le mid e small cap di Borsa Italiana -rappresenta un mercato ideale per raccogliere capitali e ampliare la propria base di investitori. Oggi con oltre 3 miliardi di euro raccolti, in larga parte in aumento di capitale, Aim Italia sta contribuendo ad accelerare il processo di sviluppo delle imprese che si quotano o direttamente sul mercato o utilizzano le Spac come modalità alternativa al processo di quotazione tradizionale. Stiamo osservando un forte slancio in tutti i settori dell’industria e per la prima volta anche il quadro normativo sta contribuendo a dare un ulteriore impulso al mercato con i Pir (piani individuali di risparmio). Questi strumenti sono fondamentali per garantire maggiore liquidità, soprattutto domestica, sul mercato». Un obiettivo di potenziali nuove matricole per ora non c’è, prosegue Tavano, ma «auspichiamo che gli incentivi messi in campo dal governo possano accrescere ulteriormente l’appetito delle imprese verso la quotazione».
Lo scorso dicembre, inoltre, il mercato italiano per le Pmi è diventato “Sme Growth Market”, la nuova categoria ideata dalla Commissione Ue all’interno della direttiva Mifid2 per sviluppare un quadro normativo che possa facilitare l’accesso delle Pmi al mercato dei capitali. C’è poi Euronext-Enternext che dal 2013 promuove e gestisce tutte le offerte e i servizi orientati alle esigenze di finanziamento per le Pmi sulle piazze di Parigi, Amsterdam, Bruxelles e Lisbona: vengono scambiati titoli di 928 Pmi, con una capitalizzazione complessiva di 147,5 miliardi, in svariati settori, dove è in testa quello industriale. Qui negli ultimi 5 anni le Ipo sono state 264. A Madrid il Bme Growth market è nato invece nel 2009 e rappresenta una vetrina per 90 piccole e medie imprese.
«Per sviluppare un mercato realmente efficiente - dice Pampurini - è necessario un numero il più possibile elevato di soggetti partecipanti - sia dal lato della domanda sia dell’offerta - e un’architettura di regole e procedure il più possibile condivisa e standardizzata». La missione, afferma il ricercatore del Ceps di Bruxelles Apostolos Thomadakis «potrebbe essere realizzabile, ma occorre un atteggiamento più ambizioso da parte della Commissione Ue. La direttiva Mifid2 ha compiuto passi avanti significativi sul fronte della trasparenza e ha introdotto la nuova categoria “Growth market” per le Pmi , ma serve uno scatto in avanti. I piccoli necessitano di un quadro di regole su misura con alcune esenzioni e di un ecosistema favorevole per consentire a quelle che hanno intrapreso un percorso di crescita di trasferirsi sul mercato principale o di percorrere altre strade di rafforzamento del capitale».
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