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Dossier | N. (none) articoli Le inchieste di Fiume di denaro

McDonald’s, Amazon e Ronaldo: in Lussemburgo «pace fiscale» per tutti

Se vai a caccia di una maglietta da calcio di una qualunque squadra del Lussemburgo, neppure a parlarne. Giri a vuoto in lungo e in largo per le strade e i vicoli, dal centro alla periferia e ti chiedi se, oltre al ciclismo, esista da queste parti un'altra idea di sport.
Un campo di calcio nella città di Lussemburgo – costruito nel 1928 e dal 1993 intitolato a Josy Barthel, mezzofondista e politico, vincitore della medaglia d'oro nei 1500 metri alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 – ce l’hanno. Invero non è l’unico ma solo quello più importante.

Qui, nell'unico Granducato rimasto al mondo, incastonato tra Francia, Germania e Belgio, dove nell'82 risiedevano 350mila persone salite ora a 600mila (per il 47% stranieri, ai quali ogni giorno si aggiungono circa 220mila transfrontalieri), le due ruote sono un vangelo sportivo mentre il football è passione che si accende e si spegne.

Per arrivare allo stadio Barthel bastano poche fermate di autobus dal centro della capitale. Il 7 dicembre 2012 l’impianto era gremito. Quel giorno il Portogallo vinse 2-1 con gol di Cristiano Ronaldo al 28esimo e di Helder Postiga al 54esimo. Il gol della bandiera del Granducato fu segnato – per un incrocio del destino ripetuto tra i due Paesi, visto che in Lussemburgo risiedono circa 100mila portoghesi – da Daniel da Mota Alves, attaccante portoghese naturalizzato lussemburghese, calciatore del club F91 Deudelange.
Eppure il calcio Рmeglio: l'industria che ruota intorno al pallone Р̬ un polmone economico e soprattutto finanziario per le casse del Granducato. Proprio Cristiano Ronaldo ̬ l'emblema delle profonde radici che i campioni di calcio di tutto il mondo hanno messo in Lussemburgo.

Ed qui, davanti alla bandiera del Lussemburgo che sventola sullo stadio, che inizia il viaggio del Sole 24 Ore nei Paesi dell’Unione europea la cui aggressività fiscale penalizza il libero mercato e la reale concorrenza tra le imprese, creando un mancato introito fiscale stimato dalla Commissione di Bruxelles tra i 50 e i 70 miliardi di euro all’anno. I Paesi che visiteremo, oltre al Lussemburgo, saranno il Belgio, l’Olanda, l’Irlanda, Malta, Cipro e l’Ungheria.

INFODATA / Pil, reddito e tasse: calcola la pressione fiscale in Europa

Il quadro generale
Il Lussemburgo rientra nella lista degli Stati europei nei quali la tassazione diventa un elemento di vantaggio a scapito di altri Stati membri ed è dunque in grado di attirare imprese e multinazionali di ogni parte del mondo (Italia compresa).
Da settembre 2016 il Lussemburgo contende al Qatar il primo posto nella classifica Ocse per Pil pro-capite a parità di potere d'acquisto. Nel 2016 il Pil è aumentato del 4,2% e nel 2017 l'incremento è stato del 3,8%. Motore dell'economia lussemburghese rimane il settore finanziario, ma il Granducato si sta cautelando dai rischi di un'eccessiva dipendenza con l'adozione di politiche di diversificazione del tessuto produttivo che fanno premio su investimenti in Ict di ultima generazione, logistica, biotecnologie, innovazione e ricerca scientifica.

Il Lussemburgo è la seconda piazza finanziaria a livello globale per attrazione di fondi di investimento. Sono presenti 139 banche internazionali di 28 diversi Paesi (quelle cinesi sono otto), affiancate da società si assicurazione e da servizi complementari di consulenza, revisione contabile, assistenza giuridica. Gli impiegati nel settore finanziario sono 52 mila e per capire l'importanza della finanza basti aggiungere un ultimo termine di paragone: in Lussemburgo c'è uno sportello bancario ogni quattro abitanti. Difficile credere che si creino code alla cassa.

IL CONFRONTO
Alcune voci a confronto della tassazione sulle società in Italia e Lussemburgo

La presenza italiana
La presenza italiana, diretta o partecipata, si rileva non solo nel settore finanziario – dove operano istituti bancari, diverse compagnie di assicurazione e società di intermediazione – ma anche nel manifatturiero. E basta un giro tra i boulevard del centro o del Plateau Kirchberg - l’enorme altopiano che domina la città e dove hanno sede le istituzioni europee - per rendersene conto.

Capofila è la Ferrero international Sa, che impiega circa 1000 persone e si sta ulteriormente espandendo. Mondo Luxembourg, filiale dell'azienda Mondo di Alba (Cuneo) specializzata in rivestimenti di caucciù e materiali sportivi, ha allestito la pavimentazione della “Coque”, grande centro multifunzionale con impianti sportivi olimpionici.

Nuove società italiane stanno operando tramite contractors nel settore costruzioni, come la Came di Treviso, che recentemente ha vinto una commessa per la fornitura di sistemi domotici in 2000 appartamenti di alta gamma. Basta scorrere online, ad esempio, “info Mercati esteri” della Farnesina per scoprire nomi noti e meno noti. Tra i primi basti citare Fideuram bank, Intesa San Paolo, Ubi banca, Unicredit international, Credem, Banca popolare dell'Emilia-Romagna e Mediobanca international. Tra i secondi Andreotti Apl e Helth Sa (macchinari e apparecchiature), Gapi Europe e Met-Lux (articoli in gomma e materie plastiche), Mondialfood Sa (prodotti alimentari) e Venice consulting (attività immobiliari). Non manca neppure Fiat Chrysler finance europe.

Lo scandalo LuxLeaks
Il 5 novembre 2014 un'inchiesta titolata “LuxLeaks”, nata dalla cooperazione di 80 giornalisti di 26 Paesi che si riuniscono intorno al Consorzio internazionale giornalisti investigativi (Icij), scosse l'Europa. L'inchiesta svelò che tra il 2002 e il 2010 il governo del Lussemburgo aveva concesso, grazie a negoziati segreti, condotti singolarmente con 343 tra aziende, banche e multinazionali, un lungo elenco di agevolazioni fiscali. Grazie a questi accordi fiscali, approvati dal Tax office lussemburghese, fu evitato il pagamento di milioni di euro in tasse, visto che le aliquote erano spesso inferiori all'1%. Lo scandalo coinvolse anche l'ex primo ministro nonché ex ministro delle Finanze dal 1995 al 2013 Jean-Claude Juncker, diventato, appena tre giorni prima che l'inchiesta fosse pubblicata, presidente della Commissione europea.

Il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker - (AP Photo/Virginia Mayo, File)

La rivelazione di queste intese, legali sul piano del diritto interno del Granducato ma che verosimilmente hanno violato le norme comunitarie sulla concorrenza e gli aiuti di Stato, obbligarono almeno il Granducato a condividere le informazioni su questi accordi (tax-ruling) con altri governi europei e portarono a un giro di vite in ambito europeo, i cui effetti sono, in gran parte, ancora là da venire .

La Ue nel gennaio 2016 ha approvato infatti la direttiva contro l'elusione fiscale “Anti tax avoidance” (Atad) per una tassazione societaria più equa, semplice ed efficace. Il pacchetto contiene misure concrete per prevenire la pianificazione fiscale aggressiva, aumentare la trasparenza fiscale e creare parità di condizioni per tutte le imprese nella Ue. Il pacchetto dovrebbe aiutare gli Stati membri ad adottare un'azione forte e coordinata contro l'elusione fiscale e ad assicurare che le società paghino le imposte ovunque effettuino i loro profitti nella Ue.

Tra il dire e il fare...
Buone intenzioni rimaste però ampiamente sulla carta, se è vero che la Commissione europea, il 7 marzo 2018 ha reso pubblico un report che, ancora una volta, ha messo sotto accusa la pianificazione fiscale aggressiva di alcuni Paesi. La perdita di entrate per l'Europa, legata allo spostamento della tassazione sugli utili all'interno della stessa Unione, è stimata dalla Commissione europea tra 50 e 70 miliardi di euro.

«Una pianificazione fiscale aggressiva – si legge nel documento – altera il gioco e mette fuorigioco risorse che potrebbero essere utilizzate dai governi nazionali per raggiungere propri obiettivi. La distorsione fiscale può essere aggredita attraverso il rafforzamento della legislazione nazionale, l'aumento della trasparenza e la cooperazione tra Governi». Amara la conclusione: entro la fine del 2018 tutti gli Stati membri devono adottare la direttiva contente il pacchetto contro le distorsioni fiscali.
A cadere sotto la scure dalla Commissione sono state innanzitutto Belgio, Irlanda, Cipro, Malta e Olanda ma report specifici sono stati dedicati, oltre che a questi Paesi, anche al Lussemburgo e Ungheria.

La beffa McDonald’s

E proprio qui, in Lussemburgo, si è consumato nei giorni scorsi un paradosso fiscale che spiega più di ogni altro perché le multinazionali vengano tra questi Boulevard ad aprire le loro holding.

Dopo due anni di istruttoria, l’Antitrust europeo ha chiuso l’indagine su McDonald’s e ha assolto sia l’azienda che il Granducato dove è ubicata la sede legale della multinazione del fast food. La non-tassazione di alcuni profitti - ha stabilito l’Antitrust - è in linea con le leggi lussemburghesi e con il trattato sulla doppia tassazione Lussemburgo-Usa. Per Bruxelles non c’è quindi stato nessun aiuto di Stato. «Resta il fatto che McDonald’s non ha pagato tasse su questi profitti (né in Lussemburgo né in Usa) e non è come dovrebbe essere dal punto di vista dell’equità fiscale», ha dovuto ammettere la commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager.
«La Commissione ha indagato se la doppia non-tassazione di alcuni profitti di McDonald’s fosse il risultato di una cattiva applicazione da parte del Lussemburgo delle sue regole e del trattato fiscale stretto con gli Usa, a favore di McDonald’s», ha spiegato Vestager. «Ma l'indagine ha dimostrato che il motivo per la doppia non-tassazione è una discrepanza tra le regole fiscali lussemburghesi e quelle Usa, e non un trattamento speciale del Lussemburgo. Quindi il Lussemburgo non ha violato le regole sugli aiuti di stato», ha precisato la commissaria.
L'indagine era stata aperta a dicembre 2015. La Commissione europea voleva capire perché la sussidiaria del colosso Usa in Europa non pagava le tasse né in Europa né in Usa. Bruxelles ha quindi analizzato due “tax ruling” firmati nel 2009 tra il Lussemburgo e McDonald’s. E quindi la beffa: gli accordi fiscali ad hoc sono perfettamente legali.

Il Fisco amico
Nel report della Commissione dedicato al Granducato, che porta la data del 7 marzo 2018, si dà atto al Paese di aver fatto qualche passo in avanti e di essere impegnato in una riforma che renda la pianificazione tributaria aggressiva soltanto un ricordo, tuttavia, si legge testualmente, «l'assenza della ritenuta alla fonte sugli utili e sugli interessi delle società residenti in Lussemburgo o la mancanza di regole contro gli abusi fiscali, dà l'impressione che la disciplina fiscale lussemburghese possa ancora nascondere strumenti elusivi».

Fisco amico in Lussemburgo

Il carico fiscale complessivo in Lussemburgo ammonta a circa il 38,3% del prodotto interno lordo (Pil), appena sotto il 38,9% che rappresenta la media europea (fonte: Commissione europea 2017).
La recente riforma della tassazione sulle società ha portato a un risultato che, paradossalmente, anziché diminuire il divario del trattamento all'interno della Ue, lo aumenta. Le imposte sul reddito (equivalente grosso modo all'Ires italiana) sono scese nel 2017 dal 21% al 19% e quest'anno al 18%. E' stata ridotta dal 20% al 15% anche la tassazione per le aziende che hanno un reddito imponibile sotto 25mila euro. A questo si aggiungono le imposte commerciali comunali (Icc), oltre ad una maggiorazione dl 7% destinata al fondo per l'impiego. Già, perché in Lussemburgo il disoccupato ha diritto fino a due anni di indennità di disoccupazione (fino all'80% dell'ultima retribuzione) e se un'impresa assume un disoccupato ultracinquantenne è lo Stato a pagare i contributi fino al raggiungimento dell'età pensionabile.

Il Fisco è attraente oltremisura in Lussemburgo: gli utili distribuiti da una società non residente di solito non concorrono alla formazione del reddito, le plusvalenze realizzate non concorrono di norma alla formazione del reddito e gli interessi e le royalties vengono premiate dall'esenzione di ritenute. Per i dividendi in uscita la legge prevede una ritenuta alla fonte del 15% che può essere ridotta in presenza di convenzioni fiscali internazionali.
Per le persone fisiche l'imposta è nulla fino a 11.265 euro e cresce (complessivamente le aliquote sono ben 22) fino a toccare il 42% per chi ha redditi compresi tra 200mila euro e 10 milioni di euro.

Alcuni esempi per capire
Facciamo un esempio per capire meglio. Nel caso del Comune di Lussemburgo (vale a dire la capitale) considerate le imposte sul reddito societario, quella comunale e il fondo per l'impiego, la tassazione effettiva nel 2017 era del 29,22%. Dal reddito imponibile possono essere dedotte tutte le spese definite dalla legge come spese derivanti da attività imprenditoriale, compresi gli interessi, le royalties e i compensi di servizio.

L'iva esiste solo dal 2010 e prevede quattro aliquote: 17%, 14%, 8% e 3% a seconda dei casi. In particolare il 3% si applica ai prodotti alimentari, bevande non alcoliche, medicinali, libri, scarpe e vestiti per bambini, acqua, affitto a uso locativo. L'aliquota dell'8% si applica alla fornitura di energia elettrica e gas, quella del 14% a vino e carburanti.

Gli asset invisibili: la credibilità
La fiscalità “di vantaggio” non è ovviamente l'unico asset che richiama società e multinazionali da tutto il mondo. Fabio Morvilli, presidente della Camera di commercio italo-lussemburghese, da oltre 30 anni vive nel Granducato, del quale ha preso anche la cittadinanza. Il suo punto di vista spiega molte cose, anche se il quadro che dipinge è solo a tinte rosa e lungi dal definire la concorrenza fiscale un elemento distorsivo in chiave europea. «In questo Stato – spiega Morvilli nel suo ufficio di boulevard Grande Duchesse Charlotte al numero 45, una strada nel centro silenziosissima, pulita, dove non si trova una buca o un mozzicone di sigaretta a terra neppure a pagare – il contribuente è un cliente, sia che si tratti di una persona fisica che di una persona giuridica. Le dichiarazioni dei redditi sono al massimo lunghe 16 pagine e gli uffici delle tasse non solo sono pronte a compilarle con te ma, in caso di errore, l'onere della prova è ribaltato rispetto all'Italia. E' l'Erario che deve dimostrare perché i conti non tornano. In Lussemburgo tutti pagano le tasse volentieri perché i servizi ci sono e si vedono. Non esiste il concetto di furbizia fiscale».

Non è pero questo il solo asset. «Le leggi qui – continua Morvilli – non cambiano frequentemente e dunque si ha la certezza, per lunghi periodi, della legislazione in ogni campo di interesse per chi vuole investire in Lussemburgo. La credibilità non ha prezzo».

Parola ai colossi del settore legale
La pensano così anche Carlo Galli partner a Milano di Clifford Chance, partner e responsabile del dipartimento fiscale in Italia di Clifford Chance, colosso mondiale del settore legale che conta oltre 3 mila avvocati e ricavi per 1,85 miliardi di euro a livello globale, e Guido Arie Petraroli e Paolo Ruggiero, rispettivamente managing partner e partner, a Milano, di Led Taxand, che per l'Italia rappresenta la maggiore organizzazione indipendente di pianificazione tributaria al mondo, con oltre 400 partners e 2000 collaboratori distribuiti in oltre 40 Paesi.

«Il Lussemburgo si caratterizza per essere sempre più la piazza di riferimento per il settore della gestione degli investimenti – spiega Galli – oltre a rappresentare il principale hub per gli investitori extra Ue, soprattutto statunitensi, che investono in vari paesi europei. Oggi è tra le principali piazze finanziarie mondiali per quanto attiene alla istituzione e gestione dei fondi di investimento, seconda solo agli Stati Uniti. Ha scontato per anni una reputazione ambigua legata alla particolare riservatezza del settore, oggi abbandonata in attuazione dei più rigidi standard internazionali in materia di trasparenza. Oggi offre infrastrutture di livello internazionale unite a un ambiente fiscale, legale e regolamentare chiari e trasparenti. Lo dimostrano l'enorme sviluppo immobiliare e del tessuto sociale, che testimonia come chi sceglie il Lussemburgo vi si stabilisce concretamente, affrontando consistenti investimenti anche in termini di risorse umane e organizzative, in coerenza con i sempre più rigidi standard internazionali in materia regolamentare e fiscale. Nel mercato globale e nella competitività, per attrarre investimenti contano credibilità e affidabilità e da questo punto di vista Svizzera e Lussemburgo sono altamente attrattivi in quanto capaci di fare sistema».

Petraroli e Ruggiero continuano il ragionamento sulla stessa falsariga. «A causa della Brexit, il Lussemburgo – affermano – è la nuova porta di ingresso nei mercati finanziari europei dei grandi fondi di investimento e per il private equity, ai quali riservano grande flessibilità. Il Lussemburgo, in altre parole, vuole sostituire in tutto e per tutto Londra e non basta più avere una cassetta per le lettere e un ufficio ma ci vuole una presenza armonica e organizzata e magari anche quartier generali in espansione. Nel periodo 2007-2008, in occasione della grande crisi mondiale, anche in Lussemburgo si è assistito a una sorta di congelamento e di grande pulizia tra le migliaia di imprese presenti solo sulla carta ma ora c'è un ritorno concreto e in grande stile di questa piazza finanziaria mondiale».

CR7 qui è di casa
Sarà. Non c'è dunque da stupirsi se qui di casa sono le multinazionali ma anche i campioni del calcio che trovano da queste parti un fisco particolarmente amico.
Il portoghese Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro, per tutti CR7, tra i più grandi calciatori di tutti i tempi e da quest'anno giocatore della Juventus dopo aver militato nello Sporting Lisbona, nel Manchester United e nel Real Madrid, a Rue de Bonnevoie ha messo da tempo radici anche se probabilmente da queste parti non si è mai affacciato personalmente.

QUATTRO SOCIETA’ PER CR7
Che cosa controlla la Holding lussemburghese di Cristiano Ronaldo

Qui, in una strada non troppo lontano dalla Gare centrale, la stazione della capitale, al numero 92, ha sede la Private Trustees SA, iscritta al registro di commercio del Lussemburgo con il numero B 74 700. In questa via e in quel numero civico prendono forma e vita buona parte degli affari di Cristiano Ronaldo. Negli uffici della società fiduciaria ha infatti sede la Crs Holding Sarl, controllata al 100% dal fuoriclasse juventino.

CR7 non ha scelto a caso la sede della società lussemburghese alla quale affidare la gestione di parte dei suoi beni. Rue de Bonnevoie, infatti, è il cuore di un quartiere che, secondo l'ultimo censimento utile, conta una popolazione di 15.596 abitanti. È il quartiere più popolato ed è considerato il distretto portoghese della città di Lussemburgo.
Quando il Sole-24 Ore ha raggiunto la sede della Private Trustees in Rue de Bonnevoie la sorpresa vera non è stata la reazione di chi ci lavora ma quella della gente che popola la via.

Le quattro finestre del primo piano del condominio grigio e rosa antico sono anonime come del resto lo è il portoncino di ingresso e il citofono. Quando gli inviati del Sole-24 Ore suonano, ad aprire, dopo non poche resistenze, giunge infatti una dipendente che fa una promessa che è facile scommettere che verrà disattesa. «Qui oggi non c'è nessuno che vi possa aiutare nella vostra richiesta di approfondimento sulla società – afferma – ma lasciatemi il vostro biglietto da visita e il vostro telefono e sarete richiamati».

IL GIRO DEL MONDO DEI DIRITTI D'IMMAGINE
La ricostruzione del pagamento dello sfruttamento dei diritti d'immagine di Cristiano Ronaldo nel periodo 2009-2014

Nessuno ha - ovviamente - chiamato o scritto alla posta elettronica ma a compensare il silenzio della società è intervenuta la gioia dei portoghesi “vicini di casa” di Cristiano Ronaldo (o quantomeno di parte dei suoi affari) senza saperlo. È infatti bastato spostarsi di un centinaio di metri, entrare in un bar gestito da portoghesi, chiedere se avessero mai incrociato CR7 da quelle parti e registrare le reazioni (prima) e le emozioni (poi). Nessuno dei dipendenti sapeva che, lì, a due passi, c'era la società del loro idolo calcistico ma quando lo hanno saputo è stato coinvolgente registrare le emozioni. C'è chi ha cominciato a parlarne nel bar e chi è uscito di corsa per risalire la via fino al numero 92. Dopo, una frenesia che ha contagiato il locale, frequentato non solo da portoghesi.

L’iperattivismo societario è costato caro a Ronaldo, che in Spagna (dove risiedeva) ha patteggiato una condanna a due anni di carcere (sospesi) e a 18,8 milioni di euro di multa per evasione fiscale.

Non solo CR7: da Pogba a Modric e Capello
Per il Lussemburgo sono passati o ancora hanno legami molti calciatori e allenatori. Prendiamo Paul Pogba, campione del mondo con la Francia e leader nello spogliatoio transalpino. Il 25 febbraio 2015 davanti al notaio Henri Hellinckx sono comparsi i procuratori Ylli Kullashi nato a Prestina (Kosovo) e Oualid Tanazefti, franco marocchino, per costituire Koyot group Sarl, al fine di gestire i diritti di immagine del calciatore. Ora la società Koyot non c'è più e i diritti di Pogba sono in mano al procuratore Mino Raiola.

Il 20 dicembre 2012, invece, davanti al notaio Francis Kasseler è comparso il vice campione del mondo e regista del Real Madrid Luka Modric per costituire la Ivano Sarl con sede in Rue des Jardiniers 17. Secondo quanto riportato dal media spagnolo “El Mundo” a gennaio di quest'anno, il croato Modric ha pagato un milione di euro al fisco spagnolo per evitare una condanna penale. Modric, assieme alla moglie Vadja, avrebbe evaso, tramite la società aperta in Lussemburgo, 870.728 euro tra il 2013 e il 2014.

Fabio Capello (Afp Photo by Paolo Manzo/NurPhoto)

Anche Fabio Capello, che nel campionato 1996-97 portò come allenatore alla vittoria della Liga proprio il Real Madrid, è di casa in Lussemburgo dal 3 maggio 2000, allorché venne costituita davanti al notaio Jacques Delvaux la società Sport 3000 Sa. Dopo alcune variazioni societarie e statutarie, l'ultima delle quali il 23 febbraio 2018, la società si è trasferita a Rue de Piret 1, in un ampio edificio specchiato che ospita anche Bdo Luxembourg, una delle più grandi società di commercialisti, revisori e consulenti del Granducato, con oltre 500 dipendenti e oltre 5.000 clienti in un'ampia varietà di settori di attività. Bdo Luxembourg, membro della rete internazionale Bdo, che vanta 1.264 uffici in oltre 158 Paesi.
La società di Capello, Sport 3000, il cui capitale è di 1,3 milioni di euro, ha per oggetto nella ragione sociale (articolo 3) la «produzione, importazione, sfruttamento, acquisto, vendita e promozione pubblicitaria di abbigliamento, occhiali, scarpe, accessori e articoli di profumeria e di cosmetica».

In elenco anche Inter e Milan
Prima un veicolo lussemburghese, poi due holding di Hong Kong, infine altre due società cinesi, tra cui Suning Holdings Group, la cassaforte detenuta al 100% dal patron Zhang Jindong: è questa, secondo quanto ha ricostruito nell'agosto 2016 Radiocor Plus, la lunghissima catena di controllo con cui Suning esercitava la propria presa sull'Inter, di cui – a valle dell'assemblea straordinaria del 28 giugno 2016 – deteneva il 68,5% delle quote (Erick Thohir rimase al 31% mentre Massimo Moratti è definitivamente uscito dal capitale). Questa catena non sarà a breve più valida, atteso il fatto che all'epoca Erick Thohir partecipava a controllava e finanziamento del club calcistico nerazzurro attraverso la Ball investments Sarl, una società con sede in Lussemburgo, in Avenue Monterey 40, il cui capitale (12.500 euro) è interamente detenuto da International sports capital Hk limited, holding con sede a Hong Kong, che fa capo allo stesso Thohir e a suoi connazionali indonesiani. Thohir, però, vuole vendere la sua quota all'interno del club nerazzurro.

È solo un caso ma nello stesso edificio di Avenue Monterey ha sede la Algebris Investments, capofila lussemburghese del gruppo controllato dal finanziere Davide Serra, sostenitore dell’ex premier Matteo Renzi.

Se la situazione per l'Inter è incerta, l'altra sponda calcistica meneghina sembra passarsela meglio. Al momento Ac Milan Spa, dopo essere stata detenuta per il 99,93% dalla società veicolo Rossoneri Sport Investment Luxembourg Sarl (capitale sociale di 12 mila euro), a sua volta detenuta totalmente da Rossoneri Champion Investment Luxembourg Sarl (che fa capo a una società con sede a Hong Kong), ora è in mano al fondo americano Elliott Management Corporation.

Non solo calcio: colossi mondiali in prima fila

Lo sport è una degli ultimi asset ad aver varcato la frontiera lussemburghese provenendo da ogni parte del mondo. Nel Granducato si trovano, solo per fare due esempi agli antipodi per campi di interesse, Disney Cis holding Sarl (in Avenue Guillaume, una strada che, tanto per dare l'idea del “traffico” di imprese registrate in questo Paese, ospita altre 515 società) e ArcelorMittal, colosso industriale mondiale nel settore dell'acciaio, nato dalla fusione di due tra le più grandi aziende del settore, Arcelor e Mittal steel Company, avvenuta nel 2006, e proprietario dell’Ilva di Taranto.

Jeff Bezos, Fondatore e Ceo di Amazon - REUTERS/Abhishek N. Chinnappa/File photo

Caso ancor più significativo – soprattutto perché in piena espansione – è quello di Amazon che in Lussemburgo ha la bellezza di 20 sedi. Tra tutte spicca, ospitata in un palazzo di pochi piani stretto in un vicolo anonimo e nascosto a pochi passi dal centro storico della capitale, Amazon Eu Sarl che nel 2017 vantava un fatturato di 24,9 miliardi di euro, in rapida crescita visto che l'anno precedente si era “fermato” (per così dire) a 21,6 miliardi. Dagli uffici di quel palazzo che in estate era in piena ristrutturazione, passavano tutti gli ordini che provengono da Europa, Asia, Africa e Australia (e tutti i pagamenti) fatti attraverso Amazon.
«Amazon paga tutte le tasse dovute in Italia e in tutti i Paesi in cui operiamo - affermano dalla società -. A maggio 2015, per garantire di avere in futuro la migliore struttura per servire i nostri clienti, abbiamo costituito la succursale italiana di Amazon Eu Sarl che registra tutti i ricavi, le spese, i profitti e le imposte dovute in Italia per le vendite al dettaglio. La nostra sede centrale europea è effettivamente basata in Lussenburgo dove abbiamo una presenza significativa dando lavoro a oltre 2.000 dipendenti in sette edifici dislocati in città. Solo uno di questi è situato in Rue de Plaetis 5, in centro, altri nel business district di Clausen e nell'area di Kirchberg».

Ancora un po' di...bella Italia
Il viaggio in Lussemburgo si chiude in bellezza. Come altro si potrebbe definire il dono che la natura ha regalato a Monica Bellucci?
L'attrice era sospettata in Francia di aver evaso le imposte sul reddito e l'imposta sulle ricchezze (Isf) tra il 2010 e il 2013 dichiarando una residenza fittizia a Londra e depositando parte del suo denaro in Lussemburgo e in Svizzera. Una vicenda, questa, sulla quale aveva raggiunto un accordo amichevole con le autorità fiscali di Parigi.

Il Tribunale federale svizzero il 16 aprile di quest'anno ha convalidato in appello la decisione di trasmettere alle autorità fiscali francesi informazioni bancarie sui patrimoni posseduti nella Confederazione elvetica dall'attrice italiana. Il documento del Tribunale federale svizzero, pubblicato il 2 maggio, rivela che l'attrice possedeva conti bancari in Svizzera (cosa del tutto lecita, è bene precisarlo) e che almeno una parte di questi depositi sarebbe stata schermata fino al 2015 attraverso una società domiciliata nelle Isole Vergini Britanniche, la Kloraine Limited.

Monica Bellucci e Vincent Cassel - REUTERS/Dario Pignatelli (ITALY)

La decisione del Tribunale federale consentirà al Fisco francese di conoscere l'ammontare dei patrimoni svizzeri dell'attrice. Monica Bellucci aveva ottenuto un primo giudizio che impediva la trasmissione di questa informazione, decisione che è poi stata annullata in appello.
Dopo le verifica fiscale del 2014 l'attrice aveva raggiunto un accordo amichevole nel gennaio 2016 ma – secondo le autorità francesi – non avrebbe pagato gli importi concordati. Le autorità fiscali francesi sostengono quindi che è legittimo verificare se l'attrice abbia fornito «informazioni parziali, falsificate o incomplete».

Marc Vaslin, avvocato parigino di Monica Bellucci nega ogni irregolarità, affermando che l'attrice, sposata all'epoca con l'attore Vincent Cassel (dal quale ha divorziato nel 2013), risiedeva all'estero. «La signora Cassel non era residente in Francia», ha spiegato.

La sospetta residenza fittizia è al centro delle indagini fiscali. Nel 2014, gli ispettori hanno scoperto che Vincent Cassel e Monica Bellucci hanno creato il 26 marzo 2010 una società in Lussemburgo, la Aqua Sci, in Rue Aldringen 23, proprio nel cuore della capitale, proprietaria di un immobile nei Pirenei Atlantici. Le quote della società, il cui capitale sociale è di 10mila euro, erano equamente ripartite al 50%. La società - secondo il registro lussemburghese delle imprese - è ancora attiva ma sul citofono di Rue Aldringen 23 non ce n’è traccia. Qui la discrezione è di casa.

Guardie o ladri, il blog di Roberto Galullo
L’Urlo, il blog di Angelo Mincuzzi
@Angelo_Mincuzzi

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