Capitale umano, istruzione, competenze. Nelle 14 cartelle di analisi e “raccomandazioni” del Consiglio Ue che possono aprire la porta per l'Italia alla procedura d'infrazione per violazione delle regole su deficit e debito, i paragrafi 19 e 20 mettono a nudo lo stato di un Paese che brucia il suo futuro. La fotografia è impressionante e non necessita di commenti ulteriori. Basta ricordare che l'Italia spende in istruzione, in rapporto al Pil e alla spesa pubblica, molto meno di tutti i grandi i paesi dell'area Ocse e che, in particolare, la spesa-record per pagare gli interessi sul debito è salita nel 2018 a quota 65 miliardi, cifra pari al costo all'intero costo del sistema scolastico nazionale. Qui di seguito, l'asciutto ritratto da tenere a mente.
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Gli investimenti nell'istruzione e nelle competenze sono fondamentali per promuovere una crescita intelligente, inclusiva
e sostenibile. La produttività tendenzialmente stagnante dell'Italia è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione
e alla scarsità della domanda di competenze elevate. Migliorare la qualità del sistema di istruzione e formazione rappresenta
una sfida importante. Il tasso di abbandono scolastico (abbandono scolastico precoce) rimane ben al di sopra della media Ue
(14,5% contro 10,6% nel 2018) e vi sono ampie differenze regionali e territoriali in termini di risultati scolastici. Mentre
la quota dei finanziamenti destinati all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con la media dell'Ue,
ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti potrebbero contribuire a migliorare i risultati
dell'apprendimento.
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Il sistema di reclutamento è eccessivamente incentrato sulle conoscenze anziché sulle competenze, e la componente relativa alla formazione è limitata. Inoltre, gli stipendi degli insegnanti italiani rimangono bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria. Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri paesi e le prospettive di carriera sono più limitate, basate su un percorso unico con promozioni esclusivamente in funzione dell'anzianità anziché del merito.
Ciò si traduce in una scarsissima attrattiva della professione di insegnante per le persone altamente qualificate e in un effetto disincentivante sul personale docente, che a sua volta ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento degli studenti. Il sistema di apprendistato stava acquistando slancio negli ultimi anni, ma le misure adottate lo hanno ridimensionato. Gli studenti e gli adulti italiani ottengono risultati tra i peggiori dell'Ue per quanto riguarda le competenze chiave e le competenze di base. La partecipazione degli adulti all'apprendimento è molto limitata ed è in calo, in un contesto in cui il divario occupazionale tra lavoratori altamente qualificati e lavoratori scarsamente qualificati è tra i più elevati dell'Ue. Le competenze digitali sono quelle che più richiedono di essere migliorate: si sono registrati progressi limitati per quanto riguarda le competenze e le infrastrutture digitali; investire nel capitale umano è un prerequisito per stimolare gli investimenti pubblici e privati e le attuali misure volte a promuovere le competenze digitali e l'apprendimento degli adulti non si inquadrano in un approccio organico; i livelli delle competenze digitali di base e avanzate sono inferiori alla media dell'Ue: solo il 44% delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (57% nell'Ue).
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Gli scarsi investimenti nelle competenze stanno rallentando la transizione dell'Italia verso un'economia basata sulla conoscenza,
frenando la crescita della produttività e limitando il potenziale per migliorare la competitività non di prezzo e la crescita
del Pil. Anche le lacune in materia di istruzione contribuiscono a spiegare la minore produttività delle microimprese e delle
piccole imprese italiane rispetto a quelle di paesi comparabili. L'istruzione terziaria risente della mancanza di finanziamenti
e delle carenze di organico e l'istruzione terziaria professionalizzante è limitata nonostante gli elevati tassi di occupabilità.
La percentuale di laureati rimane modesta (27,9% della popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni nel 2018) e si associa
a una disponibilità relativamente bassa di diplomati in possesso di un titolo di studio post secondario, in particolare nei
settori scientifici e tecnici; investimenti mirati nelle competenze sono indispensabili per stimolare gli investimenti sia
pubblici che privati in particolare in attività immateriali. È necessario stimolare gli studi in campi attinenti ai settori
ad alta intensità di conoscenza e rafforzare le competenze specifiche, come quelle digitali e finanziarie.
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