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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2010 alle ore 20:14.
Si può anche fare dell'ironia sull'astrattezza di un dibattito «sullo stato della cultura» in Italia, o sulla nobilitazione a «giovani intellettuali» di oscuri professori di liceo, come ha fatto ieri Camillo Langone sul Foglio.
Eppure, da quando l'inserto domenicale del Sole 24 Ore ha pubblicato, lo scorso 3 ottobre, un articolo di Christian Raimo (professore di filosofia in un liceo di Roma, scrittore di racconti e consulente per minimumfax e Laterza, da noi eletto al ruolo di giovane intellettuale) sulla necessità di uno spazio per l'elaborazione e la diffusione delle idee e della cultura in Italia – si è scatenato su giornali e web un dibattito che nemmeno noi credevamo di poter animare.
Quasi a dimostrare che il professor Raimo non doveva avere tutti i torti nel denunciare il «vuoto» culturale che ha invaso l'Italia. Un'Italia in cui le nuove generazioni faticano a trovare spazi in cui far crescere le idee. Intervistato la settimana successiva dallo stesso Sole 24 Ore, Raimo ha sottolinenato in particolare come le terze pagine dei giornali hanno abdicato a farsi promotori e diffusori di idee e impegno civile, attente piuttosto a un'agenda di temi e tempi dettata dall'industria culturale e dagli uffici stampa. E oggi stanno lì, «impermeabili e isolate in mezzo al resto del mondo. Come se la cultura fosse altro dalla politica, dall'economia, dalla società».
Le reazioni non si sono fatte attendere: ha iniziato il Giornale, accomunando il disagio di Raimo a quello diffuso tra gli intellettuali di sinistra, a rischio di «banalità e omologazione». Ha proseguito il Fatto Quotidiano (espressamente chiamato in causa dallo scrittore), che martedì scorso in un boxino non firmato liquidava senza troppo argomentare (con un «Raimo, chi era costui?») i problemi sollevati dall'oscuro professore. Sul tema sono tornati, cercando invece di approfondire la questione del «vuoto», Luca Mastrantonio e Andrea Minuz sul Riformista, Pierluigi Sullo sul Manifesto e Giorgio Vasta su Repubblica. Dalla televisione hanno manifestato interesse le redazioni dell'Infedele, di Ballarò e Annozero.
Detta così, sembrerebbe l'ennesimo dibattito autoreferenziale tra giornalisti, di quelli che scaldano le riunioni di redazione del mattino e arrivano come manna dal cielo a coprire vuoti di idee (appunto) tra i menu di giornata. Ma a sorprenderci – e a spostare per noi la barra della discussione – sono state le reazioni dei lettori. Non sollecitate, stanno arrivando in redazione mail di giovani scrittori (ebbene sì, a noi piace definirli così), filosofi, operatori della cultura, che chiedono di intervenire nel dibattito, a favore o contro le tesi di Raimo.