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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 20:06.
Giganti muscolari ma microcefali, e molli centauri dalle lunghe criniere; mostri marini che spiano torvi gli umani e divinità dell'Olimpo scese invece a vivere benevole fra i mortali; creature ibride e mutanti, con corpi umani e teste d'uccello («esercizi di un'improbabile ingegneria» li definiva Vittorini nel 1933: genetica, possiamo aggiungere noi oggi) e borghesissimi gruppi di famiglia pietrificati in statue; foreste primordiali, notturne e inquiete, e cataste di balocchi assemblati in montaggi pericolanti, pronti a franare e disfarsi per sempre: grande affabulatore, Savinio si serve nei suoi dipinti di un alfabeto visivo denso e cifrato, altamente sofisticato eppure "primario"; e quindi sorprendetemente familiare.
Perché le sue favole intellettuali sono costruite con il procedimento della condensazione, quel processo – avvertiva Freud – che fa aggallare nei sogni, in forme abbreviate e laconiche, il contenuto latente dell'inconscio: l'universo di Alberto Savinio è esattamente così, fatto della stessa materia dei sogni.
Lui del resto (che all'anagrafe faceva Andrea de Chirico, nato ad Atene nel 1891, morto a Roma nel 1952) dopo la prima gioventù vissuta in Grecia, si era poi formato come il fratello Giorgio a Monaco di Baviera, imbevendosi di quella cultura fecondata da Nietzsche, attraversata dal pensiero psicoanalitico e ancora irrigata dagli ultimi succhi del romanticismo, con la sua tensione verso un'esplorazione interiore spinta fino agli abissi, e la sua concezione del mondo come luogo di risonanze misteriose. A Parigi, poi, i due «Dioscuri» – così si definivano, attingendo al serbatoio per loro più che familiare della mitologia – contribuirono a dar vita, da protagonisti, ai fermenti delle avanguardie del primo '900. Di suo Savinio ci aggiunse una costante ironia («maniera sottile d'insinuarsi nelle cose», diceva) e un'implacabile curiosità per ogni linguaggio espressivo, dalla musica, la sua prima vocazione, alla letteratura, al teatro, al cinema (fu autore e sceneggiatore di film), dalla pittura alle arti decorative.
Milano, la città a cui Savinio indirizzò quella vera dichiarazione d'amore che è Ascolto il tuo cuore città, uscito nel 1944, rievoca dal 25 febbraio prossimo il suo universo nella mostra «Alberto Savinio. La commedia dell'arte», prodotta con 24 Ore Cultura e curata da Vincenzo Trione, che nel comporla è voluto andare in cerca dei segni della sua inesauribile versatilità sia attraverso le molte e diverse opere esposte (dipinti, disegni e scenografie, una decina dei quali di fresca attribuzione, tessuti, mosaici) sia attraverso la rilettura del suo mondo poetico compiuta da tanti scrittori quante sono le sezioni del percorso: Paola Capriolo per i "Miti dipinti", Emanuele Trevi per le "Letterature dipinte", Tiziano Scarpa per le "Architetture dipinte", Edoardo Albinati per gli "Oggetti dipinti" e Giuseppe Montesano per le "Scenografie dipinte". Alle loro si aggiungono in catalogo (24 Ore Cultura, dedicato a Pia Vivarelli, la più profonda studiosa di Savinio) le voci di Gillo Dorfles, Roberto Calasso, Paola Italia e Roberto Tinterri e, in mostra, ponendo l'accento sulla cifra fortemente teatrale del suo lavoro, la voce narrante di Toni Servillo, che legge una scelta di suoi testi su arte e teatro.