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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2014 alle ore 08:26.
L'ultima modifica è del 13 agosto 2014 alle ore 15:48.

Robin Williams sarà per sempre, per tutti noi, il professor John Keating dell'Attimo fuggente. L'indimenticabile professore di lettere che arriva in un college americano e alla prima lezione dice ai ragazzi di strappare le pagine del libro di testo, perché non è su quelle pagine teoriche che s'impara a leggere la poesia. Il professore che sale sulla cattedra e da lì, in piedi, in giacca e cravatta e le mani in tasca, dice ai ragazzi che non bisogna fermarsi alle poche e solite certezze, ma saper vedere il mondo da più angolazioni.
Quel John Keating-Robin Williams è il professore che porta i suoi studenti a rifondare la Setta dei Poeti Estinti, a trovarsi la sera di nascosto in una grotta e leggere poesie; è il professore che dice a un suo studente che se il teatro è la sua strada la deve seguire fino in fondo, a costo di contrapporsi al padre e al conformismo del mondo. In poche parole è il professore di letteratura che ama la letteratura fino in fondo, fino al rischio mortale che comporta. Forse la insegna proprio perché la ama. E di sicuro per contagio la fa amare. Insegnare è contagiare. Passare la passione, trasmetterla come una malattia.
Non è scontato che si ami la materia che s'insegna, ma così dovrebbe essere. Sarebbe bellissimo che i professori che insegnano letteratura la amassero. Sarebbe bellissimo perché, se così fosse, la insegnerebbero con amore, e per amore.
È quell'amore che si racconta nel film L'attimo fuggente. Non c'entrano la scuola, le riforme, il ministero, la pedagogia… C'entra la letteratura. La poesia. Il valore dirompente e rivoluzionario che ha da sempre un'opera letteraria. Quando si va in classe a leggere Montale, Shakespeare, Cervantes, Flaubert, Goethe, si fa sempre una sorta di rivoluzione, che ne siamo coscienti o no: attraverso la poesia, si insegna che è possibile un'altra strada, un altro modo di vivere e di pensare. Si indica un'alternativa al mondo così com'è.
Insegnare letteratura, quindi, è pericoloso. È un rischio, e deve esserlo. Lo era in quel college americano nel 1959, e lo dovrebbe essere ancora oggi. Perché la grande lezione dei poeti, dei "poeti estinti" che non ci sono più ma continuano a parlarci dalle loro opere e dai loro volti, in fondo è solo questa: è che siamo destinati a morire, ed è per questo che non dobbiamo sprecare la vita. La dobbiamo onorare con le nostre scelte, con la fedeltà a ciò che siamo, non rinunciando mai a diventare quel che vogliamo, quel che sentiamo dentro di noi di essere. Al di là di ogni schema e di ogni aspettativa. Al di là di ogni conformismo.
«Siamo cibo per i vermi», dice il professor Williams-Keating. E l'unica cosa che possiamo fare è «non aspettare che sia troppo tardi per realizzare anche solo un briciolo del nostro potenziale». Siamo destinati a grandi cose. A grandi o a piccole cose non importa, io direi. Siamo destinati a qualcosa, e quindi dobbiamo farla bene. Tutto qui. I poeti estinti, cioè i grandi che ci hanno preceduto, continuano a parlarci dal passato (quel passato che a scuola non ci vogliono più far insegnare…), e bisbigliano ancora alle nostre orecchie: «Cogliete l'attimo, ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita!».
La letteratura dice questo da millenni. Noi l'abbiamo fatta fuori nelle scuole, in queste nostre scuole che "valutano le competenze", "misurano i saperi utili" e "somministrano" i test, in questa scuola dove ancora una volta il professor Keating verrebbe di sicuro cacciato via. Ma la letteratura continua a dirlo, continua a mandare ai giovani e a tutti noi questo messaggio, che il professor Keating ripete in piedi su quella cattedra: non vi accontenate di una vita banale e tranquilla, molti vivono in una «quieta disperazione» come dice Thoreau, ma voi osate, osate cambiare, cercate nuove strade. Siamo transitori e fragili, meravigliosamente precari, sì. È così: che l'attimo fuggente sia la vita umana ci è molto chiaro, la vita che ci sfugge, e che quindi bisogna afferrare e vivere nel modo più pieno e più vero. Questo insegna il grande Robin Williams: la verità dei nostri gesti, l'obbedienza a quel che sentiamo di essere, la libertà di diventarlo.
Grazie, mio capitano…
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