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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2014 alle ore 10:19.

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Gli squatter democristiani non ci sono più. Gli squatter scudocrociati che in un'alba molto livida del 1944 occuparono il palazzo Cenci-Bolognetti in Piazza del Gesù se ne sono andati tutti. Per sessant'anni hanno fatto baldoria nei tre piani del palazzo cinquecentesco epicentro di poteri forti e fortissimi romani, davanti alla chiesa del Gesù voluta da Ignazio di Loyola, a cinquanta metri dal palazzo Grazioli e ad altrettanti dal palazzo del Pci di via delle Botteghe Oscure.

I ragazzi terribili che presero palazzo Cenci-Bolognetti come un teatro Valle o un Angelo Mai okkupato erano: Alcide De Gasperi, Mario Scelba, Giulio Pastore, Giorgio Tupini, Pietro Campilli e Giulio Andreotti (che però arrivò qualche giorno dopo, a okkupazione avvenuta, andreottianamente). Il 5 giugno 1944 okkuparono Piazza del Gesù 46, fino all'epoca tranquilla aristo-residenza della famiglia principesca romana-bolognese famosa per la antenata Beatrice Cenci decapitata su pubblica piazza per aver sterminato il padre abusatore, dando adito poi a vasta letteratura, tra cui una Beatrice Cenci di Alberto Moravia e un The Cenci di Shelley.
Non erano però memorie letterarie a ispirare gli squatter: il più illustre di loro, De Gasperi, è ricordato in una lapide posta all'ingresso del palazzo ridisegnato nel Settecento dal Fuga (archistar già autore del palazzo della Consulta e della basilica di Santa Maria Maggiore). Morto esattamente sessant'anni fa, De Gasperi (il 19 agosto 1954) «in questo palazzo con limpida fede e perspicua intuizione ispirò e guidò la Democrazia Cristiana»; in realtà poco perspicuamente il palazzo era stato squattato come seconda scelta. De Gasperi, Scelba e gli altri punkabbestia della Balena Bianca avevano prima provato, infatti, col palazzo Altieri di fronte, ma gli era andata male, perché «lì c'era un nerboruto portiere che li prese a ceffoni; mentre palazzo Cenci invece era indifeso», dice una guida d'eccezione, Gerardo Bianco, gentiluomo democristiano, già capogruppo Dc, ministro della Pubblica Istruzione, poi segretario e poi presidente del Partito Popolare Italiano, uno degli Stati satelliti che si fecero la guerra qui nel palazzo del Gesù dopo il 1993.

«L'ascensore, dov'è l'ascensore», dice subito Bianco; il famoso ascensore ottagonale ligneo che portava su nella House of Cards scudocrociata è sparito. Son sparite anche tante statue, e anche alcune specchiere, mi vien fatto notare, rispetto alle foto d'epoca. Ma qui non si cadrà in retoriche anti-casta (però le nicchie sullo scalone d'onore son vuote, si notano). «Era lentissimo, l'ascensore. Talmente lento che per salire al primo o secondo piano si approfittava per far riunioni». L'ascensore lentissimo Cenci-Bolognetti appare anche nelle ultime inquadrature di Forza Italia, film strampalato e sfortunato del 1977 di Roberto Faenza, una specie di grande blob sul potere italiano del Dopoguerra scritto assieme alla strana coppia Carlo Rossella e Antonio Padellaro; dopo scene di congressi Dc in cui "la base" chiede ossessivamente il rinnovamento della classe dirigente, la Dc annuncia finalmente i volti nuovi: e dall'ascensore saltano fuori ancora loro: Moro, Colombo, Andreotti, tipo zombie (nel cortile, Fiat 125 e 128 e 131 blu, il palazzo annerito, la balconata con lo scudone crociato rosso e la scritta al neon tipo Trattoria Democrazia Cristiana). Il film fu poi ritirato dai cinema perché a pochi mesi dall'uscita ci fu il rapimento Moro (con il corpo nella R4 ritrovato a due passi da qui, via Caetani, notoriamente tra palazzo del Gesù e Botteghe Oscure, con esprit de géométrie terroristico).

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