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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2014 alle ore 08:51.

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Il filosofo Ludwing Wittgenstein (1889-1951)Il filosofo Ludwing Wittgenstein (1889-1951)

Naturalismo senza specchi è un libro complesso, dove uno dei più brillanti filosofi contemporanei, Huw Price, cattedra Bertrand Russell a Cambridge, discute una versione di quella che non è forse la filosofia dominante del nostro tempo: il naturalismo. È una versione che risponde implicitamente a molte posizioni anti-naturalistiche di casa nostra.
Il naturalismo, come scrive Federico Laudisa in un recente volume intitolato appunto Naturalismo, «è diventato un quadro di riferimento generale per molte questioni filosofiche al centro dei dibattiti dell'ultimo mezzo secolo».

Come tutte le vaste tendenze di pensiero, non ha una definizione precisa e si declina in una varietà di forme; lo si può caratterizzare come l'atteggiamento filosofico di chi ritiene che tutti i fatti che esistono possano essere indagati dalle scienze naturali, e noi stessi siamo parte della natura. Non è naturalista chi assume realtà trascendenti che possiamo conoscere solo attraverso forme non indagabili dal pensiero scientifico. O chi pensa che esistano due realtà: la natura studiata dalla scienza, e altro. Il naturalismo nasce nel pensiero classico greco, dispiegato in Democrito, rinasce dopo una lunga eclissi nel Rinascimento italiano e si rafforza con i trionfi della scienza moderna.

Diventa forte nel diciannovesimo secolo e oggi permea la cultura mondiale. Tesi marcatamente naturalistiche sono state difese per esempio da Willard Quine, uno dei maggiori filosofi del ventesimo secolo. Una delle sue tesi estreme in questo senso è la «naturalizzazione dell'epistemologia»: lo sforzo di ricondurre alle scienze naturali anche le questioni sulla natura stessa della conoscenza.
L'Italia, dopo il Rinascimento, è diventata singolarmente refrattaria al naturalismo, e lo è ancora. Nell'enciclica Quanta Cura, Pio IX condannava ferocemente «l'empio ed assurdo principio del naturalismo». Non siamo più a questi eccessi, ma resta diffusa nel nostro Paese l'opinione prettamente anti-naturalistica che «ci dev'essere “qualcosa” al di là di ciò che si può studiare scientificamente».

La refrattarietà al naturalismo si riflette in tutto ciò che ci distingue dalla maggior parte degli altri Paesi. La nostra scuola è strutturata dall'idealismo crociano, i nostri filosofi adorano Heidegger, la nostra stampa e televisione, con poche eccezioni, fanno la peggior divulgazione scientifica del pianeta – si pensi a Voyager –, il nostro Parlamento non eccelle per cultura scientifica. Siamo l'unico Paese dove scuole e tribunali espongono simboli religiosi, e l'unico, oltre forse all'Iran, dove i telegiornali raccontano ogni giorno cosa ha detto il leader religioso locale. Di naturalismo in Italia abbiamo sentito parlare quasi solo quando ci raccontavano a scuola quanto esso avesse fatto soffrire Leopardi...

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